Facciamo la mappa della situazione

Il Guardian ha elaborato una pagina interattiva su cui visualizzare lo stato dei diritti delle donne nel mondo: un interessante viaggio attraverso i continenti, per capire a che punto siamo e cosa resta da fare
donne immigrate

Se, come da più parti si dice, il modo migliore per festeggiare le donne è garantire loro pari diritti e opportunità, un buon punto di partenza è fare – letteralmente – una mappa della situazione: è quello che ha fatto il Guardian, che in questa pagina ha elaborato una carta geografica interattiva in cui, cliccando su ciascun Paese del mondo, è possibile visualizzare una serie di indicatori significativi per valutare la condizione femminile in quello Stato.

Iniziamo dall'Italia, dato che è buona norma guardare in casa propria prima che in quella altrui. Scopriamo così che le donne sono tutelate da leggi contro la violenza domestica e gli abusi sessuali anche da parte del coniuge, e che soltanto 5 su 500 mila muoiono per il parto (uno dei tassi più bassi al mondo); ma soltanto il 22 per cento del Consiglio dei ministri e il 20 per cento del Parlamento è in rosa, e il tasso di disoccupazione femminile è di 3 punti percentuali più alto di quello maschile (9 per cento contro il 6 per cento). Ben lontano dalla virtuosa Norvegia dove il 54 per cento dei ministri e il 40 per cento dei parlamentari è donna, e la disoccupazione femminile è addirittura di un punto più bassa di quella maschile (entrambe, peraltro, minime: 2 per cento contro il 3 per cento). In quanto a ministri a detenere il record è però la Finlandia, con il 63 per cento, mentre ad aggiudicarsi quello dei parlamentari è la Svezia (45 per cento).

In quanto ad elettorato attivo e passivo (ossia il diritto di votare e quello di essere elette), l'Italia ha garantito entrambi nel 1945; sempre meglio di chi non l'ha ancora fatto – gli Emirati Arabi e l'Arabia Saudita, che però ha emanato un decreto in merito per le elezioni del 2017 – ma parecchio dopo la Nuova Zelanda, pioniera in questo campo, che ha ammesso le donne alle urne nel 1893. Curiosa la situazione degli Stati Uniti, che pur avendo garantito l'elettorato passivo sin dal 1788 e eletto la prima donna nel 1917, ha permesso al gentil sesso di votare soltanto nel 1920 e conta appena il 17 per cento dei seggi parlamentari occupati dalle signore. Contraddittorio anche il fatto che in quel di Washington la mortalità materna sia salita dalle 12 donne su 500 mila del 1990 alle 24 del 2008, in controtendenza rispetto a praticamente tutto il resto del mondo.

Parametro controverso su cui misurare la condizione femminile è poi l'uso dei contraccettivi, inteso come mezzo di emancipazione: in Italia li utilizza il 41 per cento delle donne, percentuale relativamente bassa se confrontata con il 73 per cento degli Usa, il 77 della Francia, l'82 della Norvegia (sì, sempre lei) e l'84 del Regno Unito; tuttavia, per quanto diverse ricerche abbiano stabilito un legame tra il controllo delle nascite e la partecipazione della donne al mondo del lavoro, dell'istruzione e della politica, molti chiedono piuttosto politiche familiari che consentano di conciliare l'essere mamma con la carriera.

Il continente in cui più sfide rimangono aperte è l'Africa, soprattutto sotto il profilo della mortalità materna: su 500 mila donne, sono in 1200 a morire in Ciad e in Somalia, e soltanto il 6 per cento delle etiopi può contare su un'adeguata assistenza sanitaria al momento del parto. Le percentuali sono comunque molto varie attraverso il continente, per cui fare generalizzazioni sarebbe del tutto fuori luogo: se siete curiosi, non resta che invitarvi ad andare a cliccare da voi.

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