Europa, il vertice dei telefonini

Doveva essere un Consiglio europeo dedicato ai soliti temi di politica. Lo scandalo delle intercettazioni delle conversazioni dei più alti dirigenti europei da parte degli Usa e le tragedie di Lampedusa hanno scombussolato l’agenda dei lavori
Summit dei Leader europei a Bruxelles

Per una volta il Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre, la riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue, non aveva urgenze particolari da trattare, tipo salvataggi di Stati membri in difficoltà. Si prospettava una pacata discussione sull’economia digitale (l’uso di Internet e telefonini per il commercio e il superamento delle barriere e differenze tra Stati; ad esempio, l’Italia è agli ultimi posti per gli acquisti online) per la sua importanza per il rilancio della crescita in Europa. Invece due temi caldi, lo scandalo delle intercettazioni Usa e la tragedia ricorrente dei naufragi di immigrati al largo di Lampedusa hanno monopolizzato i dibattiti e l’attenzione dei media.

La rivelazione, pubblicata da Le Monde il lunedì precedente il vertice, che l’agenzia Usa per la sicurezza nazionale registrava ogni mese milioni di telefonate e di messaggi in Francia e la scoperta, a poche ore dall’inizio dei lavori del Consiglio europeo, che il cellulare della cancelliera Merkel stessa era sotto ascolto dal 2002, hanno monopolizzato buona parte delle discussioni. Passata l’ondata di indignazione iniziale, il realismo ha prevalso e le conclusioni del vertice sono piuttosto pacate: si ricorda l’importanza che le relazioni tra partner come l’Europea e gli Usa siano basate sul rispetto e la fiducia. Tuttavia la crisi più acuta delle relazioni tra Germania e Usa degli ultimi decenni non è passata invano: la più alta istituzione dell’Ue ha «preso nota» che la Francia e la Germania, e forse altri Stati, intraprenderanno discussioni bilaterali con gli Usa per mettere le cose in chiaro. Con il buon senso che impone di salvaguardare le relazioni con il prezioso alleato transatlantico ed avendo ben in mente che le intercettazioni, anche illegali come in questo caso, sono uno strumento di prevenzione del terrorismo cui gli Usa non sono disposti a rinunciare tanto facilmente.

Il nodo dell’immigrazione
Le discussioni più accese tra i leader europei sono state quelle sull’immigrazione e l’asilo. Un gruppo di nove Stati del Sud dell’Europa, tra cui l’Italia, aveva chiesto misure concrete da parte dell’Europa per fermare l’immigrazione illegale, tra cui il rafforzamento di Frontex, l’agenzia dell’Ue per la gestione delle frontiere esterne dell’Ue e aiuti economici per i Paesi in prima linea. In realtà l’oggetto del contendere era il cosiddetto “accordo di Dublino”, che prevede che lo Stato membro attraverso cui i richiedenti asilo entrano nell’Ue deve occuparsene. Qui i Paesi del Nord Europa, Germania in testa, sono stati irremovibili.

Dati alla mano, non hanno tutti i torti: l’Italia ha ricevuto, nel 2012, 17 mila e 500 domande di asilo, la Germania 70 mila, la Francia 60 mila e la Svezia, la cui popolazione è meno di un sesto di quella italiana, 44 mila. Quello che gli Stati del Mediterraneo sono riusciti a strappare è, come ha rivendicato il presidente Letta nel dopo-summit, l’«europeizzazione» del problema dell’immigrazione. Una task force guidata dalla Commissione europea è al lavoro dall’8 ottobre e riferirà al prossimo Consiglio europeo in dicembre «in cui si prenderanno decisioni operative». Tra i compiti della task force, il rafforzamento delle operazione di ricerca e salvataggio per salvare le vite dei migranti e il lavoro e monte con gli Stati di origine e di transito per cercare di gestire un po’ meglio il flusso migratorio. I capi di Stato e di governo si sono anche impegnati a rendere effettivo il nuovo Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur) che dovrebbe, attraverso satelliti e droni, reperire barche in difficoltà e immigranti illegali. Di fatto, bisognerà aspettare dicembre per verificare l’efficacia delle decisioni prese.

Delusioni e responsabilità
Deluso dai risultati del vertice è il Parlamento europeo, che reclama da tempo una revisione dei criteri di Dublino, di cui si parlerà invece al più presto al vertice di giugno 2014. Il suo presidente Martin Schulz ha deplorato che la nostra politica nei confronti dei rifugiati abbia fatto del Mediterraneo un cimitero. «Accogliere 10 mila  rifugiati a Lampedusa, che ha 6 mila abitanti, è una missione impossibile. Accoglierli in 28 Stati membri dove vivono 507 milioni di europei è un compito alla nostra portata», ha osservato. Prove di solidarietà europea. In questo, come in altri campi, la politica dei piccoli passi è il massimo realisticamente possibile.

Intanto è stato l’ultimo vertice per il veterano tra i capi di Stato e di governo, Jean-Claude Juncker, premier lussemburghese dal 1995, scalzato da un’inedita coalizione liberali-socialisti-verdi alle recenti elezioni. Probabile tuttavia – e sarebbe un bene per l’Europa – che sentiremo ancora parlare di lui, in particolare per il valzer delle più alte cariche nelle istituzioni europee che comincerà l’anno prossimo.

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