Egitto, dubbi sulla data delle elezioni

Dopo la notizia di uno slittamento a dicembre dell'appuntamento alle urne per il nuovo Parlamento, il governo lo avrebbe invece confermato a settembre
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La notizia era uscita domenica 26 giugno: il vice primo ministro, Yahya El Gamal, aveva dichiarato alla televisione privata Al Hayat che il Consiglio Supremo delle forze armate – provvisoriamente al potere dalla caduta di Mubarak lo scorso gennaio – aveva accolto la richiesta di rinviare le elezioni parlamentari a dicembre. Tre mesi in più concessi alle nascenti formazioni politiche – ormai circa 45 – per organizzarsi al loro interno ad avviare una campagna elettorale, come da richiesta del movimento giovanile, dei gruppi liberali e moderati e di diversi esponenti del mondo economico. Invece, marcia indietro: secondo quanto ci riferisce il nostro corrispondente dal Cairo, il governo avrebbe precisato che questa dichiarazione sarebbe stata soltanto una posizione personale del vice primo ministro, che l’avrebbe comunque presentata semplicemente come un’opzione per venire incontro alle richieste popolari.

 

Richieste che in realtà si estendevano all’elaborazione di una nuova Costituzione, o quantomeno ad una revisione radicale di quella esistente: infatti «gli emendamenti apportati dalla commissione nominata dal Consiglio supremo – ci spiega il nostro corrispondente – non sono sufficienti a fare dell’Egitto uno Stato davvero “laico”, per quanto qui quest’aggettivo non piaccia perché percepito come contrario alla religione». Una trasformazione in senso democratico è sostenuta anche dalla prestigiosa università di Al Azhar, che – riferisce l’Osservatore Romano – ha presentato tramite il gran imam Ahmed El Tayeb una carta in undici articoli nella quale, pur mantenendo la sharia come ispirazione della legislazione egiziana, viene assicurata la protezione dei luoghi di culto e la piena libertà di fede. «Uno Stato dunque, di ispirazione religiosa – precisa il nostro corrispondente – ma non un governo religioso: Al Azhar si è infatti anche espressa in favore della parità dei diritti per i cristiani».

 

I gruppi liberali avevano chiesto che la revisione della Costituzione venisse fatta prima delle elezioni, ma non sono ancora chiare le modalità: non è stata infatti costituita una commissione con questo compito, e attualmente solo il Consiglio supremo avrebbe il potere per nominarne una. Il che, evidentemente, potrebbe non risolvere lo stallo creatosi dopo la prima serie di modifiche. «Ci sono state diverse manifestazioni in questo senso – ci raccontano dal Cairo – ma ormai la gente è stufa di scendere in piazza». Una stanchezza che però, secondo i nostri informatori, non andrebbe ad influire negativamente sull’affluenza alle urne.

 

A preoccupare è piuttosto la situazione di precarietà che si protrae ormai da oltre sei mesi, in un contesto già difficile sotto il profilo della sicurezza e del rischio di estremismo radicale – una delle ragioni della richiesta di rinvio delle consultazioni è il timore di una vittoria netta dei Fratelli musulmani – non solo in Egitto, ma anche negli altri Paesi arabi in fermento come Libia e Siria: «E certo non aiutano – prosegue il nostro corrispondente – gli interessi dei Paesi Occidentali legati al petrolio e quelli di Israele, che può sfruttare la confusione generale per fare ulteriore pressione sui palestinesi». In Egitto, fortunatamente, i giacimenti petroliferi non sono tali da giustificare ingerenze significative, «ma è difficile negare che possano esserci state pressioni da più parti».

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