Ecologia integrale e partito verde

A proposito della enciclica Laudato  Si’. Come si spiega la parabola discendente del partito Verde in Italia pur di fronte alle tante emergenze ambientali? La lezione interrotta di Alex Langer nell’intervista a Michele Boato, direttore della rivista Gaia
verdi

A venti anni dalla scomparsa prematura di Alex Langer nel 1995, papa Francesco propone una lettera enciclica di papa Francesco, Laudato Si’, sull’ecologia integrale con cenni che, in molti, hanno ricordato la densità e la profondità della vita e dell’impegno dell’autorevole leader di quel movimento verde che, negli anni Settanta, ha interpretato un radicale esigenza di cambiamento politico ma che ora sembra affievolito anche le grandi questioni ambientali sono sempre più attuali. 

 

A quella generazione di giovani ha fatto riferimento, nel discorso al Parlamento tedesco del 2011, Benedetto XVI, quando ha sorprendentemente riconosciuto l’importanza nella comparsa del movimento ecologista, come un grido che non si può accantonare perché quei giovani si erano resi conto «che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura». 

 

Sulla vicenda umana di Langer e la storia dei Verdi, che come forma partito ridottissima si trova ormai fuori dal Parlamento, abbiamo rivolto alcune domande a Michele Boato che, oltre ad essere direttore della rivista Gaia e dell’Ecoistituto del Veneto “Alex Langer, non ha mai smesso di esporsi in prima persona nelle battaglie a difesa dell’ambiente.

 

A suo giudizio, come mai il partito “verde” ha avuto così poca adesione in Italia? È stata la perdita della complessità e la visione unitaria depositata nella storia di Langer ad aver marginalizzato una istanza così urgente?

«E’ una domanda che mi sono posto spesso, soprattutto dopo la metà anni ’90 quando la parabola discendente dei Verdi è stata sempre più evidente. Provo a mettere in fila alcune ragioni, perché credo non ce ne sia una sola o una principale: Come in altri paesi mediterranei, anche in Italia i Verdi sono apparsi come forza politica nazionale una decina di anni dopo che in Germania, solo nel 1985, con la presentazione di liste e l’elezione di loro esponenti in molte regioni. Da alcuni anni erano presenti, ma solo in alcuni comuni del centro nord.  Per alcuni anni, fino ai primi anni 90, sono stati presenti sulla scena nazionale (ad es. col referendum sul nucleare vinto nell’autunno 1987, qualche mese dopo il nostro primo ingresso in parlamento con 13 deputati e 2 senatori); anche una discreta parte dei mass media dava ai Verdi buona visibilità, vedendoli come un giovane non-partito, lontano dai corridoi dei compromessi politici»

 

Non era un buon risultato?

«Certo ma non sono mai riusciti ad ottenere una presenza molto significativa, restando sempre ben lontani dalle percentuali a due cifre raggiunte in alcuni paesi del nord Europa. Lo stesso è capitato ai Verdi di tutti i paesi mediterranei, salvo due momentanei exploit francesi, dovuti a singole forti personalità (prima Brice Lalonde poi, vent’anni dopo, Daniel Cohn-Bendit). In Spagna, Portogallo e Grecia la loro situazione è sempre stata simile o più debole di quella italiana. Il loro messaggio ecologista è stato poi assorbito, in Italia dal Movimento 5 Stelle, in Spagna dagli Indignados e, ora, da Podemos e in Grecia (solo in parte) da Syriza».

 

Come si spiega la parabola italiana dei Verdi ?

 «In Italia ci sarebbe stato il leader che poteva sfondare nell’opinione pubblica: era Alex Langer; ma la sua personalità era troppo diversa dal personale politico che, quasi da subito, aveva occupato i posti di comando nei Verdi e che lo hanno sempre tenuto ai margini, vissuto come un “tedesco” o un “cattolico” o un “radicale”, insomma non un alleato fedele e obbediente ai princìpi e alla nomenclatura della sinistra italiana, egemonizzata dal Pci e dai suoi fedeli intellettuali al guinzaglio. Il suo “non siamo né di destra né di sinistra ma avanti” era vissuto come una stranezza da nascondere, il suo “solve et coagula” (cioè non fossilizziamoci in un partitino, ma dopo ogni elezione mescoliamoci con le forze sociali e culturali, pronti a riorganizzarci solo per presentare nuove liste dopo cinque anni) era ridicolizzato come una idea bambinesca, ecc. Credo che questo essere/apparire sempre più l’ala ambientalista del Pci-Pds-Pd (o della sua versione di estrema sinistra Rifondazione-Sel-Comunisti italiani) sia una delle cause principali della progressiva scomparsa dei Verdi italiani».

 

Nella visione di Langer la condizione umana, la sua evidente fragilità gli aveva fatto cogliere l’ineludibilità della manipolazione della vita, la sua “cosificazione” davanti al potere. Come mai su questi temi sembra impossibile avviare un serio dialogo nel mondo ambientalista e di sinistra? Non è questa cesura che impedisce l’adesione convinta di molti alle necessarie battaglie per la tutela dell’ambiente bene comune?

«Alex (e il sottoscritto con pochi altri Verdi) siamo stati emarginati e attaccati pubblicamente, con durissimi articoli ad es. di Rossana Rossanda del Manifesto e Laura Conti di PCI-Legambiente, nel momento in cui abbiamo scritto una lettera aperta di appoggio al “conservatore” cardinal Ratzinger per i suoi interventi sulle questioni della manipolazione della vita. Anche in questa occasione i Verdi ufficiali si sono allineati e coperti dietro la posizione “progressista-scientista-laicista” tipica della sinistra ottocentesca, che ancora pervade la cultura italiana. A questo punto nessuno scommette più nulla su una futura rinascita dei Verdi in Italia e le battaglie ambientali e culturali di loro competenza vengono fatte o direttamente da comitati ed associazioni locali e nazionali o da formazioni politiche le più varie che, di volta in volta, si trovino ad assumerle come proprie».

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