Due partite, due vittorie per l’Italia di Conte

Prima l'amichevole con l'Olanda, poi la partita con la Norvegia, entrambe vinte per 2 a 0 da una formazione che punta su regole, rispetto ed impegno
I giocatori della nazionale italiana festeggiano il gol di Zaza

Meno di una settimana per svelare la nuova Italia, o per lo meno le sue embrionali sembianze, del nuovo corso firmato Antonio Conte. Una manciata di giorni, quelli cioè intercorsi tra il 4 settembre, data dell’amichevole d’esordio contro l’Olanda, e il 9 settembre, prima uscita ufficiale valida per qualificazioni all’Europeo francese del 2016: un lasso di tempo non certo esaustivo, ma pur sempre indicativo per delineare per lo meno i primi tratti del nuovo ciclo.

Ricevute le giuste rassicurazioni e investito a pieno titolo del ruolo di timoniere, Antonio Conte da Lecce ha riversato già nella sua prima settimana di lavoro effettivo tutta la sua proverbiale rabbia agonistica in un appassionato lavoro di ricostruzione, prima di tutto psicologica: “Non avete idea di quanto pesi per la gente la maglia che portate”, ha detto ai giocatori durante le prime sedute, più a carattere motivazionale che tecnico, con le quali ha incalzato subito i suoi. Poche parole risolute, talvolta dure, ma sempre efficaci, prima di applicarsi con ferrea disciplina sulla tattica, seconda fondamentale priorità del coach.

Il gruppo che fu di Prandelli è per la stragrande maggioranza confermato, del resto al momento la Serie A non offre varietà qualitativa tale da potere proporre stravolgimenti: tra i più noti, fuori dal gruppo, rispetto ai Mondiali, Antonio Cassano, spesso sovrappeso e ancora più spesso insofferente alle regole di spogliatoio e tattica, pane quotidiano invece per Conte; fuori soprattutto Mario Balotelli, eterna promessa ancora tanto incompiuta quanto incapace di calarsi con spirito di sacrificio nelle logiche di gruppo.

La prima uscita contro l’Olanda (finita 2 a 0 per gli azzurri) è entusiasmante: schierata con un 3-5-2 di recente juventina memoria (ben tre scudetti consecutivi in casa bianconera con Conte in panchina), la nazionale è scesa in campo con orgoglioso spirito battagliero: pressing vorace, coordinato e insistito, cura dei dettagli, rabbiosa rincorsa di ogni pallone, contro una formazione, quella olandese, terza classificata agli ultimi mondiali e tra le migliori attualmente in circolazione nonostante l’assenza della stella Robben e in 10 uomini per tre quarti di gara. La stessa Norvegia, battuta con lo stesso risultato di 2-0, è tutto tranne che un top team, ma non ci sono ragioni per sminuire le prime ottime sensazioni.

Tra i primi lineamenti dati da Conte al volto azzurro, emergono difesa e mediana arcigne, a costo di risultare ruvide ai limiti del regolamento: prima Sirigu contro l'Olanda, poi Buffon contro la Norvegia, sono stati costretti a sporcare i guanti con il contagocce. Leonardo Bonucci è ancora una volta il fedelissimo scelto per dirigere difesa e ripartenza, tanto nella Juve triscudettata quanto in questa nuova Italia, affiancato da due terzini, un ritrovato Ranocchia ed un coriaceo Astori, in attesa del rientro di Barzagli e Chiellini.

Il folto centrocampo è imperniato sul metronomo De Rossi, in attesa del rientrante maestro Pirlo, affiancato da due mezzali: nelle prima due uscite, al ritorno di Giaccherini, ben conosciuto da Conte già dai fasti juventini, si è affiancata la conferma di Marchisio o, in alternativa, il ritorno in azzurro del giovane Florenzi, proposto contro la Norvegia. Sulle fasce la motivazione e l’abnegazione tattica di Darmian e De Sciglio, mentre le novità più interessanti sono giunte dall’attacco, inteso da Conte quale il primo motore del pressing della squadra: la tenacia ed il perenne movimento del neo acquisto del Borussia Dortmund, il napoletano classe ‘90 Ciro Immobile, sono state impreziosite “dall’esplosione” di Simone Zaza da Policoro, classe ’91 e una travolgente voglia di sorprendere il Paese con tecnica e dinamismo atletico.

In questa nazionale, se vogliamo a nuova trazione meridionale, non abbiamo prime donne, ma una promettente iniezione di gregari orgogliosi agli ordini di un sanguigno condottiero: estremamente beneaugurante, se non per trionfare alla fine, per lo meno per restituire al popolo italiano l’orgoglio di sostenere la rappresentativa del suo sport più amato.

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