Dove conduce il braccio di ferro Berlusconi-Fini

Al Governo manca la maggioranza, il Parlamento è sempre più diviso, Napolitano chiede di restare uniti per risolvere i problemi del Paese  
Gianfranco Fini
Futuro e Libertà radunata a Bastia Umbra ha inferto uno scossone definitivo ma, forse, non immediato al IV governo Berlusconi. Le parole con le quali il leader del neonato partito, Fini, ha chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio, subito negate, hanno proiettato il governo del Paese in un orizzonte incerto: Berlusconi-bis, governo alternativo o elezioni anticipate sono le tre ipotesi possibili, eppure tutte probabili.

 

È chiaro infatti che il Governo non ha più una maggioranza e la prima delle tre ipotesi potrebbe assumere la forma di un nuovo governo a maggioranza allargata, almeno all’Udc; un’altra possibilità per un Berlusconi-bis (un rimpasto per sostituire il “finiano” ministro Ronchi qualora dovesse dimettersi), richiederebbe la verifica della fiducia, con esito negativo scontato almeno alla Camera dei deputati e inevitabili dimissioni del presidente del Consiglio.

 

Un governo a guida non berlusconiana è quello cui puntano davvero tanto Fli che Udc. “Governo tecnico”, viene definito, ma se dovesse prendere forma non è escluso che sarebbe guidato da un politico in carica, capace di essere punto di mediazione. Quanto spazio c’è per questa ipotesi? Certamente più di quanto non appaia. Se, formalizzata la crisi, non fosse possibile il reincarico a Berlusconi per mancanza di fiducia, il Capo dello Stato dovrebbe incaricare una personalità, magari emersa durante le consultazioni, che provasse a formare un governo con il massimo della partecipazione possibile. A seconda poi della consistenza della maggioranza, esso avrebbe un’aspettativa di vita più o meno lunga e quindi un programma più o meno ambizioso. Ma se invece questo tentativo non dovesse andare in porto, allora al Capo dello Stato non resterebbe che firmare il decreto di scioglimento delle Camere e fissare la data delle nuove elezioni.

 

In questo scenario, in cui la Lega giocherà un ruolo determinante, capire cosa augurarci richiede uscire dalle partigianerie. Si può riconoscere con ragionevolezza che il governo in carica ha terminato la sua corsa per due con-cause, che stanno come l’uovo e la gallina a seconda della personale sensibilità: l’inadeguatezza del Governo e l’ammutinamento di parte della sua maggioranza. Per qualcuno sarà nato prima il secondo, che ha generato la prima, per altri viceversa. Ma è un esercizio dialettico che diventa un lusso eccessivo e conviene accantonare in favore di un’analisi più distaccata. Esprimeremo con il voto il nostro giudizio; ora cerchiamo di capire cosa è bene per il Paese e per il suo futuro.

 

Il Presidente Napolitano ha lanciato un appello a che si metta almeno il punto fermo dell’approvazione del bilancio e della legge di stabilità; e questa è senz’altro la soglia minima da chiedere a Governo e Parlamento in carica.

 

Ma il Paese annaspa nella crisi e nelle emergenze e ha bisogno di un governo. Berlusconi ha ancora una possibilità: accettare l’invito ad aprire la crisi e ampliare la propria maggioranza, consentendo così di rispettare la volontà dell’elettorato, che ha scelto il centro-destra. Ma se egli dovesse rinunciare, le elezioni immediate non sarebbero una soluzione, perché l’attuale legge elettorale, qualunque opinione si abbia su di essa, ha il limite di non garantire un esito certo: Camera e Senato potrebbero avere maggioranza diversa. Porre mano al meccanismo elettorale diventa quindi necessità e premessa a qualsiasi altro programma. Poi si potrebbe andare al voto e ricominciare.

Ma su tutte una cosa va salvaguardata: bisogna rimanere uniti. Raccogliamo anche questo invito che il Presidente Napolitano è tornato a rivolgere alla classe politica, per dimostrare, anche a noi come cittadini, che è una premessa indispensabile e possibile per un governo all’altezza dei problemi

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