Dossier immigrazione 2013

I flussi migratori interni e internazionali sono uno dei fenomeni di questa fase dello sviluppo dell’umanità, e interessano tutti i paesi del mondo. 5 milioni gli stranieri regolari in Italia. I migranti arrivano soprattutto dall'Europa, non dal mare. Quale l'impatto, a scuola e sulla nostra economia? Molti miti da sfatare e molto lavoro da fare, anche in campo legislativo
migranti

«Il fenomeno immigrazione, contrariamente a quanto spesso si afferma, non è un’emergenza, ma un dato di fatto stabile», ha sottolineato il ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge nel suo intervento in occasione della presentazione al Teatro Orione di Roma del Dossier statistico immigrazione 2013, presentato contemporaneamente in tutte
le principali città italiane mercoledì scorso,
13 novembre.

Franco Pittau, vera anima dell’iniziativa, che dal 1991 fornisce preziosi dati statistici per una disamina dei fenomeni migratori nel nostro Paese, ha insistito, fin dall’apertura dei lavori, sul fatto che neppure la crisi acuta vissuta negli ultimi anni dall'Italia ha scoraggiato l'immigrazione. La storia non torna indietro e i flussi migratori interni e internazionali sono uno dei fenomeni di questa fase dello sviluppo dell’umanità. Un monito che ci ricorda che l’atteggiamento dei singoli e delle comunità deve cambiare, verso la considerazione dell’altro, del "diverso", «come un altro me», arriva a dire qualcuno. Il fenomeno migratorio interessa, infatti, tutta l’umanità, a qualsiasi latitudine, sia pure con caratteristiche diverse. «Tutti i Paesi del mondo – ha dichiarato Maria Dulce Araujo Evora, giornalista di Radio Vaticana, originaria di Capo Verde – sono punti di arrivo, di transito o di partenza di singoli e gruppi che emigrano».

Il Dossier 2013 presenta dati interessanti che favoriscono riflessioni a livello socio-politico ed economico. Prima di tutto alcuni dati generali. Il nostro Paese ha visto il numero dei residenti stranieri crescere del 7 per cento fra il 2007 e il 2012. Infatti, dai 3 milioni di residenti di cinque anni fa si è arrivati a 4.387.721 alla fine del 2012, mentre la presenza complessiva di stranieri regolari ha sfondato il tetto dei cinque milioni, pari quasi al 10 per cento della popolazione del nostro Paese. A sfatare il mito dell’emergenza-Lampedusa, che resta comunque un nodo grave e doloroso, sta il fatto che il 50,3 per cento degli stranieri arrivano dall’Europa, mentre solo poco più del 22 per cento giunge dall’Africa e il 19,4 dall’Asia.

Più contenute le provenienze dall’America (pari all’8 per cento) e quasi infinitesimale quella dall’Oceania, pari all’0,1 per cento.
È noto che a livello di nazioni rappresentate in Italia, la Romania è nettamente in testa, con circa un milione di presenze, mentre il Marocco e l’Albania, rispettivamente con poco più e con poco meno di mezzo milione, sono i due Paesi che seguono nella classifica. Altre comunità nazionali importanti, soprattutto in alcune parti del nostro Paese, sono quella cinese (305 mila), quella dell’Ucraina (225 mila), e la filippina (quasi 160 mila).

In quanto a fenomeni sociali conseguenze dei processi migratori, i matrimoni misti sono in notevole crescita: nel 2011 sono arrivati a 18 mila e raggiungono l’8,8 per cento dei matrimoni che si celebrano in Italia. Le cifre, poi, crescono ulteriormente se si tiene conto delle unioni con entrambi i coniugi provenienti dall’estero (4,2 per cento delle unioni registrate in Italia).

Anche a livello scolastico l’immigrazione mostra, ormai, dei segni importanti che ci proiettano decisamente all’Italia del futuro. Gli studenti stranieri nell’anno scolastico 2012/2013 sono stati 786.650, l’8,8 per cento della popolazione scolastica. Il dato più importante in termini di proiezione futura è, tuttavia, quello della scuola d’infanzia e primaria che hanno segnato una presenza di bambini di provenienza dall’estero che sfiora ormai il 10 per cento. Che un bambino su dieci nelle nostre scuole elementari sia in qualche modo di origine extra-italiana (o per nascita sua o dei suoi genitori) si spiega con un altro dato fondamentale: 79.894 nascite nel 2012, che in termini percentuali significa il 14 per cento di tutti i nati sul territorio italiano. A questi si devono aggiungere i più di 26 mila neonati da coppie miste. I minori non comunitari sono stimati attorno ai 900 mila, a cui aggiungere altri 250 mila comunitari.

L’Italia, dunque, appare sempre più multietnica e multiculturale e, dunque, anche multireligiosa. Una minaccia per la nostra economia in crisi? Molti la pensano così, ma i dati danno torto a chi è pessimista e pensa che gli italiani vivrebbero più serenamente senza coloro che arrivano dall’estero.
Infatti, il 50 per cento degli immigrati sono occupati con un tasso di occupazione più alto di quello degli italiani (rispettivamente il 60 per cento contro il 56 per cento dei nati in Italia). Il dato, ovviamente, si spiega con il fatto che una delle ragioni del flusso migratorio verso il Nord del mondo è proprio quello di trovare una occupazione, anche se sottopagata. Allo stesso tempo, non possiamo ignorare che le imprese straniere nel nostro Paese sono quasi mezzo milione (477.519 per la precisione)

A queste cifre, si devono, poi, unire questioni ancora problematiche. Persone di provenienza dall’estero continuano a sentire sulla propria pelle e quotidianamente una forte pressione discriminante, con punte altissime nei confronti dei Rom. A questo atteggiamento si devono, poi, ascrivere problemi nel trovare casa, lavoro, assistenza sanitaria adeguata e libertà di esprimere aspetti culturali e credo religioso. Proprio su questi aspetti si è voluto insistere quest’anno in occasione della presentazione del Dossier immigrazione, intitolando l’iniziativa "Dalle discriminazioni ai diritti". Significativa, a questo proposito, la presenza collaborativa dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali).

Fra i molti cantieri aperti c'è quello del tentativo, in atto da tempo, ma mai arrivato in porto, di giungere alla formulazione e all’approvazione di una legge organica sulla libertà religiosa, che possa segnare un passo avanti rispetto alla normativa attuale, vigente dal 1929, che prevedeva la categoria dei cosiddetti "culti ammessi" e delle "intese con le confessioni diverse da quella cattolica". Restano difficoltà costanti per garantire un diritto fondamentale come è quello di professare la propria tradizione religiosa secondo i culti e le modalità previste.

A fronte di tutto quanto presentato si riconosce la presenza e l’attività sul territorio di iniziative, spesso locali e promosse da comunità aggregazioni socio-religiose, onlus di diverso tipo, che garantiscono dialogo, collaborazione e realizzazione di buone prassi.

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