Dopo quel 1° maggio

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Chi di noi non ha mai sognato di vivere in un paese dove l’amore reciproco è legge? Più volte mi ero ritrovata a fantasticare su questo ad occhi aperti, finché” Mi ritrovo a trascorrere qualche giorno a Loppiano, la cittadella dei Focolari vicino Firenze. Sorrisi sinceri, sguardi di amore e attenzione ai più deboli; americani, russi e giapponesi insieme. Tra l’altro, la mia permanenza nella cittadella coincide con un appuntamento di giovani che ogni anno, il 1° maggio, si ritrovano lì a migliaia. In quell’occasione partecipo ad un collegamento telefonico con la Terra Santa, ascolto l’invito a basare i nostri rapporti sulla fraternità, sottoscrivo l’impegno di comporre con altri sulla Terra una famiglia di popoli. Torno a casa con una convinzione: è possibile sentirsi fratelli; decisa a superare la logica amico-nemico per cercare ciò che unisce anziché ciò che divide. Al lavoro, subito arriva la prima occasione di tener fede al mio proposito. In redazione – sono infatti giornalista – un collega mi avverte che al posto del mio articolo saranno pubblicati due dei suoi. Istintivamente la cosa non mi va giù, ma mi ricordo dell’impegno preso e lo aiuto ad impaginare i suoi pezzi. Così non solo evito un contrasto, ma rafforzo la nostra amicizia. In un’altra occasione è una frase del vangelo a venirmi in aiuto. Mentre sono a messa prima di andare all’università, ripenso a un immigrato in cui mi sono imbattuta al semaforo senza però dargli importanza perché andavo di fretta. Alla porta della chiesa, l’occasione per recuperare: una ragazza con la sua bambina che chiede l’elemosina. Mi torna in mente Ogni volta che avete fatto queste cose ad un mio fratello più piccolo l’avete fatto a me. Mi fermo a cercare di capire di cosa ha bisogno e lei mi spiega che non riesce a preparare il latte per la piccola. Vado al bar, diluisco il latte con l’acqua, seguo le istruzioni, torno da lei, la ascolto. Mi faccio carico dei suoi problemi chiedendo aiuto anche a mamma che è un’assistente sociale. Si è fatto tardi per l’università, per cui sono costretta a cambiare programma, ma in compenso provo una grande gioia perché ho compreso quanto sia importante mettersi al servizio di chi ha bisogno. Un pomeriggio, invece, sto studiando con Paola, una collega di studi. A giorni avremo un esame importante e l’angoscia è già alta. Paola si definisce atea, anche se attratta da alcuni aspetti dell’insegnamento di Gesù. Mentre facciamo una pausa a pane e nutella, nota nel portagiornali Città nuova. Con un certo scetticismo mi chiede di cosa si tratti. Mentre glielo sto spiegando, mi accorgo che proprio su quel numero c’è una risposta dello psicologo sull’ansia, in cui tra l’altro dice: E se mi va male l’esame, vorrà dire che studierò di più la prossima volta. Paola rimane colpita dalla coincidenza, vuole leggere tutto il giornale e capisce come occorra vivere al meglio ogni attimo presente.

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