Donne, siamo noi la task force di noi stesse!

Il numero di "femminicidi" commessi da ex mariti ed ex compagni è in continuo aumento. Per gli psichiatri chi uccide per "amore" è una persona malata. Serve un lavoro congiunto per cambiare le cose, nel frattempo, bisogna unire le forze e reagire
Flash mob contro violenza sulle donne

Il ministro delle Pari opportunità Josefa Idem si è espressa in modo chiaro sui numerosi omicidi di donne degli ultimi giorni: creare un sodalizio politico che includa non solo il ministero che presiede, ma anche quello di Giustizia, dell'Interno, della Salute, dell'Istruzione, del Lavoro. La prima alleata giunta a rinforzare i ranghi è stata proprio il ministro alla Giustizia Annamaria Cancellieri che si è immediatamente resa disponibile per comporre la task force diretta a osservare, comprendere e arginare il fenomeno. Ma ci vorrà un po’ di tempo per vedere realizzati i loro progetti.

Intanto gli psichiatri consultati nelle ultime ore hanno affermato chiaramente che chi uccide ‘per amore’ è una persona malata; che i numerosi episodi di questi giorni non generano imitazione (come avviene invece per i suicidi); che bisogna avere attenzione, molta attenzione ai segnali che preannunziano la tragedia.

Su quest’ultimo aspetto la prima task force possiamo farla noi donne, tra noi. Siamo normalmente chiacchierone, curiose, insistenti? Bene, cerchiamo di esserlo un po’ di più con le amiche che vediamo tristi, isolate, silenziose. Tiriamo fuori le nostre tipiche caratteristiche e facciamole diventare strumento di solidarietà reciproca.

Domandiamoci tra noi «Come va con lui?»  e non accontentiamoci di rispose evasive, insistiamo per farci raccontare anche aspetti poco piacevoli dei partner. «Dove vai? Con chi sei?» dovrebbero essere domande da cui esigere risposte chiare e precise. Se il naufragio di una storia sembra il peggiore fallimento o una vergogna da evitare, incoraggiamoci tra noi a guardare verso un futuro di speranza e ricco di opportunità migliori. Aiutiamoci a toglierci di dosso sensi di colpa che non ci appartengono ma che ci sono stati imposti. Facciamoci compagnia negli spostamenti, usiamo un minimo di diffidenza proprio verso lui che normalmente è un cavaliere, ma «a volte non so perché reagisce e mi tratta male».

Sono esempi che sembrano rasentare la banalità ma è proprio in queste confidenze che  possiamo cogliere una richiesta di aiuto rimasta inespressa. È qui, tra le chiacchiere, le curiosità e le tante domande fatte di sfuggita e sottovoce, che possiamo trovare il grimaldello per fare uscire un’amica dall’incubo di una storia sbagliata. Poi ci sono le associazioni nate con la finalità di non lasciarci sole, reparti specializzati delle forze dell’ordine, forse bisogna conoscerli di più e non pensare che a noi potrebbe non accadere.

Su questi temi abbiamo già scritto su cittanuova.it  ("Quando l'amore soffoca" e "Intervenire prima che sia troppo tardi"), ma quante volte ancora ne parleremo prima di scrivere la parola fine?

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