Discepoli del Dio disabile

Papa Francesco incontra la comunità di Capodarco: «Una società che desse spazio solo alle persone del tutto autonome e indipendenti non sarebbe una società degna dell’uomo
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Sabato 25 febbraio il papa ha celebrato uno straordinario incontro con la comunità di Capodarco per ricordarne il cinquantesimo dalla sua Fondazione. Tanti, tantissimi disabili, minori, persone che vivono situazioni di dipendenza e di disagio e le loro famiglie.

Tantissime carrozzine, forse trecento o quattrocento, tutti presenti, tutti per incontrare papa Francesco, che non si è sottratto a questo straordinario abbraccio. Al tempo stesso ha voluto dire parole di consolazione e di fortezza cristiana.

Innanzi tutto, rivolgendosi a don Franco(fondatore) e a don Vinicio (presidente) e a tutte le persone convenute. Papa Francesco ha detto: «voi avete scelto di stare dalla parte di queste persone meno tutelate, per offrire loro accoglienza,sostegno e speranza ,in una dinamica di condivisione».

Questo incontro tra chi è forte e chi è debole alimenta lo sforzo della inclusione e cioè la costruzione di una società, che include e che in questo è capace di accogliere i più deboli, i più feriti,i disabili.

Il papa ricorda che “anche la persona con disabilità e fragilità fisiche, psichiche e morali deve poter partecipare alla vita della società”. E che solamente “se vengono riconosciuti i diritti dei più deboli, una società può dire di essere fondata sul diritto e sulla giustizia”.

Qui è implicito il riferimento alla nostra costituzione che garantisce i diritti delle persone disabili, il diritto alla salute,allo studio e al lavoro e dunque ad una vita degna .

E ancora il papa ricorda che «una società che desse spazio solo alle persone pienamente funzionali ,del tutto autonome e indipendenti non sarebbe una società degna dell’uomo.

La discriminazione in base alla efficienza non è meno deplorevole di quella compiuta in base alla razza o al censo o alla religione».

La sala Nervi piena di carrozzine era la rappresentazione plastica di tutto questo. Tanti, tutti pieni di dignità, nella loro condizione di disabili. La comunità di Capodarco ha seminato molto in questi cinquanta anni, anticipando intuizioni e scelte, che oggi sono patrimoni di molti .In questo modo pone un segno contro l’esclusione ,contro l’emarginazione ,chiamando gli “ sconfitti della vita” ad un nuovo protagonismo sociale .

Talora si può rimanere schiacciati dal peso insopportabile della vita.Tutto davvero ha un caro prezzo. Niente è facile, senza fatica. Il dolore può davvero crocifiggere.

In questo contesto drammatico l’incontro di una comunità di persone, che portano con noi lo stesso peso, ci fa uscire dalla sconfitta e ci apre ad una speranza pagata al prezzo più grande. Nessun dolorismo, ma una nuova dignità della vita,un nuovo stare in piedi..Uno stare in piedi,che ci è donato per grazia e non per conquista. Dice il papa :«Accogliendo tutti questi “piccoli”, segnati da impedimenti mentali o fisici ,o da ferite dell’anima ,voi riconoscete in essi i testimoni particolari della tenerezza di Dio,dai quali abbiamo molto da imparare  e che hanno un posto privilegiato  anche nella Chiesa».

Ecco i piccoli del vangelo, ecco i più piccoli tra i fratelli.

I piccoli, che sono maestri di fraternità e raccontano la storia di un Dio disabile, che si è caricato di tutte le nostre malattie.

Finalmente il vangelo ci viene incontro nel segno di una carrozzina, di un tutore, di un respiratore automatico, che permettono alle persone, anche le più provate, di stare in piedi e di raccontare a noi la tenerezza dell’unico Dio.

Gli sconfitti della vita, i disabili, “i piccoli” narrano a noi il mistero di Dio che si incarna, che scende nella nostra storia,come il paralitico che viene introdotto nella casa,in cui si trova  Gesù, scoperchiando il tetto.

In sala Nervi è stato” scoperchiato il tetto” nelle tantissime carrozzine e nei tantissimi disabili venuti a incontrare, insieme a papa Francesco ,il mistero del Dio di misericordia. Spesso nelle nostre chiese ci sono troppi e alti scalini, che impediscono ai disabili i arrivare all’incontro ,alla celebrazione,al sacramento .

Ciò che è drammatico è che questi scalini, per quanto alti,sembrano invisibili alla maggioranza delle persone ,compresi i preti .Semplicemente si ignora la fatica delle persone invece di prendere la via semplice della conversione,che abbatte le barriere culturali, spirituali e fisiche.

Come dice il vangelo di Matteo, «se hai qualcosa contro tuo fratello, lascia il tuo dono davanti all’altare, va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna e lascia la tua offerta». Non si chiede di scoperchiare le chiese, ma si chiede semplicemente di sospendere le celebrazioni nelle chiese non accessibili ai disabili.

Dico questo non per un motivo sindacale, ma semplicemente per obbedienza al vangelo. Anche in questo la sala Nervi e la basilica di san Pietro sono speciali. Non si tratta di organizzazione e di risorse, ma di fede e di vangelo.

La comunità di Capodarco ci ricorda che la chiesa non è un museo ma, come diceva papa Giovanni., la fontana del villaggio,che disseta tutti gli sconfitti della vita,secondo l’immagine di papa Francesco.

E alla fine papa Francesco li ha salutati tutti, uno ad uno, dai più piccoli ai più anziani,dai più feriti ai più provati.Tutti nella gioia del vangelo

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