Il dinamismo della solidarietà

«Quante persone si dicono vicine alla Chiesa, amici dei preti, dei vescovi, mentre cercano soltanto il proprio interesse. Queste sono le ipocrisie che distruggono la Chiesa!». Lo ha affermato papa Francesco nell'udienza generale. Parlando dell'esperienza di comunione (koinonia) e condivisione delle prime comunità cristiane.

Non si può dire: «Ma guarda quello, il problema che ha: a me non importa, è cosa sua», non bisogna essere indifferenti ma farsi carico dei problemi e delle sofferenze del prossimo. Con queste parole papa Francesco torna a parlare dei valori che devono guidare una comunità cristiana e un’autentica testimonianza di fede. «Condividere», «comunicare, partecipare», «mettere in comune» sono le parole chiave che consegna ai fedeli riuniti per l’udienza generale in Vaticano.

La comunità cristiana nasce dall’effusione dello Spirito Santo e cresce attraverso la condivisione che rende la Chiesa una vera famiglia. «La vita eucaristica, le preghiere, la predicazione degli apostoli e l’esperienza della comunione (cfr At 2,42) fanno dei credenti una moltitudine di persone che hanno – dice il Libro degli Atti degli apostoli –“un cuore solo e un’anima sola” e che non considerano loro proprietà quello che possiedono, ma tengono tutto in comune (cfr At 4,32). È un modello di vita così forte, che aiuta noi ad essere generosi e non tirchi», ricorda il papa.

La generosità inserisce ogni persona in un «dinamismo di solidarietà» e consente di vivere l’esperienza della koinonia, delle prime comunità cristiane che mettevano tutto in comune, nelle quali la corresponsabilità economica era conseguenza del prendersi cura gli uni degli altri. L’attenzione ai bisogni dell’altro, la cura fraterna, è frutto della «comunione al Corpo e al Sangue di Cristo che si fa nella Santa Messa» che «si traduce in unione fraterna».

È un cammino che si nutre della grazia data dalla preghiera e dai sacramenti, ma come capire se veramente è in atto una vera conversione del cuore? «Quel segnale che il tuo cuore si è convertito – spiega il papa -, è quando la conversione arriva alle tasche, quanto tocca il proprio interesse: lì è dove si vede se uno è generoso con gli altri, se uno aiuta i più deboli, i più poveri». La condivisione dà sapore alle relazioni, diventa un nuovo modo di rapportasi agli altri, una modalità di stare insieme che diventa testimonianza viva: «I forti sostengono i deboli (cfr Rm 15,1) e nessuno sperimenta l’indigenza che umilia e sfigura la dignità umana, perché loro vivono questa comunità: avere in comune il cuore. Si amano. Questo è il segnale: amore concreto». Infatti, «è comunione, condividere il mio tempo con gli altri, per aiutare coloro che hanno bisogno. E così il volontariato, le opere di carità, le visite ai malati; bisogna sempre condividere con gli altri, e non cercare soltanto il proprio interesse».

In questo cammino è importante donare tutto di sè, senza trattenere nulla, seguendo l’esempio di Barnaba, citato nel quarto capitolo degli Atti degli apostoli. Nello stesso brano, si parla anche di Anania che, al contrario, riserva per sè una parte dei beni. Lo fa a causa di «un’appartenenza ecclesiale “negoziata”, parziale e opportunista», dice papa Francesco e ammonisce: «L’ipocrisia è il peggior nemico di questa comunità cristiana, di questo amore cristiano: quel far finta di volersi bene ma cercare soltanto il proprio interesse».

Occorre fare attenzione a non venire mai meno alla sincerità della condivisione, dell’amore,  vigilare sulle proprie azioni e sul proprio cuore affinché non si spenga “il fuoco della comunione”. «Una vita impostata solo sul trarre profitto e vantaggio dalle situazioni a scapito degli altri, provoca inevitabilmente la morte interiore», avverte Francesco e ribadisce che nella Chiesa non si può essere “turisti”, gente di passaggio, ma fratelli gli uni degli altri, capaci di vivere quella solidarietà cristiana che «lungi dall’essere attività di assistenza sociale, è l’espressione irrinunciabile della natura della Chiesa».

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