Dietro il volto di Greta

Destano stupore o tristezza le reazioni suscitate da una ragazza di 16 anni che sta rappresentando milioni di giovani che erediteranno un pianeta ammalato, del quale ci siamo curati poco. Quando la superficialità ci fa perdere di vista l'essenziale.

Seguo tra attonito e incredulo la capacità, tutta italiana, di suscitare polemiche su un nonnulla, su temi ed in modo veramente sciocchi, deviando il discorso dai suoi significati essenziali a questioni del tutto trascurabili.

Questa volta la polemica parte dallo sguardo di Greta Thunberg, la ragazza di 16 anni che ha mobilitato milioni suoi coetanei intorno al tema dei cambiamenti climatici in corso, che, conviene ricordarlo, sono una vera e propria ipoteca sulla qualità di vita delle generazioni future e, nel caso di vari Paesi, già significano effetti devastanti che colpiscono soprattutto i Paesi più poveri.

Si direbbe che c’è da applaudire che i ragazzi siano scesi in campo per ottenere dagli adulti e dai governi una azione concreta, perché migliaia di scienziati lo hanno detto in tutte le lingue possibili: abbiamo sempre meno tempo a disposizione per adattarci a tali cambiamenti che, si badi bene, non possiamo evitare. Eppure no, abbiamo avuto la capacità di deviare questo tema centrale, per gettare una serie di ombre sull’azione di una ragazza di 16 anni.

Non so se sia più mostruoso o semplicemente sciocco. Con una mancanza di tatto da maleducati, prima si commenta sulla sua espressione in una foto (e lo fa addirittura anche un funzionario di governo), come se non sapessimo che una foto può ritrarci nei modi più inquietanti possibili e ciò non significa assolutamente niente. Dopodiché, scopriamo che certe espressioni del volto di Greta sono frutto del sindrome di Asperger.

Allora vengono fuori altri “dubbi”: potrebbe essere strumentalizzata, chissà chi c’é dietro questa ragazza, i giovani che si mobilitano sono dei fannulloni, di scienza non sanno niente, hanno solo voglia di non andare a scuola… Siamo proprio messi male se questa è la capacità di certi adulti di comprendere il mondo nel quale viviamo ed i giovani che ci seguiranno nel condurlo, speriamo, a un porto migliore di quello dove l’abbiamo condotto noi.

È un episodio che insegna tante cose. Intanto che bastano alcune poche diversità esterne per spaventarci: uno sguardo fisso, tratti somatici poco frequenti… Quello che succede con chi ha la pelle di altro colore o espressioni che non sappiamo decifrare. Mi immagino che si sarebbe detto di peggio se Greta fosse stata ugandese o congolese. Ci diciamo adulti, cioè persone equilibrate, mature e, si suppone, aperte. Ma facciamo differenze subito e senza nemmeno pensarci troppo su. Basta un volto poco comune. Qui il problema vero siamo noi e cosa abbiamo mai appreso nella vita.

Inoltre, insegna che non riusciamo a vedere che dietro quel volto c’è il messaggio di milioni di ragazzi, generazioni intere, che dovranno farsi carico del mondo che gli lasceremo. Perché il dibattito sul cambiamento climatico porta in piazza la solidarietà e l’amore che diciamo di avere per le prossime generazioni. Non sarà il problema della mia e nostra generazione (sono del 59), ma quella dei figli dei nostri nipoti e pronipoti. Coloro che dovranno vedersela a partire dal 2050 con cambiamenti che dureranno nell’ordine delle centinaia e centinaia di anni, alcuni forse definitivi, con fenomeni climatici estremi, uragani frequenti anche a latitudini dove prima non apparivano, con meno acqua, con un aria di minore qualità, con meno risorse naturali.

Qualcuno, quando si parla di questi temi, pensa di immediato a una catastrofe da fine del mondo. No, non ci sarà nessuna fine del mondo. La Terra continuerà a ritrovare il suo equilibrio. C’è vita nell’Antartide a 60 gradi sotto zero, nel Sahara con 50 gradi sopra lo zero di giorno e c’é vita a 5 mila metri di profondità negli oceani. Luoghi dove la natura ha trovato un suo equilibrio. La questione qui è se noi possiamo far parte di quell’equilibrio che la natura raggiungerà.

Ma chi dovrà verificarlo saranno i nostri discendenti, pertanto, se davvero li amiamo, abbiamo il dovere di chiederci se abbiamo il diritto di peggiorare la qualità della loro vita, della loro aria, della loro acqua, della terra; se abbiamo il diritto di impossessarci in modo predatorio delle risorse naturali, come stiamo facendo.

Ecco, dietro il volto di Greta, che non minaccia nessuno se non le cattive coscienze, c’è tutto questo. E faremmo bene a non dimenticarlo, prima di preoccuparci se sia o no strumentalizzata. Questi sono gli interrogativi che ci pongono i nostri ragazzi. Abbiamo ancora voglia di discutere sul loro sguardo? O non preferiremmo forse abbracciarli e dire loro “grazie” per aver preso una iniziativa che noi ancora non abbiamo avuto la lucidità di prendere?

 

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