Dialogo con un comico

Si rimane esterrefatti di fronte alle parole di Beppe Grillo riferite alle persone autistiche, al Circo Massimo, a Roma. Parole vuote per togliere prezzo alla vita della gente, alla sua sofferenza civile e spirituale. Le parole sono come pietre per colpire il cuore e la vita dei più deboli. Un'opinione

Ecco i passaggi più significativi: «Chi siamo? Siamo pieni di malattie nevrotiche, siamo pieni di autistici. L’autismo è la malattia del secolo. L’autismo non lo riconosci, per esempio la sindrome di Asperger, c’è pieno di questi filosofi in televisione che hanno la sindrome di Asperger, che è la sindrome di quelli che parlano in quel modo e non capiscono che l’altro non sta capendo, hanno quel tono sempre uguale. C’è pieno di psicopatici…».

Le persone disabili non sono psicopatici. Vivono la loro vita con dignità. Sanno le parole dell’amare e del soffrire. Rifiutano l’odio e le parole dell’odio. Sono resi invisibili dalla cultura dominante, che esclude i deboli e i fragili.

Una cultura dominante e umiliante, che gioisce per il dolore altrui. Sono capaci di uscire dalle loro prigionie, soprattutto quando qualcuno li toglie dalla invisibilità, il vero stigma, che diventa una denuncia su di noi, sui nostri pregiudizi, sulla nostra vita comune che deve imparare a inginocchiarsi davanti alle persone disabili, per misurare la qualità della vita, non solo della loro, ma anche della nostra vita.

La violenza del nostro linguaggio nasce dalla sua povertà e dalla nostra ignoranza. Una povertà di sguardo, per cui non si riconoscono le persone disabili nel loro patire. È necessario un nuovo sguardo per incontrare le persone disabili nella loro bellezza.

Ecco, tramite questo nuovo sguardo si fa l’esperienza dell’amore, dove i piccoli diventano grandi, i feriti guariscono e chi cerca la felicità trova la luce sulla sua vita, una luce unica e luminosa, dall’alto.

Se questo comico sapesse e conoscesse lo spettacolo della vita, non si perderebbe nella retorica degli insulti, frutto di parole senza vita e senza respiro.

È perché sono una delle tante persone disabili (circa 4 milioni di persone) che oggi, con mitezza e forza, mi rivolgo a questo comico per dire la bellezza della vita delle persone, che si trovano in questa condizione.

Le persone disabili sono diventate i nostri maestri, pur nella fatica dei giorni e delle prove. Ci insegnano a cercare l’incontro e l’amore, quell’amore che viene ogni giorno dilapidato da coloro che sperperano, con il linguaggio degli insulti, la tenerezza degli incontri.

Le persone disabili, se vengono ascoltate, ci narrano la forza del dolore e la fatica di chi cerca dignità e giustizia. Il silenzio narra la forza di uno stare in piedi, comunque e sempre, senza subire ricatti, pregiudizi e aggressioni. non mi sono mai vergognato della mia disabilità in 74 anni di vita, da Hiroshima ad oggi. E quando la sofferenza è stata grande, non mi sono mai stancato, nella fatica dei giorni, di portare il peso che nel tempo, qualche volta, sembra schiacciarci tanto è violento. Nessun sentimentalismo, nessuna retorica, ma immersione e battesimo, per vivere l’amore con tutte le nostre forze.

Il nostro comico deve anche sapere che non solo sono una persona disabile, ma anche una persona disabile credente. Non ho mai cercato il soffrire, ma l’amore e allora anche la vita di una persona disabile diventa un capolavoro. Il seme che entra nella terra, entra nella terra dell’amore, della fecondità e della condivisione, fino a dare la vita per tutti.

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