Desiderio d’immortalità

Il Teatro dell’Opera di Roma continua a produrre balletti (anche se non sempre felici) che arricchiscono l’arte di Tersicore di nuove idee. Come questa di Beppe Menegatti Dal Faust di Goethe, affidata al talento coreografico di Luciano Cannito. Egli, immettendovi citazioni scespiriane, rilegge il mito di Faust (tema sempre affascinante che pervade l’essere contemporaneo alla ricerca d’unità e di eternità) sintetizzandolo in alcuni personaggi: oltre ai principali, c’è Valentino, il fratello soldato di Margherita, Elena, oggetto di violenze da parte dei greci, incontrata nel cammino negli inferi, e il loro figlio Euforione. Dopo l’analisi che Faust compie su sé stesso col supporto di una scommessa con Mefistofele e della scoperta di questo alter ego, e dopo una prima ispezione nella quotidianità che lo circonda, il mago o lo scienziato o l’avventuriero passa al grande viaggio universale, annullando lo spazio e il tempo nella tensione di superarsi continuamente nella ricerca. Facendoci percepire il delirio che trascina tutti i personaggi che in qualche modo sono sfiorati dal sottile fascino di Mefistofele, Cannito costruisce un balletto chiaro nel racconto e fluido nell’inventiva coreografica – ma forse un po’ troppo classico – con incursioni moderne nello stile, e momenti di grande suggestione poetica che hanno al centro l’ascesa celeste di Margherita in mezzo a un coro di voci e di angeli. Movimenti plastici e di raffinata astrattezza trovano soprattutto in Fabio Grossi un Mefistofele di straordinaria bravura tecnica e interpretativa. Lo spettacolo è impreziosito dalle scene – e dai costumi – di Luisa Spinatelli che si aprono e si chiudono come un otturatore e con un saliscendi di quinte figurate e astratte che illustrano tempi e luoghi. Il desiderio di eternità anima anche la diva sul viale del tramonto protagonista del balletto La primavera romana della signora Stone, ispirato al romanzo di Tennessee Williams con protagonista Carla Fracci. Nella parte del gigolò del quale si innamora (che la sfrutterà economicamente, ma da cui si libererà uscendosene vincitrice)è Giuseppe Picone, passionale ed elegante, che, nonostante la coreografia di Luc Bouy abbia momenti di scontatezza e di ripetitività, mette in mostra una versatilità di stile come pochi. La bella voce di Alma Manera accompagna la storia con canzoni romane e romantici blues di Cole Porter e musiche di Richard Addinsell. AFRICA CONTEMPORANEA Della danza africana abbiamo quasi sempre un’idea di ritmo primitivo. Un festival, allora, come Festd’Africa, con un titolo che è un programma Facciamo pace con la cultura, può aiutare a farci entrare nel mondo contemporaneo africano estremamente variegato e ricco. E scoprire come dall’incontro con la danza contemporanea occidentale, possono nascere stili e linguaggi nuovi. Un esempio sono le due compagnie Li-Sangha del Congo Brazaville, e Culturarte del Mozambico, vincitrici del prestigioso concorso parigino Danse. L’Afrique danse!, dirette da artisti che sanno esprimersi in maniera forte e alta, con tutta la competenza nel ring creativo universale delle identità ricomposte. Diretto dal coreografo Orchy Nzaba la compagnia del Congo ha presentato Mona- Mambu, un’espressione che dice la capacità di vedere e di affrontare attraverso la preveggenza, la realtà della vita. Lo spettacolo tende a narrare il vissuto quotidiano sublimato da una danza che ricorda in alcuni momenti il grande afroamericano Alvin Ailey. Le diverse sequenze sono legate da un danzatore che segna con energici arrotolamenti delle braccia i movimenti degli altri cinque componenti. Ritmi spezzati in sospensioni tra lentezza e rapidità, grandi trottole in spirale, vigorosa gestualità, fanno di questa coreografia una gioiosa immersione nello spirito di una comunità. Un’altra isola all’interno di me stesso di Panaibra Gabriel si apre con i cinque interpreti di spalle che si lavano seduti a delle fontane. Dei fasci di luce illuminano poi i loro sandali colorati sparsi sulla scena. Sono minuscoli isolotti luminosi nei quali essi si spostano. Avere coscienza del posto che si occupa, ma saperlo cambiare e non ignorare che altri fanno lo stesso: questo il senso di una coreografia di azioni e reazioni, con molti gesti di teatro- danza e modern che, senza descrivere, si serve di terra (per sporcarsi) e di acqua (per purificarsi) per darci l’idea concreta di un mondo che vede nella natura un detentore dello spirito. G.D. Al Vascello di Roma.

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