Denatalità, lavoro e “ius soli”

Il contributo di un giurista di ritorno da un viaggio in America Latina. Pur in mezzo a situazioni difficilissime, lì c'è un'umanità viva, ricca di giovinezza, ricca di slancio verso il futuro, impegno e speranza. Qui in Europa si è ripiegati su se stessi e su piccoli problemi: aprirsi a chi arriva da questi posti potrebbe essere una via percorribile
immigrati laura

Luigino Bruni ha scritto sul numero 8 di Città Nuova del 25 aprile del 2013, che l'anno scorso ci sono stati un milione di licenziati. Il papa in occasione del 1° maggio ha detto che una società che lascia senza lavoro tanta gente e soprattutto tanti giovani non è una società giusta, mentre, ricevendo il 16 maggio gli ambasciatori, ha attribuito in parte la causa di ciò alla realtà finanziaria che cerca il profitto, dimentica dei bisogni di tutti. Il papa, pertanto, ha esortato i dirigenti politici ad attuare con coraggio una riforma finanziaria «che sia etica e produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti». Del resto, non è la prima volta che la Chiesa si pronuncia in questi sensi (vedi l'enciclica Caritas in Veritate sul ruolo dello Stato).

Sono stato recentemente in alcuni Paesi dell'America Latina ed ho constatato che uno sviluppo economico frutto di investimenti che hanno puntato solo al profitto provoca divisioni e disuguaglianze sociali, poiché genera una minoranza economicamente avvantaggiata a fronte di una maggioranza che rimane in situazione di povertà e di esclusione dai circuiti della ricchezza e del potere.

Tornando in Europa dopo questo viaggio, mi è balzata, d'altra parte evidente la differenza tra l'umanità che c'è in quei Paesi e quella esistente in Europa. Pur in mezzo a situazioni difficilissime, lì c'è un'umanità viva, ricca di giovinezza. Ci sono tanti bambini e giovani; c'è perciò slancio verso il futuro, impegno e speranza. Qui in Europa c'è un'umanità stanca, ripiegata su se stessa e su piccoli problemi che, a fronte di quelli reali dell'America Latina, sembrano fittizi.

Non intendo sottovalutare la crisi economica che c'è qui, soprattutto la mancanza di lavoro, in particolare per i giovani. Mi sembra che quello che manca, anche da parte della classe politica, è la creatività che dovrebbe esserci soprattutto nelle situazioni di estrema difficoltà, come si ebbe nell'immediato dopoguerra. E, insieme alla creatività, manca quel senso di solidarietà che nei momenti difficili stringe persone e istituzioni nella ricerca delle soluzioni per assicurare la continuità della vita. E, questa della continuità della vita è l'altro aspetto che qui in Italia e in Europa manca. Nei Paesi dell'America la spinta vitale viene principalmente dalla generazione. Ho visto con quanto amore i genitori, pur in condizioni economiche difficili, amano e curano i bambini. Qui mi sembra che sia venuta meno, proprio per il declino demografico, questa enorme risorsa vitale.

Allora, qual è la soluzione? A me sembra che sia quella di aprire le porte ad un'oculata immigrazione, invece che chiuderle. Del resto, vediamo già negli immigrati che arrivano anche clandestinamente come ci sia più spirito di sacrificio e laboriosità. Da ciò che si legge sui giornali si spera, abolendo l'Imu o altre cose del genere, che la speranza della ripresa venga riposta nel mercato immobiliare. Ma non c'è in Italia un surplus di abitazioni, essendo tantissime le case, anche nuove, che sono vuote perché non vendute né affittate?

Una proposta che non pare adeguata a quella richiesta a uomini di governo chiamati davanti alle sfide del tempo attuale.

 

* Gianni Caso,già magistrato della suprema Corte di Cassazione, è il referente della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto”.

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