Denatalità, la via urgente delle politiche familiari

In questa pausa estiva torniamo a riflettere su uno dei temi cruciali per il presente e il futuro del nostro Paese

La questione dell’inverno demografico sta entrando finalmente nelle agende politiche e tra gli argomenti di cui si occupa la stampa; è un problema di cui l’opinione pubblica inizia a prendere atto.

Eppure quello che tutti stentiamo ancora a capire è che il problema del calo demografico è di urgenza drammatica per il nostro Paese.

Dal dopoguerra in poi la popolazione italiana era in crescita costante, con un numero di nati circa doppio di quello dei morti; su questo si basavano la sostenibilità del nostro generoso sistema pensionistico, del sistema sanitario pubblico e molte prospettive di crescita economica del Paese. Fu così fino agli anni Sessanta, quando il numero di nuovi nati prese a scendere in modo deciso, sino ad arrivare eguagliare il numero dei morti. Intorno al 2010 il numero dei morti in Italia s’è impennato e quello dei nuovi nati ha ripreso a scendere decisamente.

Il tasso di nascite per il mantenimento della popolazione sarebbe di due figli in media per donna. Nel 2010 in Italia questo tasso era di 1,34 figli; oggi è sceso all’1,24.

Gli anziani hanno più spettanza di vita, vivono cioè più a lungo, e con loro cresce la popolazione “non produttiva”, quella cioè che gode di una pensione e ha bisogno di cure e di welfare. È anche noto da tempo che i numeri dell’immigrazione non riescono a sopperire al calo demografico e che i figli degli immigrati, la seconda generazione nata in Italia, si adeguano alle abitudini riproduttive del nostro paese.

Il calo della popolazione ha conseguenze pesantissime sulla sostenibilità futura del Paese. L’urgenza “drammatica” del problema dunque risiede nel fatto che i demografi avvertono che il momento per evitare il crollo è adesso; se il trend si inverte in questi due o tre anni ci sarà una ripresa; è in questi due o tre anni che si vedrà se fra vent’anni ci sarà una condizione di sostenibilità del paese o un deciso declino verso il default.

Il demografo Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, massimo esperto di questi problemi, fa presente che: «La conseguenza maggiore non è tanto il declino demografico quanto, soprattutto, un’alterazione nell’impianto strutturale della popolazione con il peso dei più anziani che diventa soverchiante sui più giovani». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ammette: «Da qui al 2042 è a rischio il 18 per cento del prodotto interno lordo».

«La natalità è un tema che riguarda la salute economica e sociale del Paese – è il ragionamento del presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo -. Non c’entrano i valori o gli schieramenti politici, ma riguarda quel che accade nel presente e quel che accadrà nel futuro a tutti noi, nessuno escluso. Un dato su tutti: siamo al record negativo di 339mila nascite contro 700mila morti. Se non si cambia tra qualche anno crollerà tutto». Anche perché «quello che fa più male della situazione demografica italiana è che il desiderio di un popolo non trova soluzioni concrete nelle politiche dei governi». De Palo ricorda come «natalità ed economia sono strettamente collegate», aggiungendo poi che «la nascita di un figlio migliora anche la qualità della nostra cittadinanza: una società più anziana ha come effetto non solo quello di minore forza lavoro, ma anche di minore forza creativa e innovativa».

Francia e Germania una decina di anni fa avevano numeri di nascite analoghi ai nostri. Ora le nascite salgono e si avvicinano al tasso di mantenimento stimato in due figli per donna. Il fenomeno è chiaro, scontato per tutti gli osservatori: non hanno alcun effetto gli aiuti economici, le sovvenzioni, i “bonus bebè”; è invece palese, chiarissimo, l’effetto delle politiche orientate alla famiglia. Francia e Germania infatti hanno messo in atto da una decina di anni politiche generali orientate a favorire la famiglia: costruzione di asili nido, congedi parentali, armonizzazione dei tempi della famiglia e del lavoro, facilitazioni fiscali per i carichi familiari e molti altri provvedimenti. Tutto questo, facilitando la vita familiare ha un evidente effetto sull’incremento della natalità.

La soluzione dunque oltre che urgente, è anche semplice: occorre che tutte le politiche generali siano volte a facilitare la vita familiare.

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