Da A come Alex a F di fioretto

Vi proprioniamo una carrellata su alcuni fatti e personaggi che hanno caratterizzato le Olimpiadi di Londra
Una fan delle Olimpiadi

A come Alex Schwazer. Il caso di doping che ha coinvolto il nostro marciatore ha lasciato in tutti gli sportivi italiani un velo di tristezza. L’azzurro, cosa assolutamente non frequente in casi del genere, ha almeno ammesso le proprie responsabilità, ed è pur vero che, come amano dire negli Stati Uniti, “anche un cattivo esempio è pur sempre un esempio”. La gogna mediatica cui è stato sottoposto Schwazer per giorni e giorni, infatti, potrà rappresentare un buon deterrente per altri nostri atleti tentati dal percorrere pericolose “scorciatoie” per arrivare o restare in alto. Almeno si spera.
 
B come Badminton. Il volano, la pallina con cui si gioca in questo sport, lanciato volutamente fuori dal campo, mandato platealmente in rete, spedito intenzionalmente in tribuna. Il tutto, tra i fischi assordanti di un pubblico inferocito. Una vergogna, alla faccia dello spirito olimpico. Con una decisione senza precedenti, quattro squadre asiatiche di doppio femminile, che hanno palesemente “giocato a perdere” per evitare scontri fratricidi nei quarti di finale, sono state cacciate dai Giochi. Anche in questo caso, rimane però una bella lezione: chi bara, alla fine viene punito.
C come Carlo Molfetta. Quando s’insegue un sogno, non bisogna arrendersi di fronte alle difficoltà. Di nessun tipo. Bisogna lottare, stringere i denti, e poi qualche volta i sogni si riescono davvero a realizzare. Carlo Molfetta, uno dei due nostri rappresentanti nel taekwondo, sembrava davvero spacciato nella finale combattuta contro Anthony Obame (Gabon). Sotto 6-1 al termine del primo round, Carlo ha prima recuperato fino a portarsi sul 4-6, poi però, a un minuto e mezzo dal termine dell’incontro, ha subito un colpo che l’ha riportato sotto nel punteggio (4-9). Altri a quel punto avrebbero mollato, ma lui non si è arreso, agguantando la parità a meno di venti secondi dal termine. Alla fine è stato premiato dagli arbitri per “superiorità” e ha vinto una medaglia d’oro davvero insperata. Mai dire mai.
D come David Rudisha. Capace di una corsa caratterizzata da un’eleganza fuori dal comune, questo ventitreenne Masai figlio d’arte (il padre vinse una medaglia nella staffetta 4×400 ai Giochi di Città del Messico del 1968) è un ragazzo sempre disponibile e sorridente. Sesto di sette fratelli, Rudisha è uno dei talenti più puri emersi nel panorama dell’atletica leggera mondiale degli ultimi anni, ma i successi non l’hanno cambiato. Così, quando David torna a casa, sveste i panni del campione e aiuta a dare da mangiare agli animali della fattoria di famiglia. La sua vittoria negli ottocento metri, a suon di record del mondo, rimarrà come una delle prestazioni tecnicamente più rilevanti di questa Olimpiade.
E come emozioni. Cercate un evento planetario che possa avvicinare in qualche modo il fascino delle Olimpiadi: non lo troverete. Certo, nessuno può negare che sponsor, tv, e relativi interessi economici se ne approfittino, dettando a volte tempi e regole del gioco. Le Olimpiadi di Londra, però, hanno dimostrato ancora una volta il potere ammaliante dei cinque cerchi. Chi ha avuto la fortuna di essere presente nella capitale britannica durante i Giochi, ha provato sensazioni che rimarranno per sempre nel proprio cuore. Vedere persone di tutto il mondo, ciascuno orgoglioso di mostrare in qualche modo i colori della propria nazione, darsi appuntamento per tifare per i propri beniamini (ma spesso anche per quelli avversari!), in un’atmosfera “magica” … è un’emozione davvero particolare. Un’esperienza tutta da vivere, un clima di festa che conferma la capacità unica dello sport di unire i popoli.
 
F come fioretto. C’è un “Dream Team” per eccellenza, quello della squadra di basket maschile statunitense. Ma il “dream team” che noi italiani preferiamo è quello di casa nostra, quello delle nostre ragazze del fioretto che a Londra hanno fatto bottino pieno: oro, argento e bronzo nella prova individuale, gradino più alto del podio nella prova a squadre. Ancora una volta la scherma azzurra non ha tradito le attese e in questa edizione dei Giochi ci ha regalato sette medaglie a cinque cerchi. Peccato solo che adesso perderemo alcuni bravi tecnici (su tutti Giulio Tommasini, il maestro di Valentina Vezzali), che hanno deciso di andare ad allenare all’estero. 

Foto di Giovanna Santoro

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