Crisi. Italiani più respondabili

Giornali, radio e tivù hanno rafforzato la consapevolezza della correlazione strettissima fra i Paesi sul piano delle dinamiche e dei processi economici.
Euro

Negli ultimi mesi il racconto della crisi economica globale attraverso i media ha prodotto tra gli altri un effetto significativo. Giornali, radio e tivù hanno rafforzato la consapevolezza della correlazione strettissima fra i Paesi sul piano delle dinamiche e dei processi economici. Molti italiani hanno preso coscienza del fatto che ciò che accade entro i confini di una nazione può produrre effetti concreti in Paesi anche molto lontani e che qualunque logica nazionalistica, a fronte dell’irreversibile globalizzazione dei fenomeni, non solo sul piano economico – pensiamo alla protesta dilagante degli indignados – risulta inefficace nell’affrontare le sfide degli Stati moderni. A tradurre nel concreto questa forte interdipendenza sono stati i mercati, termometro dell’andamento della crisi: «I mercati scendono, i mercati salgono, i mercati reagiscono con ottimismo o sono nervosi, i mercati hanno bisogno di fiducia». Quante volte abbiamo sentito queste espressioni negli ultimi mesi, magari dopo la dichiarazione di un leader o l’approvazione di misure anticrisi, o abbiamo osservato il crollo della borsa italiana trascinare con sé le borse europee e condizionare l’andamento dei mercati Usa e dell’Asia.

 

Oggi è ancora più chiaro che la scelta di badare al proprio orticello, se può rispondere nell’immediato a urgenze particolari, in verità risulta poco lungimirante mentre è necessario adottare una logica di sistema per individuare soluzioni strutturali con il coinvolgimento di tutti gli attori in campo. Il ripensamento dell’architettura economico-finanziaria europea, che impegna le maggiori istituzioni dell’Ue e i singoli Paesi d’Europa, muove in questa direzione. Ma un dato desideriamo infine evidenziare: la consapevolezza di questa interdipendenza ha sollecitato un maggior senso di responsabilità individuale verso il benessere collettivo, e gli italiani, per la maggior parte – dice il Censis – di fronte all’emergenza si sono detti pronti a sacrificare il proprio interesse per quello del Paese.

 

PAROLE NUOVE

Glossario anticrisi

 

La crisi economica globale ha introdotto nel lessico comune termini nuovi, prima “frequentati” solo da una ristretta cerchia di tecnici. Hanno fatto la comparsa parole come spread, bund, btp che, a dispetto della frequenza d’uso, in molti casi paiono ancora oscure. Per orientarci nella giungla delle sigle e comprendere meglio giornali e notiziari ecco allora un piccolo glossario della crisi.

 

Bund sono i titoli di Stato tedeschi, il corrispettivo dei Btp italiani (Buoni del Tesoro Poliennali).

 

Spread Protagonista delle cronache della crisi, è la differenza fra i rendimenti dei titoli tedeschi a dieci anni e quelli degli altri Paesi. Si tratta di un rilevatore importante perché il rendimento di un titolo di Stato indica il suo livello di rischio: quando è alto significa che è elevato il rischio che lo Stato non rimborsi il capitale alla scadenza. In quest’ottica, se lo spread tra Bund e Btp aumenta, significa che il rendimento del Btp cresce rispetto a quello del Bund e che il mercato percepisce il nostro titolo di stato come meno sicuro dell’equivalente tedesco.

 

Rating È un giudizio sull’affidabilità di un debitore. Rispetto alla crisi, indica la capacità di uno Stato di rimborsare a scadenza il debito contratto con chi ha investito nei propri titoli e ha maturato interessi. Il dato influenza le decisioni degli investitori e per questo le principali agenzie di rating – Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch – sono oggetto di critiche per il ruolo svolto nella crisi. Si pensa ad una riforma per limitarne l’influenza sui mercati.

 

Fsb Il Financial Stability Board è un forum che opera per promuovere la stabilità finanziaria internazionale, migliorare il funzionamento dei mercati e ridurre il rischio di crisi del sistema.

 

Bond È sinonimo di obbligazione: un titolo a reddito fisso che garantisce il capitale iniziale più gli interessi.

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