Covid 19, i cinesi e l’Occidente

Pandemia da Covid 19 e la Cina. Alcune considerazioni sull’approccio culturale cinese alla pandemia di Coronavirus alla luce della recente conferenza promossa dal Pime sulla Cina.  L'autore di questo articolo  vive in Estremo Oriente da oltre 30 anni
AP Photo/Ng Han Guan

Il contagio su scala mondiale del Covid 19 ha portato con se antichi pregiudizi nei confronti della Cina e dei cinesi. I bambini ci insegnano che quando, in un litigio, uno di loro perde, lo si sente spesso dire: “Sei brutto e cattivo”. Il modo debole e sbrigativo per denigrare il vincente di fronte agli altri è farlo apparire cattivo e meschino. Anche in politica accade talvolta una cosa simile: molti di noi hanno spesso contribuito, in vari modi, all’affermarsi di un diffuso sentimento anti-cinese, salvo accogliere di buon grado le centinaia di migliaia di turisti provenienti dal grande paese asiatico.

Oggi, in piena pandemia daCovid 19, l’Occidente si ritrova sempre più povero, ricco magari di F-35 ma povero di industrie per produrre mascherine e apparecchiature medicali, giusto per fare due esempi. Soprattutto, manteniamo con un certo orgoglio un ampio primato del litigio anche in tempo di emergenza sanitaria, dando uno spettacolo che appare sconcertante ai cinesi e più in generale agli asiatici. La stampa asiatica riflette spesso un interrogativo condiviso dalla gente: non si capisce come sia possibile che “gli stranieri” (cioè noi) non riescano a trovarsi d’accordo neppure di fronte alla morte di migliaia di persone. E, soprattuto, come sia possibile continuare a sostenere che i diritti del singolo valgono più di quelli di un’intera collettività.

In Asia, dove vivo da molti anni, questo è incomprensibile, perchè qui il singolo vale in quanto parte di un clan, di una famiglia, di un popolo, che insieme progredisce o insieme perisce.

Questo è uno dei principi più diffusi e condivisi nel mondo asiatico, frutto di una grande cultura millenaria che unisce tutti soprattutto nei momenti di grande crisi.

Niente di più pericoloso di cadere nella trappola dell’antitesi tipicamente occidentale: i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Come ebbe a ricordare Papa Francesco in visita al Congresso Usa nel settembre 2015, separare il mondo in due poli, buoni e cattivi, su sponde diverse, è un grave errore che divide il mondo. Rimando alla lettura di questo discorso di papa Francesco, che all’epoca fu tacciato in certi ambienti (cristiani, anche cattolici) di essere anti-capitalista e anti-liberale.

La base dell’innegabile successo della politica economica internazionale della Cina affonda le sue radici in una cultura antica di 5 mila anni: l’unità del popolo è il segreto del successo nelle battaglie della storia e la spiegazione del presente. I cinesi, con la loro storia, ci insegnano il valore della sofferenza per un bene comune più grande, come avvenne per esempio nella famosa “lunga marcia” dell’Armata Rossa, 300 mila uomini, che per 370 giorni (dal 16 Ottobre 1934 all 22 Ottobre 1935) percorsero circa 9 mila chilometri. Tale marcia portò l’esercito di Mao Zedong e Zhou Enlai ad eludere l’accerchiamento dalle truppe del Kuomingtang e a porsi in salvo. Un dolore, una sofferenza comune, che segnò la nascita dell’attuale Cina e che rimane nella memoria storica del popolo cinese ancora oggi.

C’è poi un esempio recente, ed è quello di Wuhan. Le immagini di una città di 11 milioni di persone che in 48 ore si ferma e si chiude compleatemente per un lockdown assoluto che il mondo, fino a quel momento, non credeva possibile. Strade completamente deserte e la gente che, dopo giorni di chiusura, cantava dalle finestre dei palazzi, ci hanno insegnato cosa significhi un popolo profondamente unito. Come hanno poi suscitato grande stupore, nell’agosto scorso, le foto di una piscina comunale dalla stessa Wuhan con 15 mila persone, tutte insieme, per festeggiare la fine della pandemia a solo 7 mesi da quel primo lockdown, e senza le ricadute profetizzate dai media occidentali.

Forse oggi l’Occidente più che concentrarsi sulla colpa della pandemia attribuita al governo cinese (anche se fosse vero), dovrebbe riflettere sul perchè la Cina sia già di nuovo, in questo momento, il motore trainante dell’economia del pianeta.

Come recita un antico proverbio cinese: “Sotto il cielo siamo tutti un’unica famiglia”. È l’unità il valore di un popolo, e un miliardo e 400 milioni di persone dimostrano che questa coesione è possibile. Noi sottolineamo il giogo del regime, i cinesi l’unità del popolo. Non mancano certo i problemi nè a loro nè a noi, e la libertà è un orizzonte mai raggiunto e sempre da conquistare, sia per loro che per noi.

La Cina ha firmato l’8 ottobre un protocollo ufficiale, insieme a 156 paesi, per la distribuzione di un vaccino che sarà “un bene comune, patrimonio dell’umanità e fornito principalmente ai Paesi in via di sviluppo”. Russia e USA sono tutt’oggi assenti da questo accordo, che si è posto sotto la tutela dell’ Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità.

La Cina, in questi ultimi 30 anni, ha investito molto nella produzione industriale, basta considerare da dove arrivino molti nostri computer e cellulari, ma anche di apparecchi medicali, la nuova forza trainante dell’economia cinese che sta portando a livelli incredibili il Pil del dragone asiatico in questo momento drammatico per le economie del resto del mondo. Respiratori e sofisticate attrezzature di laboratorio sono in pronta consegna in tutto il mondo. E queste fabbriche non sono nate con il Covid-19, ma sono state impiantate da decenni.

A luglio è iniziato in Cina il programma di vaccinazione anti-coronavirus (già somministrato ad alcune centinaia di migliaia di persone) e il vaccino sembra funzionare davvero e la produzione su grande scala è già iniziata.

 

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