Cottolengo, un albero tanti rami

Dal 20 al 22 aprile a Torino, presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza, si sono radunati i rappresentati di vari istituti religiosi, ispirati dal carisma del Cottolengo. Dal blog di Fabio Ciardi, omi, direttore di Unità e Carismi, uno dei relatori invitati al convegno. I link dei video su Youtube
Cottolengo

Il Cottolengo ispiratore di carismi

Da Brescia a Torino per partecipare ad un indovinato convegno indetto in occasione dei 200 anni dell’ordinazione sacerdotale di san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Torno ancora una volta nella «Piccola casa», dove ho studiato per quattro anni. La “Piccola casa” è ormai una grande città nella città di Torino.
 
Titolo del convegno: «Un albero, tanti rami: il Cottolengo ispiratore di esperienze evangeliche e famiglie religiose». È un incontro di «famiglia allargata», come si afferma all’inizio. Sono infatti qui radunati, per tre giorni di lavoro, non soltanto i tre istituti fondati dal Cottolengo – i padri, le religiose, i fratelli -, ma anche gli istituti i cui fondatori si sono ispirati al Cottolengo: le due congregazioni di san Luigi Guanella, le due di san Giovanni Calabria, le due di san Luigi Orione, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, l’Istituto dei Verbo Incarnato, la Congrégation de Servidoras de Jesús del Cottolengo, la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, the Little Servants of the Divine Providence.
 
San Giuseppe Cottolengo si era ispirato a san Vincenzo di Paoli, san Filippo Neri, san Francesco d’Assisi e a sua volta, lui che si definiva «manovale, balordo, ciabattino», ha ispirato tanti altri santi. Come meglio si potrebbe illustrare la realtà della comunione dei santi e dai carismi? Ogni carisma è illuminato da altri carismi e altri ne illumina.
 
L’albero non è, come potrebbe apparire da una prima lettura del titolo, Giuseppe Benedetto Cottolengo, ma Gesù stesso; da lui si diramano tutti i rami, Cottolengo compreso.
 
Anima e motore del convegno è Carmine Arice, infaticabile organizzatore, con una grande capacità di intessere rapporti. Da anni sta portando avanti lo studio e la riflessione sul carisma e la spiritualità del Cottolengo, coinvolgendo tutti i membri della «Piccola casa», promuovendo convegni, seminari, gruppi di lavoro. Questa volta vuole contestualizzare il Fondatore nel più ampio orizzonte carismatico della Chiesa.
 
Nella sala, a vivere l’evento del convegno, circa trecento persone. Incontro anche miei antichi alunni, alcuni di una trentina d’anni fa! Perché tante persone, di tante famiglie religiose? Perché la comunione tra tutti questi fondatori che ruotano attorno al Cottolengo vuole continuare tra i loro figli e figlie. Si tratta di un convegno storico, ma di una storia che continua nell’oggi.
 
La principale relazione di oggi è affidata al prof. Stefano Zamagni: I carismi della carità nella storia. Risponde alla domanda sulle concezioni della carità nelle nostre società, in particolare dell’Occidente avanzato, nel corso dei secoli. Illustra le due prevalenti che si sono alternate.
 
La prima ritiene che il cammino della storia sia tracciato dai potenti e dai poteri costituiti: la spada e il denaro. In questa concezione si riconosce la presenza di eccezioni, date da persone che per scelta libera creano le opere della carità, ma esse sono viste come «addittive», si aggiungono alle altre, sono lodate, aiutate, ma non devono alterare, contagiare o disturbare le organizzazioni vere e proprie.
 
L’altra concezione riconosce alle opere di carità il dovere di contaminare le altre forme di economia, la politica, alla cultura, in modo che questi altri mondi siano vivificati dalla carità.
 
Il professore illustra la sua tesi con un veloce interessantissimo excursus storico, per poi indicare l’apporto che oggi la “carità” può offrire alla nostra società: condivisione, reciprocità, per-dono.
 
La seconda relazione è affidata a me. Le solite cose… e altro!

[Padre Fabio ha letto il n. 11 di Mutuae relationes, commentando quattro verbi: «Un'esperienza dello Spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita». Una splendida relazione nella quale, tra l’altro si è sottolineato l’importanza di “raccontare” e “raccontarsi” il carisma e l’esperienza vissuta, per una comprensione sempre più profonda e un dono sempre più attuale, nell’oggi, Ndr].

Il Cottolengo profezia di una socialità nuova
 
La «Piccola casa della divina Provvidenza» si è svegliata questa mattina al sorgere di un sole splendente che nel cielo limpido fa brillare le alpi innevate che abbracciano la città di Torino.
 
Il convegno, nella mattinata, entra nel merito del tema. Lino Piano, padre generale della Piccola Casa, «racconta» il carisma e la spiritualità di san Giuseppe Cottolengo, di cui è il 15° successore. Da profondo studioso, che tra l’altro ha pubblicato le fonti, ci aiuta a cogliere la «parola» e il messaggio che lo Spirito Santo ha affidato al Cottolengo per la Chiesa.
 
Come tanti altri santi della carità il Cottolengo era un uomo dell’azione e non della riflessione, che parlava con i fatti più che con gli scritti. Eppure sono rimaste alcune parole chiave e detti famosi che continuano a ispirare i suoi discepoli. Nella formula dei voti del 1834 definisce ad esempio la suore di vita attiva: «fedele serva dei poveri». Nella vita contemplativa nella Regola n. 30 per i suoi eremiti invita: «Mente e cuore devono essere occupati da Dio e da cose spettanti la vita dell’anima».
 
O ancora: «La preghiera è il primo e più importante lavoro della Piccola casa», «Presenza di Dio», «Provvidenza», «Carità, carità», «i poveri»…
 
Significative anche le sintesi dei contemporanei o nei documenti pontifici: si ricordano i suoi «monumenti della carità»; si afferma che le sue opere mostrano la «veridicità dell’amore di Dio»…
 
Vi sono anche parole evangeliche particolarmente care al Cottolengo che ha incarnato con fede carismatica: «Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta». Non mancano tanti altri aspetti come il senso della  vita contemplativa, l’anelito crescente alla santità, il senso del distacco da tutto…
 
La chiave di comprensione del Cottolengo rimane però l’esperienza del 2 settembre 1827, quando si trovò davanti a una famiglia che vedeva morire tragicamente la mamma perché nessun ospedale volle accoglierla. Lì, nella condivisione di quel dolore, avvertì la chiamata a esprimere in modo nuovo l’amore di Dio per i poveri: «L’amore di Cristo ci spinge…», nell’abbandono fiducioso alla divina Provvidenza. Questa parola paolina, interpretata in un modo particolarmente concreto, tutto personale, è proprio il cuore del messaggio del Cottolengo.
 
Suor Elda Pezzuto, vicaria generale delle suore del Cottolengo, racconta il percorso del carisma del Cottolengo in questi 180 anni. Sr. Elda che ha fatto la sua tesi sul Cottolengo proprio con me al Claretianum (qui nella famiglia del Cottolengo ho la gioia di incontrare 4 suore e 2 fratelli tra i miei studenti di una volta).
 
Il Cottolengo, spiega la suora, si è immedesimato con la sua opera, si è identificato con essa al punto che oggi quando si dice «il Cottolengo» si pensa più alle case sparse nel mondo dove la carità diventa vita, che non alla persona di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, dimostrazione che il carisma è un’esperienza condivisa, è vita che si diffonde e che ha saputo ed è ancora capace di coinvolgere migliaia e migliaia di persone, soprattutto donne, «sintonizzate» con il suo progetto caritativo evangelico, in vita contemplativa e apostolica.
 
«La nostra Regola – afferma ancora la suora – è la Piccola casa!». La regola, piuttosto che in uno scritto, il fondatore l’ha lasciata in un’opera. Guardando ad essa si comprende il senso di una vita e il modo di vivere il Vangelo. La Piccola casa racchiude e custodisce l’ispirazione carismatica.
 
Il racconto dei 180 anni si articola in quattro percorsi:
– la fecondità del carisma del Cottolengo nella Chiesa e per la Chiesa
– la diffusione storico-geografica
– la fedeltà al carisma, al primato di Dio, alla carità, alla comunione evangelica
– il costante sviluppo in aderenza ai tempi e alla vita della Chiesa.
 
Nel pomeriggio «fuochi d’artificio»: dai molti istituti che si sono ispirati al Cottolengo la testimonianza di quanto ha prodotto la medesima linfa della carità nella sua straordinaria creatività. La comunione dei carismi, in questo caso è favorita in maniera straordinaria.
 
Una suora anzianissima, mi ferma e con voce tremante mi ringrazia per l’intervento di ieri e mi esprime il suo assenso: «Con il nostro sì a Dio, come quello dei nostri fondatori, possiamo davvero farci santi». Un’altra, di mezza età, mi avvicina per dirmi: «Da 45 anni lavoro con gli handicappati. Ho dato tantissimo, ma anche loro mi hanno dato tantissimo, proprio nella reciprocità. Vivendo con loro mi sono passate tutte le paure. Loro mi hanno fatto donna».
 
Il saluto che riecheggia costantemente in questa città della carità è «Deo gratias». Lo senti ripete da ogni persona che incontri, è il buon giorno, la buona sera, la buona notte, il grazie, il prego… È la testimonianza di una grande fede, che vede tutto proveniente dalle mani di Dio, tutto espressione del suo amore, senza distinzione tra gioie e dolori. È così che la «Piccola casa» è luogo del sorriso, non del dolore. Profezia di una socialità nuova, evangelica.

La Piccola casa della divina Provvidenza
 
La «Piccola Casa della divina Provvidenza» si è svegliata questa mattina… Si è semplicemente svegliata, e il miracolo si ripete ancora una volta, come ogni mattina, da 180 anni; un miracolo sempre nuovo della Provvidenza, una testimonianza dell’amore di Dio.
 
La «Piccola casa» di Torino non è poi così piccola: 450 ospiti, ossia persone che vivono qui stabilmente, che hanno qui la loro casa, divisi in famiglie per tipologie di situazione e di vita – persone con disabilità mentali, fisiche, anziani… –, un ospedale con 200 posti letto, una mensa per i poveri che sforna centinaia di parti al giorno, una scuola per ragazzi che vivono in situazioni di emarginazione, un monastero di clausura, una comunità dei sacerdoti, una di fratelli, una di 600 suore, più di mille persone che servono nella sanità e nell’assistenza…
 
Giuseppe Benedetto Cottolengo l’aveva predetto, come fu testimoniato al processo di beatificazione: «aveva un fermo presentimento che la Piccola Casa come opera di Dio dovesse crescere e dilatarsi e tratto tratto lo manifestava. Io mi ricordo particolarmente che un giorno mi disse che la Piccola Casa si sarebbe dilatata a segno di capire anche tre mila persone; che doveva essere come l'arca di Noè, per comprendere ogni sorta di miserie umane; che forse egli non sarebbe più stato in vita, ma che quelle Suore le quali allora partivano per gli stabilimenti, fattesi vecchie e curve nella persona e col bastone in mano ritornando poi alla Piccola Casa avrebbero avuto a far le meraviglie nel vederne lo sviluppo».
 
Una casa, quella di Torino, che ha una ottantina di succursali in tante parti d’Italia, India, Ecuador, Kenia, Tanzania, Florida…
 
Ieri sera, dopo cena, spettacolo teatrale sul Cottolengo. Una compagnia di giovani, dopo essersi preparata su scritti e vita del santo, ha redatto il testo teatrale, ha preparato le musiche e li ha rappresentati. Hanno fatto rivivere il Cottolengo e hanno mostrato il suo volto di oggi. Un modo intelligente per «raccontare» il carisma.
 
Il terzo giorno di convegno vede oggi la presenza del Prefetto della Congregazione per la vita consacrata, il cardinale João Braz de Aviz. Ieri avevamo avuto tra noi l’arcivescovo di Torino e l’altro ieri il vescovo di Pinerolo, incaricato della vita religiosa in Piemonte. Il cardinale presenta il valore dei carismi nella loro coessenzialità, nell’armonia della comunione ecclesiale, nella loro dimensione trinitaria, il contributo che sono chiamati a dare alla Chiesa.
 
A me il compito di concludere proponendo una sintesi del convegno, o meglio per far emergere le linee e le piste per l’ulteriore approfondimento e per dare continuità all’evento, soprattutto al rapporto tra tutti gli istituti ispirati al Cottolengo.
 
Qua è tutto un inno alla Provvidenza, che si sviluppa però in modo non lineare e uniforme, ma attraverso mutamenti spesso inattesi e imprevedibili, come scriveva lo stesso Cottolengo: «La Divina Provvidenza nelle sue opere non si serve di continui miracoli, ma per lo più adopera mezzi umani, e si compiace… nelle sue imprese di prevenire il pensiero dell’uomo, si può quasi dire… dal principiare come dal nulla e progredire nel molto… ed i vari rami delle sue produzioni, che ha stabiliti nell’Altissima sua sapienza, non li svela all’uomo che passo passo, e nell’atto stesso, per così dire, che vuole che si compiano…». Così faceva Dio… e così fa adesso.

La relazione di Fabio Ciardi su Youtube

1. http://www.youtube.com/watch?v=d6Sw8g5KvIQ
2. http://www.youtube.com/watch?v=opACjchsKNY
3. http://www.youtube.com/watch?v=56qk0y5sA8M
4. http://www.youtube.com/watch?v=jr40olNuBC4
5. http://www.youtube.com/watch?v=NhIMyzqFFAc
6. http://www.youtube.com/watch?v=dYLBMIfhGHA
7. http://www.youtube.com/watch?v=syJu2i8mICE
8. http://www.youtube.com/watch?v=JlgSsd1aahg
9. http://www.youtube.com/watch?v=oWlS5Nfyjlk
10. http://www.youtube.com/watch?v=O4pP339pkNc

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