Cornigliano: torna la paura tra gli operai

Il sequestro dei magistrati getta nello sconforto anche la sede ligure dell'azienda siderurgica
ilva cornigliano

Dimesso il consiglio di amministrazionedell'Ilva, dopo la decisione dei magistrati di Taranto di sequestrare beni mobili e immobili e disponibilità economiche per 8,1 miliardi di euro nei confronti della famiglia Riva, a Genova torna la paura, per il rischio di stop delle attività, diventa più serio. La notizia nel capoluogo ligure pone immediatamente mille interrogativi. Come, chi, gestirà il gruppo? La domanda non vale solo per Taranto, ma per tutti gli stabilimenti, a cominciare da Genova. «Il governo deve dirci ciò che vuole fare – dice seccato il segretario della Uilm Antonio Apa. Qui è in discussione l'assetto produttivo dell'intera siderurgia e da questo punto di vista destano preoccupazioni le voci di possibili dismissioni nello stabilimento di Cornigliano. Se così fosse, sarebbe rimesso in discussione l'intero accordo di programma. Bisogna intervenire subito e vigilare affinché questo non avvenga».

La siderurgia per Genova rappresenta un grosso polo occupazionale. Tutta l’attenzione del mondo imprenditoriale guarda a questa azienda e più in generale alla siderurgia in Italia che nell’Ilva concentra il maggior numero di imprese. «Il punto di partenza di ogni riflessione è che l'acciaio è un'industria strategica di questo Paese  –  commenta il segretario della Camera del Lavoro di GenovaIvano Bosco  –  Da tempo denunciamo il fatto della mancanza di una politica industriale in questo Paese. Ora è il momento di dimostrare che si vogliono compiere scelte precise, partendo appunto dalla difesa dell'acciaio. Non è in gioco solo il futuro di quarantamila addetti, tema già questo eclatante, quanto il ruolo che questo Paese vuole continuare a giocare sulla scena internazionale. Se siamo in una fase d'emergenza, allora non è sbagliato pensare anche a un intervento diretto dello Stato, anche se in fase provvisoria».

Secondo  Mario Tullo, capogruppo Pd in commissione Trasporti della Camera. «Dobbiamo avere certezze che l'attività non si fermi  –  spiega  –  e se questo vuol dire passare anche da un periodo di nazionalizzazione, non mi scandalizzerei». Tullo è confortato dal fatto che il premier Letta già domani affronterà in prima persona il dossier acciaio. Il quadro è talmente grave e preoccupante che non c'è un attimo da perdere  «Bisogna dare una risposta certa a un interrogativo altrettanto chiaro: vogliamo ancora fare acciaio in questo Paese? – continua. Io dico sì e quindi invito a intervenire per risolvere sia il problema occupazionale che quello industriale. Nessuno deve restare in mezzo alla strada».

Su quale tipo di attività sviluppare all'interno dell'area Ilva di Cornigliano, che ha una superficie di oltre di un milione di metri quadri, nessuno pare abbia dubbi. Il futuro deve ancora essere produttivo, ma se l'attività industriale si riducesse allora bisognerà cercare e creare alternative possibilmente ancora ancora industriali, o almeno legate ai servizi e quindi all'attività portuale. «La verità è che l'area di Cornigliano rappresenta un grande buco nero dentro al piano regolatore portuale – dice il presidente dell'authority Luigi Merlo –  Non essendo aree che rientrano nel nostro regime, possiamo solo ribadire la volontà di confrontarci con l'impresa sui temi della logistica portuale e aeroportuale. Non c'è alcun dubbio che la produzione industriale sia e resti fondamentale per il nostro territorio, ma a mio avviso si potrebbero creare operazioni di joint venture molto importanti, tenuto conto dell'interesse già manifestato da grandi gruppi. E comunque, anche in fase transitoria, per non interrompere un'attività strategica per il Paese quale quella siderurgica, si può anche ipotizzare un intervento diretto dello Stato».

 

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