Concerti romani

Beethoven a Santa Cecilia e Mozart al Teatro dell’Opera

Sarà che Chung è coreano ed ha in sé il senso meditativo innato, sarà che l’orchestra di Santa Cecilia ha raggiunto un livello invidiabile, anche di intesa con il direttore, il fatto è che raramente si è potuto assistere in una sala gremitissima ad una esecuzione-interpretazione tanto luminosa e pacificante della”Pastorale”.

Composta da Ludwig a 38 anni insieme alla Quinta – il maestro era capace di lavorare nello stesso tempo ad opere diametralmente opposte – la Sesta Sinfonia è stata “vissuta” da Chung con tempi non rigidi, tra straordinari crescendo e diminuendo come pensieri luminosi, un sentimento della natura come Tutto.

Sin dal primo tempo è un insieme non stancante di sensazioni, rumori, odori. Nel secondo, la scena presso il ruscello vede un Beethoven ascoltare – che è molto più che udire – la natura che Chung rende con un suono ampio, cullante al modo giusto, naturale, insomma.

Invidiabile per leggerezza e poi catastrofe universale il terzo movimento del temporale, e qui la mano di Chung ruota, propone e impone un suono gravido e pauroso. Poi, tutto passa, una melodia ”religiosa” incantata fluisce con le variazioni in un inno del creato ricomposto in armonia. La bellezza del concerto sta nel fatto che Chung e l’orchestra trasportano la scena campestre dall’idillio a parola universale della Natura con mano leggera anche nei “fortissimi”, come succede quando tra direttore e orchestra c’è perfetta sintonia, cosa che entusiasma il pubblico.

Mozart secondo Micheletto al Teatro dell’Opera

È un musical speciale il Flauto magico? Sembrerebbe di sì, osservando la regia di Damiano Micheletto ripresa da Andrea Bernard (con libertà?)che inscena la favola prima in una scuola – banchi sedie tavolo lavagna bidello…. – , poi in una foresta dove si completa l’educazione degli studenti eterni adolescenti Tamino, Pamina, anche dello svogliato Papageno, stando bene attenti al preside Sarastro e alla perfida professoressa Regina della notte. Una scuola rumorosa, dinamica, saltellante.
La colonna sonora diretta dal giovane Michele Spotti, con tanto impegno, cerca anche di dare spazio ai cantanti, alle arie, alla musica insomma. Fa fatica talora, anche l’orchestra, ma non molla, come non molla il cast, che è buono e disinvolto.

Lo spettacolo, piuttosto affollato in genere, è assicurato e a molti piace. Anche se ci sono dei momenti che la regia avrebbe potuto evitare come ad esempio l’urlo all’incontro finale Papageno -Papagena che ha dissolto l’incanto zampillante dei violini. Sarà per la prossima volta, si spera. E forse lo spera anche Mozart?

 

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