Con occhi di bambino

Il favoloso mondo di Mariateresa Franza, nostra collaboratrice per "Fantasilandia".
Con occhi di bambino

«La piccola Cecilia si domandava spesso perché quel suo vecchio amico si comportasse a volte in un modo così bizzarro…». Inizia così Cecilia e Ninetto, la favola con cui, nell’ottobre 2002, Mariateresa Franza ha iniziato la sua collaborazione con Città nuova per la rubrica “Fantasilandia”.

Capitato a Nocera Inferiore, la città campana dove lei è nata e vive attualmente, mi viene spontaneo cercar di conoscere cosa c’è dietro i suoi racconti, molto apprezzati da un pubblico non solo infantile, assieme agli altri che si alternano su “Fantasilandia”.

 

Mariateresa, come è nata in te questa passione per la narrativa?

«Fin dagli anni del liceo ho coltivato, insieme al disegno e alla pittura, la propensione ad esprimermi attraverso la scrittura. Oltre a brevi testi narrativi, componevo anche poesie che non dispiacevano al mio professore d’italiano: a sentir lui, rispecchiavano “il mio spirito ribelle”, ma nel senso buono. Si riferiva al fatto che in classe a volte cercavo di comportarmi controcorrente, per essere coerente agli ideali dei Focolari che avevo assorbito fin da bambina a casa.

«In seguito ho fatto studi di letteratura, con una laurea all’università di Salerno in letteratura e dottorato in anglistica. Adesso mi occupo di ricerca e insegno lingua inglese. Mi piace tantissimo lavorare con i bambini e sono convinta che loro abbiano qualcosa da insegnare agli adulti.

«Avevo scritto anche delle favole, ma mai le avevo fatte leggere, pensando che non potessero interessare. Solo per l’incoraggiamento di una carissima amica ne ho proposte un paio a Città nuova: la sorpresa di quando me le hanno pubblicate! Data da allora la mia collaborazione con la rivista».

 

Perché le  favole?

«Sono un modo di osservare il mondo con gli occhi di un bambino, e quindi di recuperare una dimensione di innocenza, di purezza, anche di saggezza (a volte i bambini ci stupiscono per le loro risposte sapienti). Quindi un modo per interpretare da un altro punto di vista la realtà che ci circonda, per leggere con occhi diversi anche ciò che appare meno bello e piacevole.

«Per me la dimensione poetica è essenziale nella vita, è un aiuto anche a sopravvivere. La poesia fa scoprire la bellezza là dove uno meno se l’aspetta o non la riconosce».

 

E lo spunto per iniziare a scrivere?

«Mi può venire da qualsiasi cosa, anche da un episodio semplice o buffo: inizio da lì, ma senza un piano preciso. La storia si compone a poco a poco; a volte sono i personaggi stessi che mi prendono la mano, portandomi dove vogliono.

«Per esempio tempo fa ho fatto la conoscenza con Guglielmina, una anziana lettrice di Città nuova, che mi ha confidato: “Sai, quando da piccola mio padre mi leggeva delle storie, avrei sempre voluto che qualcuno me ne dedicasse una…”. Così, per farla contenta, è nata la favola Guglielmina e la panchina. Questa signora ha poi rintracciato il mio numero telefonico e mi ha voluto ringraziare. Per me è stato come se mi avesse chiamato il personaggio stesso della mia favola!».

 

Quando scrivi una favola, pensi già al bambino che la leggerà?

«A dire il vero cerco di farmi piuttosto io bambina. Bambina curiosa di osservare cose alle quali magari non ci si fa caso, meno appariscenti, che però hanno una loro bellezza, come l’erbetta che nasce tra le pietre: un piccolo miracolo! Penso che per riuscire a scrivere qualcosa di valido sia importante non perdere mai la capacità di stupirsi. Io valorizzo queste piccole cose e non penso tanto a chi leggerà, quanto a trasmettere il mio mondo interiore, che si traduce poi nell’autenticità dei rapporti umani. Per cui spesso mi capita di scrivere sull’amicizia tra bambini, e tra loro e gli adulti. È incoraggiante poi sapere che alcuni insegnanti e catechisti si servono di queste storie nel loro compito; ma non solo le mie, anche le altre della rubrica “Fantasilandia”».

 

So anche che collabori ad un Centro socioculturale intitolato a Igino Giordani, qui a Nocera.

«Esiste dal 2001, grazie al vescovo di Nocera, mons. Gioacchino Iliano, che ha messo a disposizione alcuni ambienti della curia dove abbiamo creato anche una biblioteca. Io e qualcun altro collaboriamo a far fiorire attività culturali di vario genere. Le forze non sono tante, ma crediamo molto in questa iniziativa intesa a promuovere anche nella nostra città, ricca di realtà associative interessanti ma spesso poco conosciute, una cultura del dialogo e della pace.

«Tra le iniziative proposte di recente, la prima edizione del concorso “Fiabamica… l’amicizia è”, rivolto alle scuole elementari della provincia di Salerno, con l’intento di aprire i cuori e le menti dei bambini attraverso la lettura in classe di alcune fiabe – una selezione di quelle pubblicate nella rubrica “Fantasilandia”, raccolte in un colorato opuscolo – e la loro trasposizione in illustrazione. Sono pervenuti al centro più di duecento lavori, scelti da un’apposita commissione che ha valutato non tanto il grado di abilità artistica dei bambini, quanto la loro creatività e soprattutto la loro capacità di recepire il messaggio sotteso alle fiabe considerate: e cioè la dimensione dell’amicizia in senso lato (tra gli uomini, tra le generazioni, tra l’uomo e la natura, tra gli animali e le cose).

«Dai risultati, sono apparse sorprendenti la sensibilità e la creatività genuine dimostrate dai bambini. È stata un’iniziativa riuscita, che vogliamo ripetere. Per me personalmente è stato meraviglioso vedere come i bambini abbiano saputo trasporre in disegno una delle mie storie. La loro fantasia mi stupisce continuamente. Spero di non dimenticare mai di essere stata bambina anch’io, come mi ammonisce da sempre il Piccolo Principe».

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