Comprendere senza giudicare

Il celebre commissario Maigret, creatura della penna di Simenon, affascina ancora per la sua carica umana. 
Gino Cervi

Ha compiuto ottant’anni il primo romanzo di Maigret. Il commissario francese che per noi italiani (beh, noi italiani non più giovanissimi) ha un inconfondibile volto televisivo, quello di Gino Cervi. S’attendeva allora con impazienza la nuova puntata della serie Le inchieste del commissario Maigret. Si sprofondava nell’atmosfera delicatamente malinconica, carica di suspense, d’una intrigante Parigi in bianco e nero. Incollati al piccolo schermo si seguiva ogni mossa, parola e ronzio del pensiero del commissario dall’immancabile pipa in bocca. Che dopo aver lavorato tutto il giorno al caso da risolvere, tornava la sera nel suo appartamento parigino, posava il cappello, salutava la signora Maigret – nello sceneggiato la storica compagna d’arte di Cervi, Andreina Pagnani – e s’immergeva nell’ordinario d’una vita molto molto tranquilla. Fatta di pesca con la lenza, buona cucina innaffiata da buon vino e dal sempre presente calvados, sorseggiato con visibile piacere.

 

Maigret veniva dalla campagna, da un piccolo villaggio dove da bambino, nelle albe invernali, si svegliava al freddo e al buio per andare a fare il chierichetto alla prima messa. Per tutta la vita rimane un uomo semplice, arguto e un po’ burbero, che ritorna con piacere ai ricordi dell’infanzia, all’odore d’incenso e di legno della sacrestia, al profumo dei campi coltivati. Non c’erano effetti speciali e azioni mozzafiato, in quella serie televisiva. Ma il commissario riusciva a farci immergere in un mondo appassionante, quello interiore della sua mente, dominato da una regola fondamentale: «Comprendere e non giudicare». Il perché lo spiega il creatore di Maigret, lo scrittore belga Georges Simenon: «Umiliare qualcuno è il crimine peggiore di tutti».

 

Dotato di eccezionale acume psicologico, Maigret non segue le regole. Il suo istinto quasi infallibile, più che riflettere rumina sulle idee: è dotato di una rarissima dote, l’intelligenza del cuore. «In quasi tutte le sue inchieste – scrive Simenon – Maigret attraversa un periodo di incertezza durante il quale sembra ruminare. Aspetta il più a lungo possibile prima di formarsi un’opinione. Conserva il suo giudizio libero, fino al momento in cui un’evidenza si impone o il suo interlocutore non comincia a cedere».

 

Con il suo metodo singolare – fatto d’intuizioni, sensazioni, attenzione ai particolari, tenacia negli interrogatori, genuini scatti d’ira – Maigret, senza mai fare ricorso alla violenza, riesce a entrare nell’anima di coloro che commettono il crimine: quasi sempre prigionieri dei loro impulsi e passioni, provocano dolore agli altri e il più delle volte anche a loro stessi. «L’importante è conoscere l’ambiente in cui il delitto è stato commesso, il genere di vita, le abitudini, i costumi, le reazioni degli uomini che vi sono coinvolti, vittime, colpevoli o semplici testimoni. Entrare nel loro mondo senza stupirsi, tranquillamente, parlare con naturalezza il loro linguaggio».

 

Egli ama i criminali che sanno riconoscere il proprio torto e ne accettano le conseguenze. Per questo Simenon lo battezza «riparatore di destini». Perché Maigret, coinvolgendoci nelle sue indagini, ci porta a seguirlo nel suo percorso morale: capisce la fragilità umana, non la giustifica ma la comprende. Animato dal suo austero rigore, cerca in ogni situazione di salvare la dignità dell’uomo. Celebri le sue parole a un criminale: «Per me voi rimanete un essere umano. Non capite che è proprio questo che io cerco di far scaturire da voi: la piccola scintilla umana?».

 

Nel mondo di Maigret non tutto è perfetto, non tutto si risolve senza inciampi. Ma la sua solida fede nella giustizia, fede d’origine contadina, non viene scossa. Egli va avanti per la sua strada.

 

Da quando Simenon ha pubblicato il primo Maigret, Pietr-le-Letton, nel 1931, la sua dirompente capacità creativa lo ha portato a scrivere più di 500 romanzi e racconti, tra cui un centinaio della serie Maigret. Il successo è stato strepitoso, anche se negli ambienti letterari viene snobbato, catalogato come uno scrittore popolare. Ma il Nobel per la letteratura Andrè Gide, la pensava diversamente: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi».

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