Colei che mostra la via

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Come le altre Chiese orientali (l’armena, la copta, l’etiopica e la siro-ortodossa), la Chiesa ortodossa ha una ricca tradizione di preghiera a e con Maria. Caratteristica della teologia orientale è l’averla sempre collocata accanto al figlio suo. Tutto quello che lei fa avviene sulla base di un rapporto speciale con Dio, perché lei fu scelta per essere Madre di Gesù. Di solito le icone raffigurano Maria assieme al Cristo, suo salvatore e figlio. Un’icona della Theotokos – cioè di Maria Madre di Dio – con Gesù in braccio si chiama Odigitria, cioè “colei che mostra la via”; e la via è appunto Cristo, che lei indica con la sua mano. Il Concilio Vaticano II ha elogiato il culto liturgico delle Chiese orientali che “magnificano con splendidi inni Maria sempre vergine”; e, come Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno augurato, è bene che i cattolici valorizzino questo ricco patrimonio comune. Per conoscere quale risonanza abbia avuto per un ortodosso il recente impulso della Chiesa cattolica a conoscere di più Maria, abbiamo rivolto alcune domande all’arciprete Traian Valdman, parroco della Chiesa ortodossa rumena di Milano dal 1975. Decano delle comunità ortodosse rumene dell’Italia settentrionale e vicario eparchiale delle comunità ortodosse rumene d’Italia, è autore di numerosi studi e articoli, oltre che collaboratore alla Biblioteca Sanctorum Orientalium dell’Editrice Città Nuova e dell’Enciclopedia del cristianesimo della De Agostini. È noto per l’impegno ecumenico in Italia, ed è uno dei fondatori del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano (Cccm), di cui per un anno ha coperto il ruo- lo di vicepresidente e per due quello di presidente. Padre Valdman, potrebbe dirci un suo commento alla lettera apostolica “Il rosario della Vergine Maria”? “Dopo le precedenti lettere apostoliche a carattere teologico, ecclesiologico ed ecumenico, con la Rosarium Virginis Marie Giovanni Paolo II invita i ministri e i fedeli della Chiesa cattolica romana ad accordare attenzione anche alla dimensione spirituale della vita cristiana. Perciò propone di ricuperare il rosario che considera “preghiera così facile, e al tempo stesso così ricca” (n.43). Con tale proposta il papa intende “fronteggiare una certa crisi di questa preghiera” (n.4) e rispondere a “una nuova esigenza esigenza di spiritualità, sollecitata anche da influssi di altre religioni” (n.5). Dato per scontato che il rosario non fa parte della liturgia ufficiale, l’autore dell’enciclica precisa – con Paolo VI – che “questa preghiera non solo non si oppone alla liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la introduce e la riecheggia, consentendo di viverla con pienezza di partecipazione interiore” (n.4). Esso “non sostituisce (neanche) la lectio divina, al contrario la suppone e la promuove” (n.29)”. Il rosario, secondo lei, è uno strumento di meditazione spirituale? “Con questa preghiera che non fa parte della liturgia si risponde all’esortazione “pregate incessantemente”, si ricupera la spiritualità della preghiera continua. Leggiamo nella lettera Rosarium Virginis Mariae: “La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. Il cristiano chiamato alla preghiera in comune, nondimeno deve anche entrare nella sua stanza per pregare il Padre nel segreto (cf. Mt 6,6); anzi, deve pregare incessantemente come insegna l’Apostolo (cf. 1Ts. 5,17)” (n.13). “In quanto preghiera continua il rosario diventa preghiera meditativa che porta alla contemplazione. E contemplazione – dal greco theoria – significa, per il cristiano, vedere e conoscere Dio e unirsi a lui. Nella lettera apostolica si afferma che questa preghiera “offre un’ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale” (n.3). “Esso si colloca “nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana”, fatto che la rende “preghiera tipicatamente contemplativa” (n.15). È importante che si sottolinei che la contemplazione si rivolge al volto – direi all’icona – di Cristo, il quale apre al “mistero della vita trinitaria per sperimentare sempre nuovamente l’amore del Padre e godere della gioia dello Spirito Santo” (n.9)”. Quale rapporto le sembra esista tra contemplazione e testimonianza? “La contemplazione rende testimoni della vita con Cristo. Perciò non è senza significato per l’annuncio e l’evangelizzazione il fatto che il rosario scandisca i momenti più importanti della vita del Salvatore, con i cosiddetti “misteri”. Essi sono raggruppati in tre cicli: quello dell’infanzia, che riguarda l’annunciazione, l’incontro con Elisabetta, la nascita di Cristo, la presentazione al tempio, Gesù dodicenne nel tempio; il ciclo della vita pubblica – introdotto dall’attuale dall’attuale vescovo di Roma -: il battesimo al Giordano, l’autorivelazione alle nozze di Cana, l’annuncio del Regno di Dio, la Trasfigurazione, l’istituzione dell’eucarestia; e infine il ciclo dei misteri del dolore e della risurrezione e dell’ascensione, detti “della gloria” (n.20-23). È un’anamnesi che ricorda e attualizza la storia della salvezza alla quale si diventa spiritualmente partecipi come lo si diventa durante le feste dedicate a questi momenti della vita di Cristo. “Il papa insegna anche gli elementi che la compongono: l’enunciazione del mistero magari fissando un’icona che lo raffiguri, poiché le parole guidino l’anima a quel determinato momento della vita di Cristo (cf. n.29), la proclamazione di un passo biblico corrispondente, che va accolto “con la certezza che è Parola di Dio, pronunciata per l’oggi e ‘per me'” (n.30), l’osservazione di un momento di silenzio “uno dei segreti per la pratica della contemplazione” (n.31), la recita del “Padre nostro”, affinché dopo l’ascolto della Parola l’animo si innalzi verso il Padre (n.32), le dieci “Ave Maria”, preghiera il cui centro è il nome di Gesù. Dopo il “Gloria”, considerato “culmine della contemplazione” (n.34), si raccomanda “una preghiera volta ad ottenere i frutti specifici della meditazione di quel mistero” (n.35)”. Esiste una preghiera analoga all'”Ave Maria” nella Chiesa ortodossa? “Anche nella liturgia ortodossa esiste la preghiera “Ave Maria” che si canta di solito alle veglie, nella forma: “Ave, vergine Madre di Dio, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, perché hai generato il Salvatore delle nostre anime”. Nel Medioevo, nella Chiesa latina è stata aggiunta la seconda parte: “Santa Maria, madre di Dio prega per noi peccatori…” “. Nella Chiesa ortodossa vi sono delle preghiere e degli inni a Maria molto antichi e belli. Il grande inno “Akathistos” potrebbe in qualche modo essere visto come un equivalente del cattolico ripercorrere i misteri della vita di Gesù con Maria? “Maria, Madre del Figlio di Dio secondo la carne, gode da sempre di particolare venerazione nella Chiesa ortodossa. Dopo il Concilio ecumenico di Efeso (431), il quale ha proclamato che essa è Theotokos, cioè “genitrice di Dio”, tale venerazione ha prodotto molte preghiere e bellissimi inni. Una delle preghiere più suggestive è la seguente: “È veramente giusto chiamare beata te, o genitrice di Dio, che sei beatissima, tutta pura e Madre del nostro Dio. Te che sei più onorabile dei cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei serafini, te che senza ombra di corruzione hai partorito il Verbo di Dio, noi magnifichiamo quale vera Madre di Dio”. Sono molto profondi gli inni chiamati theotokion o dogmatiche del vespro, che sottolineano l’importanza del coinvolgimento di Maria nell’opera dell’incarnazione del Logos. “Nella lettera apostolica, il rosario, in quanto preghiera ripetitiva, viene paragonata alla “preghiera del cuore” o “preghiera di Gesù” della Chiesa orientale (cf. n.5), centrata sulle parole “Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abbi pietà di me peccatore” (cf. n.27). Ma in quanto preghiera che ricorda momenti principali della vita di Gesù, esso può essere paragonato all’Akathistos della Madre di Dio. “Il più noto è quello cantato solennemente nell’anno 626 dal patriarca Sergio di Costantinopoli, con il clero e il popolo di quella città, in una situazione di pericolo. Glorifica in 24 strofe il mistero dell’annunciazione e dell’incarnazione, che finiscono in modo alternativo con “Alleluia” e “Ave o sposa, sempre vergine”. È una preghiera mariana che sottolinea l’importanza di Maria, che viene rappresentata nell’iconografia come “colei che indica la via: Gesù”, come “orante” o come “Madonna della tenerezza”, che rappresenta l’umanità abbracciata da Dio per mezzo di Gesù Cristo”.

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