Cile, terra bruciata a Valparaiso

Da sabato scorso le zone alte della città sono devastate da violenti incendi. Una dozzina le vittime ufficiali, circa 2 mila le case distrutte in una città abituata ai grandi disastri. Ma non è tutto dovuto ad una fatalità
Cile

Il nome in lingua mapuche che alcuni storiografi assegnano alla zona dove poi è sorta Valparaiso pare una tragica premonizione: Alimapu, che significa terra bruciata. Ed il fuoco qui è passato implacabile. Solo lunedì pomeriggio, dopo due giorni di strenua lotta, è stato possibile, secondo le autorità, controllare le fiamme che hanno provocato una dozzina di morti (ma il numero potrebbe crescere) e divorato 2 mila abitazioni, lasciando senza casa circa 8 mila abitanti, in questo momento ricoverati in alloggi di fortuna, scuole, alberghi, camping.

Per la presidente del Cile Michelle Bachelet, alle prese per la seconda volta con una catastrofe a poco più di un mese dall’inizio del suo mandato – all’inizio del mese un terremoto ha scosso il Nord del Paese –, «si tratta del peggiore incendio nella storia di Valparaiso».

Infatti, questa città di quasi 300 mila abitanti, dichiarata nel 2003 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, sede del Parlamento e del secondo porto del Paese, non è nuova agli incendi e ai terremoti. Nel 1906 un sisma di grande intensità la devastò provocando 3 mila morti e 20 mila feriti. Più recentemente, nel 2008 e nel 2013, si sono verificati incendi soprattutto nelle zone più alte, dove ci sono molti prati e zone alberate.

Valparaiso è un anfiteatro naturale sul Pacifico, formato da 42 colline che scendono in modo scosceso fino alla costa. Gran parte dei suoi quartieri si inerpicano sui lati delle colline, sfidando l’accentuata pendenza, collegati alla zona bassa da una rete di caratteristiche funicolari. Lo sviluppo di numerosi rioni nelle zone più alte è avvenuto senza pianificazione e senza condizioni di sicurezza. I quartieri sono stati allacciati alle reti idriche ed elettriche, solcati spesso da strade sterrate. Per l’architetto e docente dell’Università cattolica, Iván Poduje, esiste una responsabilità delle autorità che non hanno previsto la facilità con la quale si possono verificare incendi, inondazioni e crolli delle costruzioni e non hanno investito nella prevenzione, in modo da impedire la propagazione del fuoco. Inoltre, segnala Poduje, nelle zone più scoscese, si è accumulata molta spazzatura che ha alimentato le fiamme. Il caldo, sebenne in questa parte del mondo sia iniziato l’autunno, si fa ancora sentire e i forti venti hanno fatto il resto alimentando la forza del fuoco.

«Avremmo preferito il terremoto – commenta sconsolata una mamma –, perché almeno qualcosa la salvi, il fuoco invece distrugge tutto». La Bachelet ha sospeso la sua visita ufficiale in Argentina, primo viaggio all’estero come presidente, per seguire da vicino l’emergenza: in queste ore è importante accompagnare il dolore di chi ha perso tutto.

Ora bisognerà pensare alla ricostruzione. Questa bella città, conosciuta per il suo patrimonio culturale e architettonico, dai colorati quartieri dai quali è possibile godere la vista dell’incantevole baia, sarà messa alla prova. Ma un po’ tutto il Cile è messo costantemente alla prova, abituato com’è a ricavare tutto da una natura che non regala proprio niente.

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