Cercando la terra promessa

Su sedici milioni di guatemaltechi, due milioni vivono all'estero. Non solo la povertà, ma anche la violenza spinge a cercare un futuro migliore lontano dalla propria patria
Guatemaltechi
Due milioni di guatemaltechi vivono all'estero, spesso in condizioni di illegalità. Un numero altissimo, considerando che gli abitanti del Paese sono 14 milioni. Ma perché si cerca fortuna all'estero? Secondo la "Pastorale dei migranti" non è solo la povertà a spingere ad abbandonare il Guatemala, ma anche e soprattutto la violenza. Infatti, insieme a Honduras ed El Salvador questo Paese centroamericano forma il triangolo col maggiore indice di delitti a livello mondiale. A Ciudad de Guatemala, la capitale, e nel suo hinterland, vige una specie di coprifuoco: a partire dalle sei del pomeriggio, quando comincia a far notte, la gente preferisce non uscire se non è necessario.

Lo Stato preferisce spendere in materia di sicurezza, anche se i risultati sono evidentemente dubbiosi. Esercito e polizia riceveranno secondo la spesa in bilancio dello Stato un 23 per cento in più di risorse, mentre la spesa per l'istruzione si ridurrà. Eppure appena il 17 per cento delle scuole superiori sono statali, il resto è in mano a privati, mentre viene destinato all'educazione il 3 per cento del Pil, quando servirebbe investire almeno il 7-8 per cento. E come l'educazione, anche la sicurezza è sempre più in mano ai privati: 60 mila vigilantes contro 40 mila effettivi dell'esercito e della polizia.
 

Con la metà della popolazione al di sotto della linea della povertà, mentre le bande di delinquenti fanno il bello e cattivo tempo esigendo il "pizzo" persino alle maestre della scuola del quartiere, cercare una speranza all'estero diventa un'opzione ragionevole. Anche se i rischi di finire male non sono pochi, magari abbandonati al proprio destino dai delinquenti che guadagnano sull'emigrazione illegale, il fenomeno è in crescita. Le autorità degli Stati Uniti hanni rimpatriato in Guatemala più di 27 mila cittadini nel corso di quest'anno ed altri 30 mila nel 2011, secondo dati della Casa del Migrante, istituzione della Chiesa cattolica. Padre Francisco Pellizzari, direttore dell'istituzione, sottolinea che emigrare non è solo un male: «È vero che è una disgrazia, ma è anche vero che si costruisce società. Le rimesse dei guatemaltechi all'estero permettono l'entrata di 4 miliardi di dollari l'anno nel Paese». Si tratta di valuta pregiata, principale entrata di questa piccola economia, superiore a quella generata dal turismo e dall'esportazione del caffé.
 

Il fenomeno dell'emigrazione abbraccia tutta la regione centroamericana, da dove si parte per cercare migliori opportunità. Meglio se negli Stati Uniti. L'alternativa è trovare la strada per uscire dalla povertà. Un cammino per niente facile: le disuguaglianze sociali ne sono il principale nemico insieme all'attuale crisi economica. Altrimenti non resta che emigrare. Una esperienza per niente facile, ma che ha contribuito a forgiare nazioni come gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina, l'Uruguay, il Brasile, l'Australia. Non bisognerebbe dimenticarlo.

 

 

 

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