Cent’anni di Brigidine

Quando la vocazione diventa impegno a costruire ponti tra il mondo protestante e quello cattolico. Sull'esempio della beata Elisabetta  Hesselblad
Hesselblad

Si è chiuso il triduo di celebrazioni per i primi cent’anni del rinnovato Ordine del SS. Salvatore e di Santa Brigida, con sede nell’antica casa della mistica svedese a Roma, in piazza Farnese. È stato preceduto da una giornata al Palazzo della Cancelleria con un convegno storico-ecclesiale-sociale ricco di spunti per l’attualità, moderato da mons. Dario Viganò, cui hanno partecipato i cardinali Brandmuller, Re, Amato, il vescovo luterano di Roma, e vari studiosi, oltre all’abbadessa madre Tekla Famiglietti.

 

Il fatto più significativo resta l’avventura della beata Elisabetta Hesselblad, morta nel 1957, che, svedese e luterana di formazione, dopo la conversione al cattolicesimo, sentì la spinta a lavorare per diventare un “ponte” fra il mondo protestante e quello cattolico. Una chiamata all’unità davvero particolare, nata cent’anni fa e che le brigidine – all’epoca scomparse ma poi rivitalizzate appunto grazie al carisma ecumenico della beata svedese – hanno riportato in vita, e diffuso ormai nei continenti.

 

Così la mistica svedese del secolo quattordicesimo – nobile, madre di otto figli, vedova, pellegrina e fondatrice – rimane con le sue “figlie” del secolo ventesimo ad operare per la piena riunione dei cristiani, da compatrona dell’Europa quale fu dichiarata da papa Wojtyla.

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