Cellulare e stili di vita

Quarant’anni fa la prima telefonata senza fili. Da allora una rivoluzione tecnologica e sociale che non accenna a fermarsi. Verso quale domani?
Ragazza col cellulare

Matteo è in Australia con Erasmus, il programma di scambio studenti tra università. Quasi ogni giorno telefona alla famiglia, naturalmente senza pagare una lira, grazie a Skype sul cellulare. Se finisce i soldi, i genitori possono ricaricare via Internet, in qualsiasi momento, la carta di credito che Matteo ha con sé. Con facilità, grazie a WhatsApp, un’applicazione che si può scaricare gratis sul telefonino, invia in tempo reale foto, messaggi e addirittura brevi filmati dai luoghi che visita.

La parola “gratis” è talmente entrata nell’immaginario della Rete, che l’esercito dei navigatori è in agitazione solo per la notizia che forse WhatsApp introdurrà una piccola somma da pagare ogni anno in abbonamento (meno di un euro!).

Il padre di Matteo ricorda invece il proprio viaggio in Russia 30 anni fa, oltre la cortina di ferro, senza cellulare né altri mezzi di comunicazione. Come faceva? Incoscienza, fiducia nei propri mezzi, gusto dell’avventura? Fatto sta che le famiglie facevano buon viso a cattivo gioco e i ragazzi imparavano a gestirsi la vita (se finivano i soldi, vendevano magari un paio di blue jeans scoloriti al mercato nero).

Il mondo è proprio cambiato. Quale madre non si attacca al cellulare per cercare di controllare gli spostamenti del figlio o della figlia? Occhio non vede cuore non duole, dicevano una volta. Adesso invece, con la possibilità di comunicare sempre, l’ansia in compenso è perenne.

Quando nel 1973 Martin Cooper, un ingegnere americano, effettuò la prima telefonata senza fili, con un pesante e ingombrante telefono satellitare sperimentale, non poteva certo immaginare la rivoluzione che stava per provocare nella vita delle persone. In questi mesi si parla ormai di cellulari “indossabili”, come orecchini o orologi.

Dopo aver integrato in un unico oggetto (capace di connettersi in mobilità) le funzioni di una miriade di strumenti (telefono, macchina fotografica, riproduttore di canzoni, registratore, computer, foglio di calcolo, diario personale, blocco note, cinepresa, archivio fotografico, posta, eccetera eccetera), il cellulare si avvia adesso ad integrarsi con l’uomo. A diventare parte di noi, sempre più indistinguibile, per il cervello, da una mano o da uno dei cinque sensi.

Come saremo e cosa comunicheremo tra altri quarant’anni? Nessuno lo sa. Sicuramente il cellulare, o i suoi derivati, saranno ancora essenziali, seppur forse mimetizzati e invisibili addosso o “dentro” il nostro corpo. Siccome saremo molto diversi da oggi, è difficile capire se da tutto questo ne ricaveremo un’evoluzione positiva o negativa della specie umana.

Le premesse non sembrano incoraggianti, almeno a guardare le sale di attesa di ambulatori e aeroporti, o gli scompartimenti dei treni. Come ha notato qualcuno, una volta le persone, almeno per ingannare il tempo, si mettevano a chiacchierare, si conoscevano e facevano comunità. Oggi è più comune vedere le persone sole con sé stesse, con lo sguardo fisso sul proprio cellulare, perse dentro le chat e gli scambi virtuali.

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