C’è un limite alla libertà di espressione?

Una riflessione sulla risposta data da papa Francesco ai giornalisti durante il volo verso Manila: «se un grande amico, mi dice una parolaccia contro mia mamma, gli arriva un pugno»
Il papa in volo con i giornalisti

Non ho letto nessun commento alle risposte del papa ai giornalisti sull’aereo in volo verso le Filippine. L’ho fatto di proposito. Non perché non pensi di non aver nulla da imparare, ma per non inquinare la spontaneità e l’immediatezza delle sue parole. Le domande sono state tante e interessantissime. Ma mi soffermo solo sul tema della libertà di religione.

Dopo i fiumi di parole dei giornalisti, politici, filosofi, teologi che ci hanno inondato a seguito dell’attentato contro Charlie Hebdo, la risposta di Francesco deve aver delusa non poca gente, anche fra i cattolici: i soliti benpensanti, come ai tempi di Gesù, ne abbiamo avuto anche recentemente la riprova. Francesco “parrocone”, che liquida il problema con una battuta. Vediamo. «Abbiamo l’obbligo di dire apertamente (la verità), avere questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentemente, ma se il dott. Gasbarri (responsabile dell’organizzazione dei viaggi papali, n.d.r.) grande amico, mi dice una parolaccia contro mia mamma, gli arriva un pugno!». Il pugno al dott.Gasbarri passerà alla storia accanto ai «pastori con l’ odore delle pecore» e alla «Chiesa come ospedale da campo».

Il problema consiste nell’intendere il linguaggio figurato di Francesco, che non si riduce a battute, ma si esprime per simboli. La nostra cultura occidentale erede dell’illuminismo crede solo a ciò che è frutto di ragionamento: ormai i simboli che ci parlano sono rimasti quelli stradali. Abbiamo tagliato in due l’uomo, esaltando la testa ed escludendo il cuore, l’immaginazione.

Francesco no. A una libertà di espressione senza limiti oppone un muro: la mamma. Con questa immagine smonta l’ideologia della libertà di stampa. Libertà sì, ma non ideologia. Al freddo razionalismo libertario oppone il cuore, che batte dove c’è l’amore, mentre il razionalismo resta prigioniero del cervello. «Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce», diceva un grande francese, Pascal, opponendosi a un altro grande francese, che diceva: «Penso, quindi esisto» (Descartes). Ma un’esistenza astratta e staccata dalla concretezza della vita.

Il papa non parla della mamma come fosse un esempio per farsi capire. Ho detto che è un simbolo, cioè essa è espressione dell’amore, del rapporto, dell’intimità che non si può toccare né ferire. Il papa con questo ha voluto affermare che ci sono spazi nella vita (come la religione) che hanno a che fare con quello che la mamma è per noi, con quanto abbiamo appreso dal suo latte. E vanno rispettati, pur senza violenza. Lo ha spiegato esplicitamente: «Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede (…). C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana».

Il "parroco" Bergoglio si è poi addentrato in una riflessione teologica, citando a braccio il famoso discorso del suo predecessore a Regensburg. Permettetemi la citazione esatta di Benedetto XVI, perché ha a che fare con la nostra cultura occidentale, nel nostro quotidiano: «Nel mondo Occidentale domina largamente l'opinione, che soltanto la ragione positivista e le forme di filosofia da essa derivanti siano universali. Ma le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio in questa esclusione del divino dall'universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi « nel dialogo delle culture». Francesco ha spiegato più semplicemente che è diffusa la mentalità che le espressioni religiose «sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata». Di conseguenza «tanta gente (…) sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo ‘giocattolizza’ (neologismo bergogliano, n.d.r.) la religione degli altri, questi provocano, e può accadere quello che accade se il dott.Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma».

La libertà di espressione, quindi, è un problema culturale, prima che politico o giuridico. Un problema etico, che affonda le sue radici nel ventre della mamma.

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