Caos o armonia?

Volete tentare di vincere un milione di dollari? Allora leggete quest’articolo. Ma vi avverto: non è per nulla facile riuscire nell’impresa che vi proporrò… ci stanno tentando dal 350 a.C. circa, e senza troppa fortuna. Ma per i temerari, ecco di cosa si tratta. Un salto indietro, alle scuole elementari o medie. Li ricordate i numeri primi? I numeri 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, 29, 31… quelli che sono divisibili soltanto per sé stessi e per 1. Ebbene questi numeri si susseguono con un ritmo inafferrabile, apparentemente illogico. Nessuno, fin ad oggi, è riuscito a determinare esattamente le legge con cui si presentano e, ad esempio, a predire con assoluta certezza quale sarà il novecento miliardesimo numero primo. Sembra quasi che la natura li abbia scelti a caso. L’elettrocardiogramma del battito dei numeri primi, sembra quello di un cuore totalmente aritmico. Dall’inizio della storia della matematica, i numeri primi hanno affascinato gli studiosi. Perché non sono numeri qualsiasi, sono paragonabili agli atomi dell’aritmetica, gli ele- menti in base ai quali si costruiscono tutti gli altri numeri. Cogliere un ordine nella loro sequenza avrebbe implicazioni fondamentali, non solo per la matematica, ma anche per la fisica quantistica e la sicurezza informatica. Sulla scia del lavoro di tanti altri studiosi, Bernhard Riemann, un matematico tedesco della metà Ottocento, avanzò un’ipotesi strabiliante. Confidò pure, in una pagina del suo diario, che egli era riuscito a dimostrare tale ipotesi. Perché in matematica anche le verifiche sperimentali non sono sufficienti, senza la dimostrazione un’ipotesi rimane solo un’ipotesi e non sarà mai un teorema! Ma purtroppo Riemann dovette fuggire improvvisamente dalla sua casa per l’avanzata dell’esercito prussiano, si recò in Italia è morì all’età di 40 anni a Selasca, un paesino sul Lago Maggiore. La domestica, rimasta in Germania, pensò bene di fare un po’ di pulizia nell’ufficio di Riemann e… gettò via tante cartacce, fra le quali c’era probabilmente la dimostrazione dell’ipotesi sui numeri primi. Fino ad oggi nessun matematico è riuscito a dimostrare l’ipotesi di Riemann. A causa dell’eccessivo zelo della domestica la soluzione del mistero che attanaglia i matematici di mezzo mondo è probabilmente finita nella spazzatura. Così la sfida rimane ed è avvincente… Riemann, autentico visionario della matematica, aveva visto giusto? Era veramente riuscito a intravedere ordine nel caos, a cogliere nell’incomprensibile ritmo dei numeri primi quella che lui definì una delicata armonia? Un imprenditore americano ha messo in palio un premio di un milione di dollari a chi riuscirà a dimostrare l’ipotesi di Riemann. La sorprendente storia dei numeri primi è proposta in un piacevolissimo libro: L’enigma dei numeri primi (Bur). L’ipotesi di Riemann, l’ultimo grande mistero della matematica, dell’autorevole Marcus Du Sautoy. Nelle pagine di questo saggio-romanzo Du Sautoy ci fa ripercorrere le stupende avventure dei grandi matematici che in ogni epoca si sono spinti in quel territorio misterioso dello spirito umano. Essi, che in ogni loro impresa ricercano l’ordine anche nella complessità più impenetrabile, non hanno mai potuto accettare l’idea che all’origine della successione dei numeri primi ci sia il caos. Affascinati dall’armonia, non si sono arresi di fronte alla difficoltà di comprendere la natura. In questo viaggio ipotetico, ci imbattiamo così, nell’antica città di Alessandria d’Egitto, nel grande matematico e geometra Euclide che, nel quarto secolo avanti Cristo, dimostrò l’esistenza di infiniti numeri primi. Un aneddoto della sua vita lancia un po’ di luce sulla passione che domina il matematico. Euclide aveva appena finito di spiegare un teorema, quando un allievo gli chiese quale profitto ne avrebbe ricavato. Il matematico si rivolse allora ad uno schiavo: Dagli tre oboli, visto che deve assolutamente trarre profitto da ciò che ha imparato. Il matematico, come l’autentico poeta o santo o saggio, sa cogliere il valore dell’utilità dell’inutile. L’apparente inutile – l’amore, la creazione, il sogno, il desiderio, la sofferenza, la vita così come ci si para davanti… – in realtà, produce ciò che ci è di più vitale utilità. Continuando il viaggio, troviamo il tetro barone scozzese Nepero, inventore dei logaritmi, che, vestito di nero, proferiva frasi apocalittiche aggirandosi attorno al suo castello con un gallo nero come la pece posato sulla spalla. Ci imbattiamo poi in Gauss, tedesco del Settecento, ragazzo prodigio le cui invenzioni furono così importanti da meritargli il soprannome di principe della matematica. Incappiamo in Eulero, l’aquila della matematica, che dimostrò un gran numero di teoremi e la cui opera scientifica è così vasta che se uno volesse semplicemente ricopiarla a mano ci impiegherebbe 50 anni, lavorando assiduamente otto ore al giorno. Eulero, conscio della malattia che lo avrebbe portato alla cecità, fin da giovane si allenò tenacemente per riuscire a scrivere a occhi chiusi; esuberante amante della vita, suonava il clavicembalo, si occupava di mille problemi diversi, ebbe tredici figli – di cui solo cinque sopravvissero – dall’amata moglie Katharina; rimasto vedovo a sessantanove anni si risposò con la cognata, ebbe trentotto nipoti, e morì attorniato dai ventisei che erano sopravvissuti. Conosciamo poi Fermat, il dilettante, che lavorava nella pubblica amministrazione e alla sera elaborava teoremi che hanno spaccato la testa a tante generazioni di matematici. Facciamo la conoscenza del geniale ed eccentrico francese Galois, che si fece vent’anni di galera, morì in un insensato duello, lasciandoci lampi eccelsi di matematica e spezzoni di frasi come questa: Gli sforzi degli studiosi di geometria più avanzati hanno per oggetto l’eleganza. E poi troviamo lui, il timido Riemann, dalla salute delicata, la cui vita ci fa comprendere che l’ignoto affascina ed affascinerà sempre gli animi gentili. Lui, come un Wagner della matematica, nella successione dei nu- meri primi, ha probabilmente udito musica dove gli altri sentivano solo caos. L’inglese Michael Berry, scrive: L’ipotesi di Riemann è un enunciato matematico secondo cui è possibile decomporre i numeri primi in musica. Affermare che i numeri primi abbiano della musica in sé è un modo poetico di scrivere questa ipotesi matematica. Tuttavia, si tratta di una musica decisamente postmoderna. La matematica con la musica ha un legame strettissimo. Si sa che se si riempie un’urna d’acqua e la si percuote con un martelletto si ottiene una nota. Rimuovendo metà dell’acqua la nota sale d’una ottava. La corda d’un violino quando vibra crea tutte le armoniche della successione di frazioni 1/2, 1/3, 1/4… il clarinetto, invece, solo quelle di frazioni dispari 1/3, 1/5… Il suono di un’intera orchestra può essere scomposto nelle curve sinusoidali della fondamentale e delle armoniche di ogni strumento. Questo processo matematico sta alla base di ogni riproduzione musicale che normalmente ascoltiamo, dai dischi ai cd. Forse anche i numeri primi posseggono un’insinuante, segreta melodia, per ora ancora sconosciuta. Il matematico continua a cercarla perché crede che la sua disciplina porti all’edificazione di un edificio basato sulla bellezza e sull’armonia. Il matematico francese Poincaré affermava: Lo scienziato non studia la Natura perché è utile farlo; la studia perché ne trae diletto e perché la Natura è bella. Se non fosse bella non varrebbe la pena di conoscerla e la vita non sarebbe degna di essere vissuta. Come l’amante ed il mistico, il matematico crede che di fronte all’alternativa fra un mondo brutto e uno bello la Natura propenda sempre per il bello. E come l’arabo Qays ibn-al-Mulawah, sa paragonare l’amore per la sua Layla ad una espressione algebrica: Oh Dio, fa che l’amore tra lei e me sia uguale/ Che nessuno superi l’altro/ Fa’ che i nostri amori siano identici/ Come le due parti di un’equazione. Il matematico, nel suo candore, è spinto a credere nella Verità eterna: 317 è un numero primo non perché noi pensiamo così o perché la nostra mente è conformata in un modo piuttosto che in un altro, ma perché è così, perché la realtà matematica è fatta così, afferma l’inglese Hardy. Anche se, quasi certamente, noi non saremmo in grado di cogliere la sfida milionaria lanciata dall’imprenditore americano, credo che un tuffo nella matematica, sulla scia di Riemann, non ci abbia fatto del male!

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