Brevi solidarietà

UN ANNIVERSARIO La Croce Bianca ha cent’anni 1907-2007: Milano festeggia con un ricco programma la benemerita istituzione, nata appunto nel capoluogo lombardo un secolo fa su iniziativa di Giuseppe Bignami, un giovane prete generoso ed intraprendente. La Croce Bianca di Milano ha avuto come prima sede l’oratorio maschile Gonzaga. L’obiettivo era portare soccorso ai sofferenti, intervenire in tutti gli infortuni che possono accadere nell’oratorio, prestare gratuitamente servizio ad ogni richiesta di istituti, circoli, associazioni, in occasioni di feste, pellegrinaggi, provvedendo al trasporto dei feriti o degli infermi. Si utilizzavano all’inizio poche barelle dalle grandi ruote, spinte da giovani forti ed entusiasti. Lo spirito di allora non è mutato. Si è adeguato ai tempi con mezzi di trasporto all’avanguardia, e con volontari sempre più preparati. Nel 1945 il presidente Giovanni Maria Cornaggia Medici, rifondando l’associazione, ha avviato un percorso di crescita che l’ha portata ad intensificare il proprio intervento in tutti i campi dell’assistenza in sinergia con altre istituzioni benefiche, quali la Fondazione Don Gnocchi. Nel 2001 ha preso il nome di Croce Bianca Milano. Oggi conta oltre 5 mila volontari, 189 dipendenti, 200 mezzi e 32 sedi dislocate in tutto il territorio della Lombardia. UN FATTO DI CRONACA Dragan Cigan, eroe senza medaglia Il lettore distratto da altre notizie estive più pressanti si è imbattuto quasi per caso nella vicenda del bosniaco di 31 anni annegato per salvare la vita a due fratellini di Roncade (Treviso). La notizia è stata riportata per prima dal settimanale diocesano Gente veneta e rilanciata dall’agenzia Sir: Il giovane, pur non sapendo nuotare, si è buttato in mare quando ha visto i due fratellini di 7 e 10 anni che stavano per essere inghiottiti dai vortici. Ad aiutarlo è stato un altro immigrato, un marocchino, Rachid Nuoimy. È stato un impeto, il suo, dettato dal cuore, e non certo dalla ragione . Dragan in patria aveva lasciato la moglie e due bambini. Non li vedeva da nove mesi, perché in attesa del permesso di soggiorno. Chissà – commenta il periodico veneto – a quante porte avrà bussato prima di trovare lavoro, chissà quante code avrà fatto per avere un permesso in modo da varcare la frontiera e tranquillizzare la sposa e i suoi bambini. Chissà quante delusioni e quanta rabbia avrà provato quando avrà sentito sulla sua pelle le ferite dell’indifferenza o, peggio del disprezzo, per essere un immigrato . Chissà… Lui, in quel momento, non si sarà domandato se la faccenda dei due bambini in pericolo lo riguardasse. Diamo la medaglia a Dragan Cigan, che se la merita tutta. Aiutiamo la sua famiglia, che ne ha tutto il diritto. Ma – conclude Gente Veneta – accorgiamoci anche della parte buona degli immigrati prima che diventino eroi. Il suo ultimo pensiero potrebbe essere stato per i suoi due figli lontani: avevano la stessa età di quelli che stava salvando a costo della vita.

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