Bombe di caramelle e uva passa

Bombe di caramelle e uva passa
Berlino, 1945. Suona l’ora della pace. Ma com’era Berlino allora? Era una distesa di rovine ardenti il cui riverbero rischiarava la notte sino a farla sembrare giorno. Un rogo sconfinato il cui ventre conteneva un residuo di umanità in condizioni catastrofiche. Le strade erano gremite di cadaveri il cui fetore si alzava verso il cielo; la prolungata mancanza di acqua aveva trasformato la città in una latrina a cielo aperto. Da molto tempo non c’era elettricità, né gas, né acqua, né riscaldamento, né alcuna distribuzione di viveri o medicinali; e le strutture sanitarie erano paralizzate. Infuriavano le malattie infettive, per cui pidocchi, cimici e ratti regnavano sovrani. Nessuno era andato più a scuola, nessuno lavorava. Dalle cantine, dai rifugi e dagli ingressi della sotterranea uscivano poveri spettri sudici e coperti di cenci, provati nell’organismo e nella mente. Così, la testimonian- za di Helga Schneider (Il rogo di Berlino, Adelphi), che all’epoca era appena una bambina. Con la pace i vincitori si spartirono i resti di ciò che era stato il centro da cui si governava la pazza visione di Hitler. Sebbene alla fine della Seconda guerra mondiale Berlino fosse più di 160 chilometri dentro la porzione di Germania occupata dai russi, la città era divisa in settori con Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, ciascuna responsabile dell’amministrazione del settore che cadeva sotto il suo dominio. I sovietici convertirono la parte di città e di Germania caduta sotto il loro controllo in dittatura comunista. La democrazia del settore ovest di Berlino rimaneva come un’isola incastonata fra le dinamiche comuniste in vigore nella Germania dell’Est. Per tentare di conquistare il controllo totale della città, il 15 giugno 1948 i sovietici dichiararono che l’autostrada che conduceva a Berlino dalla Germania occidentale era chiusa per manutenzione. Tre giorni dopo il traffico automobilistico fu fermato e con il 21 giugno anche il traffico merci fu bloccato. Il 24 giugno i russi annunciarono che pure il traffico ferroviario sarebbe stato bloccato, e il giorno dopo comunicarono che non sarebbero stati in grado di fornire cibo alla parte di città che era rimasta sotto l’amministrazione delle potenze alleate. Le parti occidentali della città furono scollegate dalla rete elettrica, anch’essa sotto controllo sovietico. Berlino Ovest divenne così una città buia, assediata, senza viveri né medicinali. L’incubo della fine della guerra, rievocato dalla piccola Helga, si risollevava come uno spettro. L’idea di Stalin era tremendamente semplice: il blocco della città avrebbe costretto gli occidentali ad andarsene. Le cose però non andarono proprio così. Il comandante delle truppe d’occupazione americane, il generale Lucius Clay, propose d’inviare una colonna corazzata sull’autostrada che collegava la Germania Ovest con Berlino. La colonna avrebbe scortato gli aiuti umanitari, ma sarebbe stata pronta a rispondere al fuoco se bloccata o attaccata. Il presidente americano Truman reputò la proposta inaccettabile, troppo rischiosa, perché facilmente si sarebbero potute riaccendere le ostilità. Convocò allora il generale Wedemeyr, comandante dell’aviazione americana in Europa, per studiare la fattibilità d’un ponte aereo. Fu così che nacque l’incredibile Operazione Vittles: il ponte aereo per Berlino che durò più d’un anno (esattamente 462 giorni) e, in un momento drammatico della guerra fredda, servì a trasportare cibo e al- tri generi di prima necessità a 2,2 milioni di abitanti della Berlino circondata dai sovietici. Centinaia di aerei, soprannominati Rosinenbomber (bombardieri d’uva passa), con equipaggi forniti anche da Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda, effettuarono 278.228 voli, trasportando 2.326.406 tonnellate di cibo e altre forniture, in quello che è stato il più grande trasporto umanitario della storia. Al culmine dell’operazione atterravano a Berlino 1.398 voli al giorno. Gli ammalati gravi ed i bambini venivano evacuati dalla città con gli stessi aerei. E un geniale pilota, Gail Halvorsen, ideò pure piccoli pacchetti di caramelle con attaccato un minuscolo paracadute da lanciare ai bambini. Quando ci si getta nella solidarietà la fantasia si scatena di conseguenza. I sovietici rimasero impotenti e umiliati da questa grande e inaspettata risposta. L’Unione Sovietica tolse il blocco il 12 maggio 1949, ma il ponte aereo continuò fino al 30 settembre, perché le democrazie occidentali volevano che a Berlino ci fossero sufficienti scorte in caso i sovietici bloccassero nuovamente gli accessi alla città. I giudizi storici su questa grandiosa operazione di solidarietà sono stati purtroppo alcune volte inquinati da manipolazioni propagandistiche e infettati dalla logica delle opposte opinioni di destra e di sinistra.Ma nessuno può negare che l’interminabile catena di aerei che ha sorvolato l’insondabile cielo sopra Berlino (cielo poi evocato nei memorabili film di Wenders), tessendo un autentico arcobaleno di speranza, non ha solo salvato più di due milioni di abitanti di Berlino Ovest, ma ha deposto un primo seme di libertà nel mezzo dell’Europa totalitaria. Ogni dittatura, per sopravvivere, tenta di chiudere gli spiragli verso l’esterno, per salvarsi dal nemico, per non farsi contagiare dalle sue idee, dai suoi comportamenti. Ma proprio per questo motivo ogni dittatura è destinata a crollare: perché l’isolamento assoluto è una condizione così innaturale che di fatto è irrealizzabile. Nella Germania dell’Est è durata 44 anni. Il muro di Berlino è caduto solo nel 1989, ma alle sue spalle c’era stata Budapest ’56, Praga ’68, Danzica e Varsavia ’82; c’era l’opera assidua di tanti e tante che hanno lavorato nel nascondimento per portare semi di libertà al di là della cortina di ferro; c’è stato il sangue di tanti martiri, la coraggiosa provocazione di molti dissidenti, la perestrojka di Gorbacev, l’elezione di papa Wojtyla. Tante piccole o grandi radici d’edera che si sono conficcate nel muro dell’assolutismo comunista ateo e che, con il tempo, ne hanno corroso il cemento facendolo pian piano sgretolare. Il ponte aereo su Berlino è stata la prima radice di quell’edera silenziosa ma potenzialmente vittoriosa. Quella volta forse si sono viste realizzate le parole dell’antico profeta Isaia: Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Diverse volte è successo nel corso della storia. Forse non tante come vorremmo. Forse non si è dato a quegli eventi la giusta diffusione nei media, sempre a caccia di fatti conturbanti che fanno più notizia. Ma cosa è stato fatto una volta può essere ripetuto. Vale anche e soprattutto nel positivo.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons