Bianco. Rosso. Dry: greco

Coreografo e performer di origini contadine. Pugliese. Formatosi artisticamente in Francia ma trapiantato in Olanda. Talento conteso in tutta Europa, Emio Greco è stato ora consacrato in Italia dal Romaeuropa Festival con una trilogia, Bianco, Rosso e Extra Dry, dal titolo Fra cervello e movimento, creata tra il ’96 e il ’99. Il personalissimo vocabolario coreografico nasce – insieme al regista Pieter C. Scholten – dall’interrogare il corpo muto cercandone le motivazioni interiori. Procedendo tra codici classici e istinto, il movimento emerge lentamente e acquista slancio e tensione Confesso che il primo brano non mi aveva convinto. Una gestualità troppo minimalista, fredda (anche se con punte d’ironia): una sorta di azzeramento della danza. Che, invece, emerge essenziale e di forte vibrazione muscolare, in Rosso; per esplodere potente in Extra Dry. E convince quel gesto nodoso che si articola, acquista forma, energia, fino a una sua trasfigurazione. Ecco così completarsi l’evoluzione espressiva di un percorso umano e artistico. Da solo in scena Greco indossa una tunica leggerissima che, col sudore della danza, si attacca alla pelle trasformandola in un sudario. Nella luminosa scatola scenica di Bianco, egli s’affaccia sul mondo, cerca una sua identità, lotta, ricorda, si traveste, e fa il verso ad animali da cortile. Una colomba vera sulle tavole del palcoscenico suggellerà le contorsioni, le fughe e le tensioni verso l’alto di Rosso. Nel solitario viaggio, sulla scena dorata, infine, di Extra dry, si aggiunge la ballerina Barbara Meneses Gutiérrez. Entrambi con le teste rasate, sosia o gemelli, maestro e discepolo, tracciano movimenti ora sincronici, ora sfalsati: una vertiginosa danza di linee nette che tagliano lo spazio dilatato magistralmente dalla luce. Dopo una breve tregua riprendono i movimenti sonori percussivi, metallici, con un improvviso Vivaldi. Senza mai toccarsi i due cercano l’armonia di

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