Benedizione reciproca

Vorrei dedicare questa canzone a Margherita. Lei è di Haifa e la mia famiglia è originaria della Siria. Forse, generazioni addietro le nostre famiglie vivevano una accanto all’altra prima che i muri ci dividessero. Silvina Shemen intona il canto, tipicamente ebraico. Lacrime. Pur nelle rispettive diversità, ci si rende conto che prima di tutto si è fratelli e sorelle, al di là dei muri che le rispettive fedi possono aver costruito nei secoli. Al secondo Simposio internazionale ebraicocristiano tenutosi a Castelgandolfo alla fine di giugno, con partecipanti di una grande varietà non solo culturale, ma anche di tradizioni. Il titolo – Essere benedizione gli uni per gli altri e per il mondo – suona come una sfida: chimerica, potrebbe dire qualcuno, guardando a quanto succede da anni. Ron Ramer di Chicago, racconta: C’è un precetto nella Torah che dice che un ebreo dovrebbe impegnarsi nel dialogo interreligioso? Il dialogo è stato per me un processo di riscoperta della mia voce come voce ebraica. Essa esprime il mio compito essenziale e la mia identità ebraica. Il popolo d’Israele è scelto per un compito. Dio dichiara questo compito quando dice agli israeliti che egli ci ha fatto uscire dall’Egitto su ali di aquile, perché potessimo essere per lui un regno di sacerdoti, una nazione santa. Allora, perché io sono qui? La risposta è semplice: Questa è la mia chiamata alla santità. Una chiamata che hanno confermato anche esperienze di vita come quella di Bella e Yossi Gal che hanno guidato i presenti nel cuore della loro famiglia e della loro comunità rinnovata dall’incontro coi Focolari e dall’idea di contribuire a costruire un mondo dove tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle. Come laici non ci siamo mai preoccupati troppo di approfondire le nostre radici ebraiche. A scuola, eravamo più interessati alle scienze naturali che alla nostra storia. Da quando abbiamo conosciuto questi amici è cresciuto l’amore per la nostra tradizione con la sua storia e le sue radici. Ma abbiamo anche cominciato ad interessarci alle altre fedi senza limitarci al cristianesimo: stiamo approfondendo Islam e buddhismo. C’è in noi il desiderio di imparare le idee fondamentali ed i valori delle diverse religioni. In esse scopriamo sempre più quanto abbiamo in comune anche se apparteniamo a culture diverse. Erano evidenti le comuni radici, pur nella ricchezza di secoli di storia e di sviluppo di tradizioni spesso anche in contrasto fra loro. Un cristiano confidava ai presenti: Se non ci fosse il popolo ebraico, mi sentirei più povero nel mio essere uomo. La novità del simposio è stata la possibilità di parlare con apertura e sincerità anche di problemi scottanti, sia a livello teologico che storico. Cosa significhi per un cristiano la mancata accettazione di Cristo come messia, la presenza ed il significato della croce, il problema della Shoah, la difficoltà dei luoghi comuni che spesso etichettano ancora una religione secondo stereotipi vecchi di secoli e riaprono ferite: tutto questo ed altro ancora è emerso. Se ne è parlato in un ascolto attento dell’altro, nel rispetto della diversità reciproca e nell’apprezzamento della fede e della tradizione altrui. Il rabbino americano Eugene Korn, della Sacred Heart University di Fairfield nel Connecticut, fa- ceva giustamente notare che non è possibile trovare risposte immediate a punti interrogativi aperti da due millenni: Dobbiamo lavorarci insieme . L’incoraggiamento più significativo è venuto da Benedetto XVI, nella udienza pubblica del 27 giugno. Il papa ha toccato il cuore degli ebrei presenti: Continuate, continuate, continuate!, ha ripetuto loro. Emily D. Soloff (American Jewish Committee) ha commentato: Vorrei definire questi giorni come un’esperienza dello Shabbath, cioè del sabato ebraico. Per noi il sabato significa clima di festa, il momento della mensa della famiglia e della comunione fra i membri. È quello che ho sperimentato qui per quattro giorni. Ieri uscendo, ho visto uno di noi fare una foto. E mi sono detta: Ma si è dimenticato che è lo Shabbath. Poi mi sono resa conto che era martedì; il mio cuore stava celebrando lo Shabbath. Questo è stato anche l’augurio che Chiara Lubich ha inviato ai partecipanti: Che in questo simposio, per l’amore che ci lega come fratelli e sorelle, Dio stesso ci faccia sperimentare la sua presenza in mezzo a noi. E ci possa suggerire solide risposte, efficaci iniziative per essere veramente una benedizione gli uni per gli altri, e insieme contribuire a risanare il mondo ( tiqqùn olàm) e dilatare il Regno di Dio tra gli uomini. (Roberto Catalano) UN TESTIMONE Testimone del Corano e del Vangelo Jean-Mohammed Abd-el-Jalil, vissuto tra il 1904 e il 1979 è marocchino e musulmano, poi cristiano e francescano, discepolo di uno dei profeti del dialogo interreligioso, Louis Massignon. È stato il testimone di un vero e proprio abbraccio tra due culture e tra due religioni. Da non perdere, in un’epoca in cui si ritiene troppo spesso che Islam e cristianesimo siano incompatibili (Jaca Book, euro 15,00). VATICANO Un presidente esperto Benedetto XVI ha nominato presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso il card. Jean-Louis Tauran, che sostituisce il card. Paul Poupard, che continua ad essere Presidente del pontificio consiglio per la cultura. Il passaggio di consegne avverrà il primo settembre. Il card. Tauran, francese di Bordeaux, sacerdote dal 1969, ha una vastissima esperienza di relazioni internazionali come diplomatico nella Repubblica Dominicana e in Libano, fino al 1983, quando è stato chiamato a lavorare presso il Consiglio degli affari pubblici della Chiesa. Ha seguito tra l’altro i lavori dell’allora Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, partecipando, tra l’altro, nel 1984 alla Conferenza di Stoccolma sul Disarmo, nel 1985 al Forum Culturale di Budapest, nel 1986 alla Conferenza di Seguito di Vienna, apertasi in quell’anno, fino a diventare ministro degli Esteri del Vaticano. Ha favorito l’apertura di relazioni diplomatiche regolari con numerosi Paesi a maggioranza musulmana. Ha un’ottima conoscenza del dossier Islam. AFRICA Congo a una svolta 300 europei a Butembo, nel cuore profondo del Congo, nel 2001, ad iniziare un cammino di riconciliazione e di partecipazione democratica insieme con un popolo meraviglioso martirizzato dagli eserciti dei signori della guerra, armati dai consueti alleati internazionali. Pagine di storia contemporanea comunemente non accessibili, ignari, come siamo, della prima guerra mondiale africana conclusa nel 2002 con un bilancio di 4 milioni di morti. Gli stessi utopici volontari del primo viaggio, tornano in quel Paese nel luglio 2006, alla vigilia delle elezioni democratiche, come osservatori internazionali. Il grande e solenne rito del voto, dopo più di 40 anni dall’eccidio di Patrice Lumumba, che si trasforma in festa, così come raccontato da Eugenio Meandri ( L’alba della democrazia, Emi), un cristiano che non si è mai sottratto alla necessità di mettere in gioco la fede nelle contraddizioni di questo mondo. La sua cronaca, attenta e cordiale, diventa itinerario interiore e continua ricerca di senso. (Carlo Cefaloni) UN RACCONTO La cena dei potenti Francesco Antonioli, giornalista a Il Sole-24 ore, ci offre un piccolo ma delizioso racconto (Piemme, euro 9,90) vibrante di emozioni e di sottile umorismo nel quale cerca di immaginare come nell’oggi le tre religioni del libro si possa ipotizzare una convivenza non solo di interesse reciproco, ma anche di ricerca del meglio. Una lettera identica, recapitata lo stesso giorno in tre diverse città del mondo a tre destinatari simili, di tre religioni diverse è lo spunto iniziale.

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