Belluno, vittoria delle liste civiche

Jacopo Massaro, sostenuto da tre liste civiche, ha più che raddoppiato i consensi: un risultato della capacità di parlare a tutti gli elettori, secondo il giornalista Carlo Arrigoni
jacopo massaro

Il cambio della guardia a Belluno era di fatto avvenuto già al primo turno: dopo due amministrazioni consecutive di centrodestra, al ballottaggio erano rimasti Caludia Bettiol (sostenuta da Pd, Idv, e Lista civica Tutti per Belluno) e Jacopo Massaro, a capo di tre liste civiche, ma con un passato nel Pd – dal quale, peraltro, nel suo sito si dice “deluso”. Una sfida tutta interna al centro sinistra che ha visto un vincitore netto: Massaro ha più che raddoppiato i consensi, passando dai 4500 voti del primo turno ai 9500 del ballottaggio (62,67 per cento), mentre la Bettiol è riuscita a convincere solo mille elettori in più, passando da 4636 a 5638. In uno dei primi commenti rilasciati, la candidata del Pd ha tirato in ballo l'antipolitica: la bassissima affluenza alle urne (58 per cento al primo turno e 47 al ballottaggio), e il successo di una coalizione non partitica che vede in lista tanti volti nuovi, offrono infatti facile sponda a questa lettura. Che sarebbe però superficiale: ad andare più a fondo ci aiuta il direttore del giornale bellunese L'amico del popolo, Carlo Arrigoni.
 
A colpire in queste elezioni è stata soprattutto la scarsa partecipazione, sia al primo turno che al ballottaggio: che lettura darne?
«Le spiegazioni dei flussi tra il primo e il secondo turno sono diverse: l'aumento dei voti per Massaro è dipeso soprattutto dal fatto che la gente l'ha percepito come più vicino, più aperto anche a chi si riconosce nel centro e nel centrodestra, pur avendo i due candidati programmi abbastanza simili. Per cui, anche se alcuni elettori dell'opposta parte politica al ballottaggio si sono astenuti, Massaro è stato comunque capace di convincere un numero significativo di chi aveva votato diversamente».
 
Non dimentichiamo poi che al primo turno il Movimento 5 stelle aveva raggiunto un significativo 10 per cento, il doppio esatto della Lega…
«Anche a Belluno si respira l'aria che c'è in tutto il Paese: la si può definire antipolitica, ma è piuttosto una volontà di cambiamento. Massaro, per quanto avesse già esperienza politica precedente, ha dato con le sue liste un segnale di novità che è stato premiato. A a penalizzare i partiti tradizionali, poi, è stato anche il frazionamento: innanzitutto quello tra Lega e Pdl, ma anche quest'ultimo si è presentato diviso al suo interno, a causa di alcuni contrasti nati con l'ultimo congresso. Di conseguenza molti elettori non si sono riconosciuti, ed è possibile che si siano astenuti o abbiano fatto confluire altrove il loro voto».
 
Belluno compare con regolarità in testa alle classifiche sulla qualità della vita: per il neosindaco si prospetta quindi un lavoro relativamente facile?
«Queste classifiche vanno prese con le pinze: è facile parlare di abbondanza di verde in un territorio in cui i boschi sono addirittura invadenti, o di scarsi episodi di criminalità se gli abitanti sono pochi. La cartina al tornasole è il fatto che la gente, soprattutto i giovani, se ne va. La provincia di Belluno costituisce il 20 per cento del territorio della Regione, ma conta soltanto il 5 per cento degli abitanti: e se i finanziamenti vengono erogati pro capite, le risorse sono insufficienti. La sfida più urgente è quella del lavoro, anche qui in città: alla Invensys, un'azienda di elettronica che rischia di dover tagliare 180 posti, gli operai sono in mobilitazione continua».
 
In che modo una coalizione di liste civiche, capace di parlare a persone di estrazione politica diversa, può essere una risorsa per cercare soluzioni efficaci e condivise?
«Più che dal consenso, tutto dipende dalla capacità di proporre, di lavorare in rete creando relazioni non sono all'interno della città, ma anche con i Comuni del territorio, la Regione e lo Stato».

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