Basta interferenze della comunità internazionale

La preoccupazione della gente: siamo privi di mezzi. Gli altri Stati ci aiutino ad accertare chi ha vinto, non ad imporre un proprio presidente  
costa d'avorio
«All’indomani delle elezioni, nel nostro Paese – spiegano due giovani della Costa d’Avorio da qualche tempo in Italia per motivi di studio – la gente voleva sapere chi avesse vinto davvero le elezioni. Dopo il discorso del presidente francese Nicolas Sarkozy e la presa di posizione di vari leaders occidentali, la popolazione si è indignata. Adesso, pur con il timore di una guerra civile, si continua a chiedere alla comunità internazionale di aiutarci ad accertare la verità e non di appoggiare l’uno o l’altro presidente. Non devono più interferire nella nostra politica: ormai l’epoca coloniale è finita». Non nascondono una certa amarezza, questi due studenti. Le notizie che giungono dal loro Paese sono poco rassicuranti: la situazione sociale è molto difficile, quella politica sembra sul punto di rottura e non si intravede alcuna via di uscita. La crisi dura dalle elezioni presidenziali del 31 ottobre 2010, quando è cominciato un braccio di ferro tra il presidente uscente, Laurent Gbagbo, proclamato vincitore dalla Corte Costituzionale, e il suo sfidante, Alassane Ouattara, ritenuto il legittimo presidente dalla Commissione elettorale indipendente (Cei) e dalla comunità internazionale. A nulla sono serviti, finora, i moniti degli altri Stati (dall’Ue all’Unione Africana) e i numerosi tentativi di mediazione.

La situazione più difficile, al momento, è quella che si vive ad Abidjan, uno dei centri principali della Costa d’Avorio, e nelle città vicine: le banche sono chiuse, i trasporti pubblici quasi inutilizzabili, la gente non ha più contanti per fare acquisti. Nell’ultima settimana sono state chiuse le scuole. In qualche zona le lezioni sono ferme addirittura da un mese. In più, per una decisione politica tesa ad indebolire le aree a Nord e ad Ovest del Paese, per una settimana intera è stata interrotta l’erogazione della corrente elettrica, con frigoriferi inadoperabili per conservare alimenti e farmaci (ormai quasi introvabili, tra l’altro), rubinetti a secco e pozzi inutilizzabili in questa stagione a causa della scarsità d’acqua.

«Purtroppo – spiegano i due studenti ivoriani – nel Paese c’è una grande tensione e molta gente ha perso il lavoro anche a causa del blocco del settore turistico-alberghiero. Molte persone stanno lasciando Abidjan, cercando rifugio nelle campagne e nei centri più tranquilli per timore degli scontri che si stanno susseguendo. In città, infatti, scorrazzano delle formazioni paramilitari, che ufficialmente non patteggiano per nessuno dei due presidenti, affermando di voler semplicemente garantirer l’ordine pubblico, ma che in realtà appoggiano Gbagbo o Ouattara». Il desiderio più grande, di questi due giovani ivoriani, è che in Costa d’Avorio «torni la pace e che entrambi i presidenti, con responsabilità e per amore del popolo, prendano un impegno serio per il bene del Paese. Entrambi hanno i propri sostenitori, entrambi le proprie motivazioni, ma per questa voglia di potere sono già morte troppe persone».

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons