Banche e famiglie, la piaga delle case vendute all’asta e i rimedi possibili

Crescono gli utili delle banche mentre molte famiglie faticano a pagare le rate del mutuo. La necessità di contrastare il mercato predatorio dei crediti deteriorati (Npl). In assenza dell’intervento pubblico arrivano in soccorso le società benefit, ma il problema va risolto alla radice.
Bamche e famiglie. Soldi Foto di Angelo Luca Iannaccone da Pixabay

Banche e famiglie. C’è chi vince e chi perde. «Nel 2022 gli istituti di credito del nostro Paese hanno totalizzato, al netto delle imposte, 21,8 miliardi di euro di utili, praticamente 8 miliardi in più rispetto al 2021 (+58 %).  I risparmi delle famiglie italiane, invece, tra il marzo dell’anno scorso e lo stesso mese di quest’anno hanno subito una riduzione pari a 25,2 miliardi di euro». Si deve all’ufficio studi della Cgia di Mestre una fotografia reale di un Paese alle prese con la crescita dell’inflazione, cioè con l’aumento dei prezzi senza adeguamento dei salari.

Parlano chiaro i numeri messi in evidenza dall’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre che si è guadagnata con gli anni, è nata nel 1945, un’autorevolezza a livello nazionale. Non sono necessari miracoli per sanare questa anomalia, ma una efficace politica redistributiva che riesca a toccare gli interessi di quei settori che, tra pandemia ed effetti del conflitto in Ucraina, hanno realizzato extraprofitti importanti (creditizio, energetico, farmaceutico, etc.).

L’immagine propagandata nella cronaca sui ristoranti pieni di clienti butta fumo negli occhi portando ad ignorare del tutto il grido d’allarme levato ad esempio dalle Acli per avvisare che l’Assegno di Inclusione, cioè la misura che andrà a sostituire a breve il Reddito di Cittadinanza, «più che di “inclusione” dovrebbe essere chiamato di “esclusione” visto che, di fatto, resterebbero senza alcun sostegno economico ben 800 mila persone che versano in condizioni di povertà e fragilità».

Famiglie in bilico. Il peso del mutuo
La linea di confine tra famiglie “in bilico” e povertà non è poi così difficile da varcare. Quello che è definito tradizionalmente come “il sogno degli italiani” (la casa di proprietà da lasciare ai figli) può diventare rapidamente un incubo come mette in evidenza l’associazione Favor debitoris in forza di un automatismo iniquo adottato dalle banche.

Come riporta Paolo Lambruschi su Avvenire, con «un ritardo di pagamento di soli 90 giorni il credito nel nostro Paese si può considerare deteriorato. La banca, quindi, cede il credito a società di cartolarizzazione e si libera di un passivo. Nel caso di un mutuo ipotecario, il passo successivo è il pignoramento dell’immobile». Non si tratta di una casistica marginale poiché gli ultimi studi in merito parlano di ben «304mila prime case di famiglia all’asta o in procinto di esserlo».

I crediti deteriorati, o npl (non perfoming loads), rappresentano una fonte di notevole guadagno per le società di cartolarizzazione che acquistano il credito ad un prezzo inferiore del valore formale in modo da fare profitto sul prezzo che riescono a spuntare in sede di vendita all’asta della casa ipotecata.

Il magistrato Nicola Gratteri, sempre su Avvenire, ha confermato il forte interesse della malavita organizzata nel settore delle aste giudiziarie degli immobili che possono essere acquistati a poco prezzo con il vantaggio di poter riciclare l’enorme massa di denaro che proviene per la ‘ndrangheta dal monopolio del mercato delle droghe.

Anche se ancora sommerso, il fenomeno è così esteso che l’Università Cattolica di Milano ha promosso un osservatorio scientifico sul debito privato. L’iniziativa è partita a fine 2022 e il sito dedicato è ancora molto scarno in materia.

La casa impossibile
Una proposta concreta per evitare la perdita della casa a molte famiglie è stata fatta da tempo da Nomisma, autorevole società di consulenza strategica con sede a Bologna, prevedendo l’intervento di un soggetto pubblico in grado di rilevare il debito delle famiglie in modo da non svendere il patrimonio immobiliare nelle aste giudiziarie e soprattutto senza espellere le persone dalle loro abitazioni per le quali hanno versato anni di mutuo.

Nel caso estremo si prevede il subentro del pubblico nella proprietà dell’immobile, che comunque viene dato in locazione alla famiglia con la clausola che le rate dell’affitto sono conteggiate quale acconto per il riacquisto della casa secondo un piano di accompagnamento che tenga conto complessivamente della situazione delle persone coinvolte. Si prevede, cioè, di operare sulle possibilità di recuperare una situazione di disagio legata al lavoro, alle condizioni di salute, ecc.

Al momento non pare neanche in discussione, a livello politico, questa proposta di un intervento pubblico che si rivelerebbe una misura concreta di aiuto alle famiglie.

Il nuovo “Rapporto sulla Finanza per l’Abitare 2023” presentato da Nomisma lo scorso 30 giugno conferma la difficoltà all’accesso alla casa di proprietà per molte famiglie per mancanza di reddito adeguato. «Il 2023 può segnare – afferma il rapporto Nomisma- l’inizio della metafora della “casa-impossibile” di fronte alla quale tutti gli attori pubblici e privati, finanziari e sociali, gestori o investitori, devono sentirsi chiamati in causa da una emergenza nazionale».

Secondo Marco Marcatili di Nomisma, «la casa è impossibile perché l’inflazione duratura diminuisce il reddito disponibile, che ormai per più di 2 famiglie su 3 (68,6%) è inadeguato o appena sufficiente a far fronte alle necessità primarie», mentre si conferma la mancanza degli investimenti a favore di un’offerta abitativa sociale.

Sono gli effetti prevedibili di un sistema che ha abbandonato l’edilizia pubblica di qualità a favore dei quella degli immobiliaristi privati strettamente legati al mercato bancario.

Il caso delle società Benefit per non buttare le famiglie sulla strada
In assenza di interventi adeguati di politica della casa sono sorte alcune società, tipo Esdebitami retake, che si sono specializzate nella difesa della proprietà della casa messa in pericolo dall’aggressività della normativa sui mutui.

Questa, come altre societ, fanno parte di un nuovo tipo di imprese definite B-Corporation e diffuse in ambito anglosassone e definite in Italia come “società benefit” per distinguerle sia da quelle commerciali che dalle non-profit. Aziende di questo tipo perseguono il fine di creare e dividere gli utili provenienti dalla loro attività economica assieme a finalità di beneficio collettivo impegnandosi ad agire in modo responsabile.

Nomisma ha fatto conoscere l’attività di Esdebitami retake all’interno di un evento di approfondimento sul mercato immobiliare e dei mutui dove è stato presentato il progetto “SalvaLaTuaCasa. Un’alternativa etica e sostenibile alla liquidazione controllata”.

Dall’indagine, ricca di dati, emerge che la rata media del mutuo mensile è di 597 euro e che una famiglia su 4 prevede, nei prossimi 12 mesi, di avere difficoltà ad onorare il debito contratto con la banca per motivi legati all’occupazione e alle condizioni di salute (è noto il peso crescente da deficit del Ssn) oltre alla predita del potere di acquisto che ha indotto a fare significativi tagli alle spese giornaliere, a cominciare da quelle “culturali”, aggravando la progressiva polarizzazione della ricchezza non solo finanziaria.

Per le famiglie in bilico, la prima richiesta di aiuto si cerca nell’ambito della parentela (62%), seguita da quello delle banche e delle società finanziarie a loro collegate (32%) e poi ai servizi sociali e alle Caritas.

In mancanza di paracadute si apre il rischio della svendita degli immobili all’asta giudiziaria. Un numero decisamente in aumento dopo la pausa della pandemia, conferma Nomisma, con particolare incidenza nel Nord del Paese.

L’intervento della società benefit, su richiesta del debitore, consiste inizialmente nell’acquisto del credito e dell’immobile estinguendo il debito e «liberando immediatamente la famiglia dall’ipoteca sull’immobile». La famiglia, quindi, può continuare a vivere nella propria abitazione.

E dopo cosa accade?  Il debitore, che resta a casa sua, sottoscrive un contratto di Rent-to-Buy , cioè una locazione finalizzata al riacquisto della proprietà, secondo il quale la famiglia paga un canone, definito in base alle sue reali possibilità economiche, che vale anche da acconto rispetto a quello che verserà per riacquistare l’immobile ad un prezzo che deve restare pari all’importo che doveva alla banca, senza interessi né oneri a suo carico.

In caso di impossibilità a pagare la rata del debito l’immobile viene venduto ad un prezzo di mercato superiore a quello della cessione del credito. Una differenza che va al debitore altrimenti costretto a vedere la svendita della sua casa.

Si tratta di procedure e interventi che cercano di arginare il ricorso alle reti criminali dell’usura da parte delle famiglie sovraindebitate.

Uno degli effetti importanti di questo progetto è infine la possibilità per i debitori di liberarsi dalla etichetta di “cattivo debitore” applicata loro dal sistema creditizio. Una sorte di morte sociale che viene così risparmiata alle persone che non sono più impedite di accedere anche a forme di credito essenziali come per l’acquisto di un elettrodomestico o di un telefonino.

È chiaro che parliamo di interventi di riduzione di un danno che andrebbe prevenuto agendo sulla politica della casa e sulla normativa dei crediti deteriorati. Così come resta auspicabile la creazione di una società di capitale pubblico in grado di salvare le famiglie che rischiano di essere buttate fuori dalla loro casa per meccanismi di un mercato bancario da riformare.

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