Essere assertivi per stare bene con gli altri

Cos’è l’assertività e a cosa serve? Perché alcune persone sanno sempre dire la cosa giusta al momento giusto e altre no? Perché ad alcuni tutti danno retta ed altri stentano a farsi capire?
Un brindisi tra amici

Ci sono persone per le quali affermare come la pensano è un atto difficile poiché esse per prime non si attribuiscono valore, per altre invece è un atto spontaneo, che non implica in alcun modo l’interrogarsi sull’effetto che producono sulle altre persone, per altre ancora è un modo consapevole di comportarsi, che necessariamente prende in considerazione se stessi e gli altri perché tutti possano sentirsi considerati.

Si sente spesso parlare di assertività: negli uffici, nelle sale d’attesa, nei circoli, c’è sempre qualcuno pronto a suggerire “Dovresti essere più assertivo!”. Eppure, c’è un po’ di confusione sul significato di questo termine. La commessa che vuole vendere il suo miglior capo proprio a te, il fidanzato che assicura che non può proprio perdere quella partita della sua squadra, l’amica che vuole vedere quel film a costo di andarci da sola mentre il resto del gruppo vuole vederne un altro, il genitore che per farsi ubbidire dal figlio afferma: “Si fa così perché l’ho detto io!”: non tutto quello che facciamo con decisione è assertività.

Gli psicologi Galeazzi e Porzionato, nel loro libro del 1998, “Oltre la maschera. Introduzione allo studio della personalità”, diedero una definizione molto esaustiva di assertività, intendendola come “la capacità individuale di riconoscere le proprie esigenze o diritti e di esprimerli con efficacia nel proprio ambiente, mantenendo nel contempo una positiva relazione con gli altri; oppure come la legittima e onesta espressione dei propri diritti, sentimenti, convincimenti e interessi, evitando la violazione o la negazione dei diritti degli altri”.

Per chi è nato in un ambiente assertivo certamente sembrerà naturale comportarsi così. Molto meno naturale può apparire a chi non ha imparato a riconoscere e dare valore ai propri bisogni, pareri o diritti, o viceversa ha imparato che quelli degli altri non valgono quanto i propri. Si tratta di due situazioni estreme di comportamento: il primo passivo, il secondo aggressivo in cui appare una lotta di sopravvivenza di tipo escludente: o esiste il Tu o esiste l’Io.

Un primo motivo per cui l’assertività risulta così importante è proprio perché dà valore alla relazionalità, all’Io ed al Tu insieme, senza disconoscere nessuno. Permette dunque di mantenere e far crescere le relazioni nutrienti di cui si è circondati.

Un secondo motivo per cui l’assertività è importante riguarda la coerenza nella propria persona con lo stato di vita ed i valori assunti. Si tratta di avere una buona consapevolezza di sé, di portare avanti degli obiettivi o ideali e di viverli per come si rendono necessari nelle diverse fasi della propria vita, utilizzando la duttilità e la flessibilità collegate alla situazione, pur nella coerenza dei propri principi.

Un terzo motivo per cui l’assertività è di grande interesse è perché permette alle persone di perseguire obiettivi coerenti con un interesse o uno scopo. Ad esempio è utile alle funzioni direttive per esercitare la capacità di prendere decisioni ed assumere responsabilità coerenti con il proprio ruolo.

Un quarto motivo per essere assertivi è che l’assertività nel lungo periodo permette di sperimentarsi come degni di stima e di costruire relazioni di lunga durata, entrambi benefici ad ampio raggio e senza limiti di tempo. Viceversa, quando si utilizzano i comportamenti di tipo passivo o di tipo aggressivo, i vantaggi ottenuti sono immediati (l’evitamento o la supremazia), ma non durano nel tempo e generano malessere.

Un quinto motivo è di creare benessere in se stessi e negli altri e di sperimentare un senso di pace e di soddisfazione interno. In chi si comporta assertivamente viene a cessare il rimuginio interno conseguente all’insoddisfazione dell’aver detto troppo o del non aver detto nulla, mentre in chi riceve il messaggio è possibile sviluppare un certo grado di tollerabilità della frustrazione interna e, qualora debba ricevere un rimando negativo, ha comunque degli elementi che supportano l’eventuale rifiuto.

Un sesto motivo è che permette di stabilire una linea comunicativa di paritarietà, la stessa che Eric Berne, padre dell’Analisi transazionale, indica come il livello di comunicazione “sana” che egli esprimeva attraverso il messaggio “Io sono ok, Tu sei ok”. Non occorre alzare la voce o far finta di nulla pensando che tanto non servirà o temendo una reazione, ma il modo utilizzato per dire le cose, rispettoso di sé e dell’altro, permette che esse vengano comprese dall’altro.

Un settimo motivo è che permette di definire in maniera chiara i confini tra sé e l’altro, cosa che comporta da un lato una migliore definizione e ripartizione delle responsabilità di ciascuno, e dall’altro la consapevolezza che la comprensione di pareri, volontà, bisogni o diritti degli altri non comporta necessariamente la loro accettazione.

Una buona notizia è che l’assertività si può allenare! Molte persone pensano che l’assertività sia una dote naturale mentre così non è. Per imparare ad essere assertivi occorre saper riconoscere i propri bisogni e stati emotivi e comprendere quelli degli altri; diminuire le fonti di ansia e i pregiudizi sugli altri; accrescere l’autostima e la capacità di tollerare la frustrazione; contemporaneamente allenarsi a tener presente la specifica situazione momento per momento e maturare una capacità di pensiero che vada oltre se stessi.

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