Ancora una volta, la crisi è un’opportunità

Inizia oggi a Durban la conferenza Onu sul cambiamento climatico. Tre domande al ricercatore Antonello Pasini
cop17

Dopo la deludente Copenhagen nel 2009 e il poco di fatto a Cancun nel 2010, è la volta di Durban, in Sudafrica. Iniziano oggi, sulle spiagge meglio conosciute come paradiso dei turisti, i lavori della Cop17, la conferenza Onu sul cambiamento climatico. I temi chiave saranno il futuro del Protocollo di Kyoto (che scadrà nel 2012), la stesura un accordo globale che vincoli tutti i Paesi, la green economy e le misure per la riduzione delle emissioni.

 

Anche questa volta, tuttavia, si percepisce un certo pessimismo nell’aria: troppi gli interessi forti in gioco, soprattutto in un contesto di crisi globale che mette in cima alla lista ben altre priorità. Che cosa aspettarsi dunque da questa conferenza? Ci risponde Antonello Pasini, ricercatore al Cnr, curatore del blog Il Kyoto fisso su Il Sole 24 Ore e autore con Luca Fiorani del libro Il pianeta che scotta, edito da Città Nuova.

 

 

Perché è importante questa conferenza, e quali obiettivi sono realisticamente auspicabili?

 

«La Conferenza è importante perché rappresenta un momento cruciale per affrontare i problemi del cambiamento climatico, anche nell’attuale momento di crisi finanziaria globale. Il primo obiettivo è che se ne parli realisticamente e si trovino intese su come procedere, anche se non è pensabile che si giunga ad una “soluzione finale”».

 

 

C’è chi ritiene che l’accordo di Kyoto così com’è non abbia futuro, per cui si debbono trovare strade completamente nuove. Che ne pensa?

 

«L’accordo di Kyoto rappresentava solo un primo passo effettuato dai Paesi sviluppati, ma ora tutti devono essere coinvolti, anche quei Paesi che hanno avuto una crescita vertiginosa delle emissioni come Cina e India. Contrariamente a quanto si pensa, credo che proprio questo momento di crisi possa essere propizio per comprendere che lo sviluppo ci potrà essere in futuro solo se sarà sostenibile per il nostro pianeta, e dunque la strada nuova non potrà che essere correlata con l’abbandono di un’idea di crescita esponenziale e infinita. Certo a Durban si parlerà di meccanismi molto concreti e non si farà “filosofia” su tutto questo, ma da questi gesti concreti si potranno vedere passi possibili verso un cambiamento di rotta».

 

 

Si sente scoraggiato dai limitati risultati ottenuti finora?

 

«Indubbiamente per ora non si è ottenuto molto, ma il problema è complesso e investe il modello di sviluppo globale. Se l’attuale crisi ci darà la possibilità di ripensare a nuove concrete possibilità per il futuro del clima e dell’umanità, cominceremo a vederlo forse proprio a Durban».

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