Ancora più in alto

Diventare sacerdote dopo quarant’anni di avventure, spesso in condizioni estreme, è sorprendente. È il caso di Fjodor Konjukhov.
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È un viaggiatore russo che ha cercato di fare nella vita tutto quello che gli si presentava difficile. Il curriculum di “conquiste” di Fjodor Konjukhov include il cosiddetto grand slam, ossia, i due poli geografici e l’Everest (il “polo” di altitudine). A questi Konjukhov ha aggiunto ancora il Capo Horn, detto “polo dei navigatori”, ed il “polo di inaccessibilità relativa”, un luogo preciso e teoricamente irraggiungibile, nel Mar glaciale artico. Nella storia dell’umanità è stato il primo a raggiungere questi cinque “poli”.

 

Ora Fjodor Konjukhov è stato ordinato diacono della Chiesa ortodossa russa, e pensa di diventare sacerdote fra due anni, quando raggiungerà i sessanta. «Sono già quarant’anni che viaggio, come Mosè nel deserto. Mi è rimasto poco tempo per pregare», ha commentato il nuovo diacono ai giornalisti che cercavano di capire il motivo di questa sua nuova e inattesa “spedizione”.

 

Ha veramente viaggiato tanto, dai suoi 15 anni, quando decise di fare la traversata del Mare di Azov (tra Russia e Ucraina, collegato al mare Nero), in una barca a soli remi. Con la stessa tecnica, cioè remando, ha fatto più tardi anche la traversata dell’ Atlantico, stabilendo un nuovo record di 46 giorni e 4 ore. In modi più classici, l’Atlantico l’aveva già traversato ben 14 volte. Da navigatore solitario ha fatto quattro giri del mondo, uno dei quali senza fermate.

 

In uno di questi viaggi quasi ci lasciava la pelle, quando il suo yacht è stato raggiunto dal uragano Daniel. Con la nave capottata, e senza possibilità di fare alcunché, all’estremo delle sue forze ha tirato fuori dalla tasca un’icona di san Nicola e si è raccolto a pregare. «Quando vai verso il Polo, tirando dietro 135 chili di carico e sali sempre, per due mesi, con temperature di 50 gradi sotto zero, contro il vento impetuoso, pensi che sulla Terra non ci possa essere un lavoro più duro. Ma quando mi sono rovesciato e mi sono messo a pregare, ho capito che invece è la preghiera il lavoro più difficile che ci sia», scrive Konjukhov, ricordando quei momenti.

 

Ha scritto nove libri e dipinto circa 3 mila quadri, per fissare le esperienze vissute. Nonostante una vita piena di avventure e nonostante sia cresciuto in un Paese dove l’ideologia ufficiale professava l’ateismo, Konjukhov dice che è sempre stato credente. «Era così nella nostra famiglia: il mio nonno era sacerdote, il suo fratello anche, ed è stato canonizzato come nuovo martire».

 

«Nel mondo non c’è solitudine. Nell’oceano accanto a te nuotano balene e delfini, nel cielo volano gli uccelli, quando vai verso il polo incontri orsi e foche. E so che accanto c’è sempre la presenza di Dio e dei santi, che preghi. Nell’oceano nessuno è in grado di aiutarti, se non loro», ha commentato il viaggiatore nel giorno della sua ordinazione. Nato a Zaparozhe, in Ucrania, nel 1951, Fjodor Konjukhov è sposato con Irina e ha tre figli: Oskar, Tatjana e Nikolaj. Nipotini se ne contano già cinque. In una lettera a loro scritta in mezzo all’Atlantico, raccomanda: «Dovete rispettare tre regole principali: temere Dio, pregare spesso e fare del bene alle persone».

 

Konjukhov è convinto che, nel suo nuovo ruolo, avrà una missione speciale presso gli amanti di modalità sportive di alto rischio: «Con le persone che amano gli sport estremi, bisogna trovare un linguaggio comune. Un mio sogno è fare una parrocchia a Mosca per queste persone». E ha dei progetti anche per i marinai. Una nuova meta quindi, forse ancora più difficile.

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