Amatrice, quegli appartamenti pronti ma ancora non abitati

Dopo la consegna a marzo delle prime palazzine nel cuore del terremoto del 2016. Ragioni e dubbi.
Amatrice Foto La Presse

Prima la palazzina  Picente-Il Casaletto con 56 unità abitative e poi il Condominio Montegorzano di altre 26: un totale di 82 abitazioni che nei primi 10 giorni di marzo venivano riconsegnate agli abitanti di Amatrice. Era questa la notizia che un paio di mesi fa aveva fatto il giro di giornali e tg, poiché due  “storici” complessi residenziali  del centro del reatino fortemente colpito dal terremoto del 24 agosto 2016, erano stati consegnati  dopo la realizzazione in cemento secondo il piano di ricostruzione e seguendo i criteri antisismici. Ma è altresì notizia di questi giorni che – secondo quanto raccolto da  repubblica.it -, dei 30 appartamenti già assegnati dalle due palazzine, solo 7 siano occupate da famiglia trasferite dalle S.a.e. (soluzioni abitative d’emergenza). La maggior parte delle famiglie destinatarie delle abitazioni in cemento, infatti, preferisce al momento non allontanarsi dalle S.a.e..

Un risultato inatteso e che ha fatto partire una sorta di inchiesta – non senza polemiche -, volta ad indagare le ragioni.

Anzitutto tra le motivazioni di una certa rilevanza quelle di tipo psicologiche: diffuso tra gli abitanti è il terrore di vivere in case di calcestruzzo dopo aver vissuto sulla propria pelle l’esperienza del crollo. Situazioni limite che a volte fanno preferire le casette in legno delle S.a.e (antisismiche anch’esse) e che nel comune del reatino sono oltre 500. Ricordiamo che solo Amatrice ebbe 235 morti dei 300 totali provocati dal terremoto del 2016. Ma il neo sindaco Cortellesi,  che ben comprende queste motivazioni, tuttavia rilancia: «Ho vissuto anche io quella notte, comprendo che sia impossibile spazzare via il trauma di chi è rimasto intrappolato sotto le macerie e ha visto morire familiari e amici. Ma dobbiamo scrollarci di dosso la condizione di terremotati permanenti».

In altri prevale o convive con quest’ultima,  la paura di essere circondati da macerie là dove sono locate le nuove palazzine  di piazza Sagnotti o per  il condominio di Montegorzano,  mentre il luogo in cui sorgono le S.a.e., continuano a risultare comunque lontane dai luoghi desolati della distruzione e in cui si è creato, un seppur fragile, nuovo tessuto sociale.

E ancora, per molti abitanti di Amatrice “essere terremotati” implica vivere una situazione difficile a 360 gradi: si cerca di resistere nel proprio territorio, ma spesso senza più un’attività o un lavoro su cui contare per pagare tasse, bollette ed estinguere eventuali mutui. Ricordiamo ancora che ad Amatrice dei 2.700 abitanti di prima del terremoto, resistono meno di un migliaio.

E infine, sì, ci sono anche loro: i furbetti. Ovvero coloro che non vogliono tornare nelle case in cemento per convenienza. Con costoro il sindaco Cortellesi non risparmia parole decise: «Verrò incontro a chi mi dimostrerà che sta arredando la casa o che ha seri impedimenti per non trasferirsi, ma renderò la vita difficile a chi proverà a fare il furbo. E’ l’ultima cosa che vorrei fare ma se sarò costretto firmerò gli sfratti». Una quota di essi, in particolare, ha intenzione, sempre secondo il sindaco, di vendere o affittare casa. Un legittimo diritto, che però potrà essere esercitato, lasciando comunque la sistemazione nelle soluzioni abitative provvisorie.

Nuove necessità dunque e nuove situazioni a cui il comune di Amatrice dovrà porre riparo  nel post assegnazione degli appartamenti e che, tuttavia, si inseriscono in un più complesso quadro sulla ricostruzione fatto di aumenti dei costi dei materiali e nuove criticità. Ad esso ci sta lavorando, ponendo nuovi obiettivi, il comune del reatino insieme al commissario straordinario Giovanni Legnini. Ne accenna, concludendo, il sindaco Cortellesi: «Un percorso di governance tecnica, amministrativa e progettuale a 360 gradi, che abbiamo chiamato “operazione verità”».

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