Amare ed essere amati

Terza puntata del libro "Passo dopo passo" di Francesco Châtel. L'importanza dell'essere dono l'uno per l'altro come mezzo di relazione.
Educazione sessuale in famiglia

«Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non assuefarsi mai all’indicibile violenza e alla grossolana disuguaglianza della vita attorno a te. Cercare la gioia nei posti più tristi. Inseguire la bellezza fin dentro la sua tana. Non semplificare mai le cose complicate e non complicare mai quelle semplici»•[1]

 

La vita è un’avventura che difficilmente riusciamo ad esprimere in poche parole. Libri e libri sono stati scritti per affrontare gli interrogativi di fondo: Chi siamo? Perché viviamo? Dove andiamo? Una risposta che mi affascina è che siamo esseri capaci di «amare e di essere amati», che viviamo «per amare ed essere amati», che andiamo avanti per una strada che ci porterà sempre più a essere capaci di «amare ed essere amati».

Non è un concetto solo cristiano, ma che affonda le sue radici nella realtà del nostro essere persone, di qualsiasi credo, cultura, età.

 

Nel testo di Roy Arundhati, scrittrice indiana attivista dei movimenti antiglobalizzazione, che riporto all’inizio di questo capitolo, questa esigenza si presenta come un sogno e un appello: ci invita a non accontentarci delle piccole cose, a non chiuderci nei nostri egoismi, ma a metterci realmente in gioco, sapendo che da questa nostra decisione di fondo dipende la vita nostra e del mondo, ci renderemo conto di possedere in noi una capacità unica, tipica dell’essere persone: la capacità di amare, di donare e di ricevere (…).

 

Se invece scopriremo di essere stati creati in dono l’uno per l’altro•[2]

Questo amore-dono, amore-relazione lo possiamo guardare come fosse quasi il nostro DNA, quello che ci dice chi siamo e dove andiamo. È ovvio che qui non stiamo parlando di un qualsiasi tipo di amore. Dovremo, quindi, aver chiare le sue caratteristiche per riuscire ad affrontare in modo diverso le difficoltà che incontreremo nel relazionarci con gli altri e diventare sempre più esperti di quella che ben si può definire un’arte: l’arte d’amare•[3].

 

Scopriremo allora che il vero amore non è limitato, ma è capace di rivolgersi a tutti, vicini e lontani, simili o diversi da me, di ogni età, sesso, cultura, religione. E davanti al rifiuto spontaneo che possiamo provare per qualcuno e che ci potrebbe impedire di costruire relazioni positive, la sicurezza che l’amore può arrivare anche a questa persona ci spingerà a trovare la via giusta per cominciare.

 

In dialogo

 

Ho sentito che «chi non ama se stesso non sa amare nessun altro». Mi ha causato un certo disagio e anche preoccupazione perché mi sono chiesto cosa vuol dire amare se stessi e se sono mai riuscito ad amare qualcuno.

 

Se l’amore è ciò che ci realizza, noi esistiamo solo se siamo in relazione. È questo il vero significato della parola “amore” che ci sottolinea sempre l’apertura. Anche se nel linguaggio comune, per capirsi, usiamo la parola “amore” rivolta verso noi stessi, sarebbe più corretto dire che nell’amare c’è un passo che è l’accettazione di sé e che sgorga dallo sperimentare a nostra volta di essere amati da qualcuno, in primo luogo da Dio.

Una persona che non si accetta, che è scontenta sempre di sé, fatica molto a donarsi e quindi ad amare. Ma è anche vero che la strada per accettarsi, per essere felici e per crescere è amare gli altri, uscire da noi. Accettare noi stessi e amare gli altri sono come due “movimenti” intrecciati insieme. Ad esempio: accettare me stesso vuol dire accettare tutto di me (il mio fisico, il mio carattere, la mia storia), e lo farò nel tempo, con l’aiuto degli altri, acquistando fiducia. E più acquisterò fiducia, più sarò capace di amare.

   

   

Ho provato, anche se con fatica, a lasciar perdere le mie idee per accogliere quelle degli altri. Ma a volte poi mi sento impoverito e mi pare che rischio di fare ciò che vuole il più forte.

 

Non credo che occorra cambiare le nostre idee con quelle di altri, più o meno forti. Sarebbe servilismo e non amore. Anche restare fissi sulle nostre idee (tranne nel caso in cui sia necessaria fermezza per impedire un’ingiustizia) ci lascerà dentro un senso di incompletezza e ci farà sentire sempre sulle difensive.

Ho fatto invece l’esperienza di donare la mia idea, offrendola agli altri, e poi di ricevere tante altre idee che si sono intrecciate con la mia e di gioire nello scoprirne una nuova che non apparteneva più all’uno o all’altra, ma al “noi”. Non è un processo facile ed è sempre possibile che qualcuno ne approfitti per far valere il proprio punto di vista.

Occorre allora non tanto bloccarsi in una lunga discussione, ma rivedere le ragioni e le modalità del nostro essere insieme come coppia, gruppo o realtà, e rimettere a fuoco l’amore vero tra tutti. Solo persone pronte ad essere dono e a ricevere il dono degli altri, riusciranno a non cercare che vinca la propria idea ma che venga fuori quella comune.

 



[1]•A. Roy, Guerra è pace, Tea, Milano 2001, p. 43.

[2]•Nei miei libri precedenti ho approfondito questo aspetto partendo da una frase di Chiara Lubich che ben sintetizza questa realtà: «Ho sentito che io sono stata creata in dono a chi mi sta vicino e chi mi sta vicino è stato creato da Dio in dono per me. Come il Padre nella Trinità è tutto per il Figlio ed il Figlio è tutto per il Padre».

[3]•Cf. C. Lubich, L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005.

 

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons