Altos de Chavon, il paese degli artisti

Ideato da un imprenditore statunitense e da un architetto italiano, il piccolo centro della Repubblica Dominicana riproduce un villaggio mediterraneo del XVI secolo ed è una scuola per grafici, illustratori, pittori, digital designer, artigiani in cerca di ispirazioni e contaminazioni. Un'altra "buona notizia" per la nostra settimana delle good news

Ad Altos de Chavon non ci sono macchine e sul selciato di sassi rotondi risuonano solo i passi di chi si avventura sulla collina a scoprirne il panorama mozzafiato fatto di altissimi palmizi e mangrovie che si gettano sul fiume Chavon navigabile e pescoso e noto per alcune scene di Apocalypse now. L’originale agglomerato di case ospita artisti provenienti da tutto il mondo che, in questo villaggio, costruito con pietre intagliate a mano, si contaminano nello sperimentare nuove forme d’arte o nel ritrovare la vena perduta. Una di loro è Lyl. E’ una pittrice norvegese e vive qui da oltre sei mesi grazie alla fondazione che sponsorizza la permanenza di colleghi d’arte provenienti di tutto il mondo.

Situato a pochi chilometri da La Romana, la terza città della Repubblica dominicana, Altos de Chavon è stato progettato da Charles Bluhdorn, un imprenditore statunitense a capo anche della Paramount, la casa di produzione cinematografica. Solcare i sentieri in pietra di questo piccolo agglomerato, ammirarne le mura e le forme essenziali equivale a trasferirsi in un villaggio mediterraneo del XVI secolo, anche se di fatto la costruzione del centro è iniziata nel 1976 ed è durata circa 10 anni. Progettato dall’architetto dominicano Roberto Copa e dall’artista italiano Emilio Rocca il villaggio è stato inglobato nel complesso turistico Casa de Campo ma mantiene una sua autonomia ed indipendenza, grazie alla fondazione diretta dal figlio di Bluhdorn.

Dietro il rudimentale campanile si snoda un piccolo tunnel dove sono esposte le opere dei ceramisti locali che assieme ai tessuti realizzati con enormi telai di legno vengono venduti al pubblico in pezzi unici. Le serigrafie su seta, le sculture e ogni oggetto artigianale si legano rigorosamente alla tradizione dei Taini gli indios che abitavano la Repubblica domenicana e la supervisione di Emilio Robba, che ha aperto qui uno dei suoi studi di produzione garantisce che questo connubio tra passato e modernità avvenga nel rispetto delle radici e nell’apertura alle contaminazioni sempre nuove che gli artisti di tutto il mondo apportano.

La scuola di design è al cuore del villaggio e il suo approccio multiculturale ha attratto oltre diecimila studenti di 35 Paesi del mondo. Gemellata con la Parson, la scuola di design di New York, abilita i suoi studenti a competere internazionalmente nel campo del design grafico e digitale, della moda, dell’illustrazione, della comunicazione dell’arte. Teoria e pratica vanno a braccetto in questo visionario villaggio dell’arte. Le botteghe degli artigiani e gli atelier fioriscono e si mescolano a qualche ristorante con tipica cucina mediterranea, che viene rifornito di prodotti freschi solo in orari mattutini e da pochi e autorizzati mezzi di trasporto. Il silenzio e la quiete sono sacri ad Altos de Chavon. La chiesetta locale di rito cattolico e dedicata a san Stanislao è anch’essa essenziale nella sua architettura: richiama con le sue grate una cella monastica dei primi secoli della cristianità. Scarne decorazioni, pietra viva e intagliata a mano, banchi in legno locale, una piccola cella dove è custodita la statua di San Stanislao a cui il luogo di culto è stato consacrata da Giovanni Paolo II che ne inviò le ceneri già nel 1979.

Altro luogo d’arte è l’anfiteatro che riprende i teatri greci ed è in grado di ospitare oltre 5mila spettatori. Inaugurato nel 1981 con la voce di Frank Sinatra e la chitarra rock di Carlos Santana, questo palcoscenico in pietra gialla che ha come scenografia l’oceano è stato calcato da artisti locali, gruppi folk, orchestre sinfoniche e cantanti di fama internazionale: Placido Domingo e Sting, Andrea Bocelli, Marc Antony e Elton John, Caetano Veloso, Pet Shop Boys. Scorrere il libro degli ospiti è davvero impressionante: in pochi sono riusciti a resistere al fascino di queste pietre antiche nell’aspetto ma estremamente attuali per la tecnologia impiegata e per l’acustica.

E ancora arte, stavolta risalente al periodo precolombiano, è quella messa in mostra dal Museo archeologico regionale che con i suoi tremila pezzi offre uno spaccato sulla civiltà pre-agricola e sugli usi e costumi dei Tainos, la popolazione che abitava l’isola prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli. Questa comunità annoverava tra le sue fila straordinari orafi e artigiani, a riprova della straordinaria tradizione artistica di questo lembo di Caraibi, non fossilizzato in un passato di memorie, ma capace di futuro creativo e di bellezza, come mi mostra orgoglioso Santiago illustrandomi il suo lavoro di ceramista, ispirato ai suoi antenati nelle forge, ma estremamente contemporaneo nei colori e nelle tecniche.

Questo articolo è parte della Settimana delle good news, iniziativa promossa da Città Nuova

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