All’inizio sembrava una tragedia…

Un mattino mi sono svegliata con una sensazione d’intorpidimento dalla vita in giù. Ricoverata d’urgenza in ospedale, ho dovuto subire tanti esami dolorosi. Ricordo d’aver detto a Dio che volevo essere pronta a qualsiasi cosa mi avesse chiesto, pur sentendo una certa paura per la sospensione del momento. Dapprima mi è stato diagnosticato un virus sconosciuto, ma dopo altri attacchi e ricoveri al pronto soccorso mi è stato comunicato dai medici che avevo una sclerosi multipla (Ms). Lì per lì quelle parole mi hanno lasciato senza fiato. Ho chiesto a Gesù di darmi il coraggio di dire di sì a quanto mi stava chiedendo, come aveva fatto Maria ai piedi della croce. È Rose a iniziare un racconto nel quale s’inserisce Howard, suo marito: Quando ho sentito la parola Ms ho pensato subito a quanti conoscevo che ne erano afflitti e all’effetto debilitante che aveva su di loro. Mi ha assalito la paura al pensiero di ciò che sarebbe successo a Rose, ma capivo che non avrei potuto farglielo pesare. Così, lì in ospedale, abbiamo parlato dei conseguenti cambiamenti che avremmo dovuto fare nella nostra vita. Eravamo sicuri dell’amore paterno di Dio: anche questo, in certo modo, sarebbe stato un dono per la nostra famiglia. Pur con il sostegno e l’amore di Howard e il mio pieno sì a Dio – prosegue sua moglie – mi sono trovata a dover affrontare da sola nuove situazioni. Tra i tanti effetti collaterali delle medicine, ho dovuto combattere tristezza, angoscia, dubbi, perfino attacchi di depressione, mai prima sperimentata. Mi prendeva un senso di solitudine e abbandono. Non volevo cedere a questi sentimenti, ma a volte erano così forti che non riuscivo a controllarli, e questo mi aumentava la paura. Mi sembrava di sperimentare nel mio piccolo qualcosa di quanto doveva aver vissuto Gesù quando aveva sentito l’abbandono. Un giorno, in ospedale, facevo fatica a superare uno di questi momenti, quando ho letto un pensiero sull’amore al fratello, nostra via alla santità. Da poco nella mia camera era arrivata un’altra paziente. Ero stata così rinchiusa nei miei pensieri che non avevo prestato attenzione a chi mi era accanto! Mi sono presentata ed abbiamo cominciato a parlare. Ascoltandola mentre mi raccontava dei suoi problemi, ho avvertito una grande pace che a poco a poco attenuava la mia sofferenza. Ripensandoci ora, posso dire che quel momento ha segnato una svolta nella mia vita. Riprende Howard: Vedendo con quale amore Rose salutava le persone all’ospedale, senza aspettarsi alcuna compassione, mi sono sentito incoraggiato a fare altrettanto. Mi sono trovato con tante cose da fare: portare i nostri cinque figli alle loro varie attività, fare le spese e così via. Anche se la malattia di lei costringeva entrambi a cambiare stile di vita, quello che le era richiesto era molto più grande di quanto avrei dovuto fare io. Rose era stata sempre una persona molto attiva, estroversa, coinvolta nelle attività dei nostri figli e pronta a prendersi su tante responsabilità. Adesso, tornata a casa, si trovava a dover rinunciare a tanti di questi impegni. La sua capacità di aderire alla volontà di Dio che le veniva espressa da questa malattia mi ha veramente impressionato: organizzava con semplicità la sua vita per adattarsi alla sua nuova condizione, seguendo tutte le direttive del medico che le aveva detto di alternare due ore di riposo con due di lavoro. Se tornavo presto dall’ufficio e dicevo: Possiamo cenare prima?, mi rispondeva: Ancora dieci minuti. Passato quel tempo, essendo così ben organizzata, riusciva a fare tanto, ad aver tempo per i bambini, cucinare, lavare e ad essere di conforto col suo ascolto a me e a tutti quelli che telefonavano o ci venivano a trovare. Se qualche giorno arrivavo a casa dal lavoro stanco o preoccupato, lei era lì ad accogliermi col suo bel sorriso, come se non avesse altro da fare. Mi sentivo amato e mi faceva dimenticare ogni peso. Erano due le cose che aiutavano Rose: la disciplina e la determinazione ad andare oltre la sua sofferenza sia fisica che psicologica per curarsi di chi aveva attorno. Questo le dava pace, grazie anche alla quale penso che il progredire della malattia si sia molto rallentato. Rose sorride: Nonostante i momenti difficili e gli ostacoli da superare, abbiamo avuto tante gioie nella nostra vita. Quando curavo la mia famiglia meglio che potevo, sentivo che era Maria, a sua volta, a prendersi cura di me. Finché dopo anni di ricoveri e cure endovenose in ospedale, ho incontrato un medico che è riuscito con successo a trovare una cura per via orale. Gli attacchi della malattia sono continuati, ma sempre più di rado, fino a cessare del tutto negli ultimi anni. E a conclusione Howard ricorda: Rose spesso mi diceva: Devo ascoltare cosa dice il mio corpo e si fermava anche in mezzo a una qualsiasi occupazione per distendersi e riposare. In altre occasioni invece mi diceva: Sì, oggi ce la farò per quell’appuntamento. Malgrado la sua poca resistenza fisica, i nostri ragazzi sono venuti su bene, equilibrati, senza quasi accorgersi della malattia della mamma. Questa esperienza li ha aiutati ad essere più sensibili e compassionevoli verso gli altri, e quella che all’inizio sembrava una tragedia è diventata fonte di arricchimento per tutta la famiglia, un vero dono di Dio, vorrei dire, che ha cambiato la nostra vita

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