Abuso su minore: se vi è consenso il reato è meno grave

È quanto emerge da una sconcertante sentenza della Corte di Cassazione penale, la n. 45179 dello scorso novembre 2013, in materia di abuso sessuale su minorenne
Sentenza della Corte di Cassazione penale su abuso minori

In base alla pronuncia, che non è certo passata inosservata e che farà discutere a lungo gli addetti ai lavori e la gente comune, se l'atto sessuale commesso con il minore si inserisce nell'ambito di una relazione amorosa, dal fatto derivano minori conseguenze negative sul piano psicologico per la vittima e il reato è da considerarsi meno grave.

Il caso vede un sessantenne compiere atti sessuali con una minore di quattordici anni ed essere ritenuto responsabile del reato di "atto sessuale con minorenne"; nella fattispecie l'atto sessuale, inserito all'interno di un contesto amoroso tra i due, avveniva senza costrizione alcuna della minore e con il consenso di quest'ultima. Secondo la Corte territoriale, l'atto consumato dall'imputato costituiva una forma più invasiva e più grave di lesione dell'altrui integrità psicofisica, essendo del tutto irrilevante che il soggetto non avesse adottato forme di violenza o coartazione verso la vittima: altrettanto irrilevanti erano il consenso della vittima e la circostanza che i rapporti sessuali si fossero instaurati all'interno di una relazione amorosa.

L'attenuante della minore gravità (che comporta una riduzione della pena in misura non eccedente i due terzi) era da escludere, secondo i giudici di merito, in quanto vi era stata congiunzione carnale con una ragazzina di quattordici anni. Secondo la Corte di Cassazione, invece, pur riconoscendo che «gli atti sessuali commessi in danno di bambini in tenera età sono reati da considerare gravi per le ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, non può escludersi che, per le circostanze concrete del fatto, tale delitto possa manifestare una minore lesività».

L’assurdità della pronuncia è sotto gli occhi di tutti. Affermare che, in ipotesi di abuso sessuale nei confronti di una quattordicenne, il fatto è meno grave se vi è il consenso della vittima, significa da un lato riconoscere a una bambina una maturità psicofisica e una capacità di autodeterminazione che è incompatibile con la minore età, dall’altro affermare gratuitamente che, sotto il profilo psicologico, al minore ne derivi una “minore lesività” per il sol fatto che abbia prestato il consenso all’atto sessuale.

L’assurda sentenza interviene, tra l’altro, in un momento in cui il legislatore italiano, recependo la Convenzione del Consiglio europeo di Lanzarote – che combatte la pedofilia e lo sfruttamento sessuale dei minorenni – con la L. n. 172/2012 ha introdotto due nuove fattispecie di reato: "l’adescamento di minorenni", che mira proprio a punire l’attività di adescamento dei minori, inteso come atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo di Internet o di altre reti o mezzi di comunicazione e "l'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia".

La Convenzione prevede, inoltre, un inasprimento delle pene per tutta una serie di reati (dai maltrattamenti in famiglia all’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento sessuale a danno di minori) e introduce l’impossibilità di dichiarare di non essere a conoscenza della minore età della persona offesa nel caso di reati contro i minori.

Con la ratifica della Convenzione di Lanzarote l’Italia può finalmente avvalersi di uno strumento fondamentale di protezione e di contrasto dai frequenti casi di abuso sessuale che avvengono anche attraverso la Rete.

È evidente che l’infausta sentenza  della Cassazione, soprattutto sul piano culturale, oltreché giuridico, si pone in contrasto con le finalità dei recenti interventi legislativi perché laddove questi ultimi mirano a prevenire e punire duramente la pedofilia, la prima sembrerebbe, invece, favorirla.

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