Aborto e misericordia

Nella sua lettera di chiusura dell'anno giubilare, papa Francesco non nega la gravità del peccato commesso da chi interrompe la vita che nasce, ma consente ai sacerdoti di assolvere chi se ne pente. Un breve commento
Campana foto di Michele Zanzucchi

Sulla questione dell'aborto, nella sua lettera al termine del giubileo, "Misericordia et misera", il papa non dice in fondo nulla di nuovo, mai negando la gravità del peccato di chi lo procura, di chi condiziona la donna per commetterlo, di chi lo commette.

 

Ma, confermando il carattere essenzialmente "pastorale", cioè operativo, cioè evangelizzatore del suo papato, conferma quanto aveva già concesso ad inizio Anno Santo: tutti i preti possono assolvere da un tale peccato.



Poca cosa si direbbe ad un'attenta analisi della dottrina. Ma il papa così innova, e va su tutte le prime pagine dei giornali, dei siti, delle tv, perché fa un'operazione inaudita nella società consumista globalizzata: fa sentire l'amore di Dio. Bergoglio spiazza tutti, rimette al centro il Vangelo dell'amore di Dio. E attua il Concilio Vaticano II.

 

Un grande momento ecclesiale, un grande momento di alta politica sociale. Nel tempo dei populismi, dei razzismi, dei consumismi e soprattutto del "guerrismo" personale e politico porta nel campo indiscutibile dell'amore, l'unico sentimento che valga la pena di vivere.

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