A proposito di famiglia e unioni civili

La Corte di Strasburgo ritiene che l'Italia non tuteli «le esigenze fondamentali di una coppia convivente dello stesso sesso impegnata in una relazione stabile». Un intervento dell’avvocato Giuseppe Barbaro approfondisce le leggi che precisano l’istituto del matrimonio e il ruolo degli organi legislativi nazionali ed europei

Sull’interpretazione della decisione della Corte europea dei diritti umani Carlo Cardia su Avvenire precisa cosa esattamente viene chiesto al nostro Paese in tema di riconoscimento di coppie conviventi dello stesso sesso. Anche sul numero 10 della rivista Città Nuova abbiamo affrontato il tema con il supporti di giuristi e di esperti. Pubblichiamo in due parti l’intervento dell’avvocato Giuseppe Barbaro per meglio comprendere alcuni passaggi legislativi

 

La famiglia società naturale fondata sul matrimonio

 

«Alla famiglia, quale nucleo fondante della società, deve essere riconosciuto il ruolo preminente di formazione delle nuove generazioni e di fattore di coesione sociale. Accanto alla famiglia esistono anche altre formazioni sociali degne di rispetto e considerazione ma che alla famiglia non possono essere accostate né giuridicamente né a livello socio-antropologico.

 

Tale convinzione è sostenuta, oltre che da ultramillenaria tradizione, innanzitutto dalla Costituzione, che ‘riconosce’ – e non disciplina – la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio (art. 29), cui si attribuiscono diritti e doveri rilevanti nell’ambito del diritto pubblico a testimoniare la sua centralità nella società e l’interesse dello Stato alla sua promozione e sviluppo (artt. 30 e 31 Cost.). Analogamente, il Codice civile presuppone la diversità di sesso dei nubendi per poter contrarre matrimonio sul presupposto della generatività familiare.

 

Questi due aspetti fondativi sono stati proprio di recente riaffermati dalla Corte costituzionale che ha escluso la possibilità di assimilare nell’ordinamento italiano l’unione tra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e ha parimenti escluso l’applicazione della disciplina giuridica della famiglia alle coppie di fatto, unioni civili o altra denominazione si intenda assumere: trattandosi di istituti radicalmente diversi ne consegue la necessità di discipline diverse – nella sostanza, non solo nella forma.

Nelle più recenti sentenze nn. 138/2010 e 170/2014 la Corte infatti afferma:

–          “l’istituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto all’unione stabile tra un uomo e una donna… La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale” (sentenza n. 138/2010);

–          “la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela il citato art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942, che «stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso» (sentenza n. 170/2014).

 

Anche ove si ritenesse di ricorrere a discipline sostanzialmente sovrapponibili in ragione di una presunta “esigenza di uniformità a livello europeo” va ricordato che nessuna Convenzione o Carta dei diritti internazionali impone ad uno Stato di disciplinare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Viene infatti riconosciuto unicamente il diritto di sposarsi, rimanendo di piena competenza dei singoli Stati la regolamentazione di tale diritto (art. 12 della Carta europea dei diritti dell’uomo, art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE).

 

In tal senso si sono espresse sia la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di Giustizia dell’UE, concordi nel riconoscere il margine di apprezzamento riconosciuto a ciascuno Stato in materia di diritto di famiglia, sia la Corte costituzionale con la richiamata sentenza n. 170/2014. Va pertanto esclusa la ‘doverosità’ di equiparazione tra famiglia fondata sul matrimonio e unioni di fatto.

 

Mancano politiche familiari

 

 È evidente la necessità piuttosto di investire sulla famiglia quale primario elemento di coesione sociale e luogo privilegiato della formazione delle nuove generazioni, un progetto di vita familiare che permette a ciascuno dei suoi componenti di contribuire sia alla crescita e alla stabilità del nucleo familiare sia dell’intera comunità.

 

Sono urgenti politiche sociali che prendano in carico la famiglia nel suo ricco insieme di relazioni, non che si rivolgano alla singola persona senza che il suo contesto socio-economico-relazionale sia tenuto in considerazione. Come anche politiche abitative e del lavoro che puntino ad una piena armonizzazione tra vita familiare e vita lavorativa.

 

Altrettanto urgenti sono politiche fiscali mirate alla famiglia, anche e soprattutto in relazione agli artt. 30, 31 e 53 della Costituzione, quindi doverose da parte dello Stato. Ancor più in una fase come quella degli ultimi anni, in cui aumenta il carico fiscale e diminuisce la ricchezza disponibile delle famiglie. (Prima parte)

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