Sventato in Congo un tentativo di colpo di Stato

L'esercito della Repubblica Democratica del Congo (Fardc) ha annunciato domenica 19 maggio di aver sventato un "tentativo di colpo di Stato" attuato a Kinshasa da una quarantina di persone: tra loro ci sarebbero anche un congolese naturalizzato britannico e alcuni statunitensi.
La premier della RDC Judith Suminwa Tuluka, foto tratta dal suo profilo X (ex Twitter)

L’esercito ha affermato che il leader del fallito colpo di stato di Kinshasa è stato ucciso con 3 dei suoi uomini, mentre due agenti di polizia hanno perso la vita durante gli scontri avvenuti domenica 19 maggio intorno alla residenza del vice primo ministro per l’Economia Vital Kamerhe e in un attacco nei pressi del palazzo presidenziale.

Secondo il generale Ekenge, portavoce dell’esercito congolese, gli aggressori intendevano inizialmente attaccare le abitazioni della nuova Prima ministra, Judith Suminwa Tuluka, la prima donna premier della RdC, e del ministro della Difesa, Jean-Pierre Bemba. Ma “non hanno saputo identificare l’abitazione” della premier e “non hanno trovato” il secondo presso la sua casa. Hanno quindi “attaccato la residenza di Vital Kamerhe”, il ministro dell’Economia, che si trovava in casa con la sua famiglia.

Diversi statunitensi, tra cui “due bianchi”, e un congolese “naturalizzato britannico”, sono tra i quaranta autori del tentativo di golpe, sventato domenica mattina a Kinshasa: lo ha dichiarato lunedì mattina il maggiore generale Sylvain Ekenge, intervenendo alla televisione di Stato (Rtnc). Circa 40 persone sono state arrestate e almeno quattro degli aggressori sono stati uccisi, compreso quello che sembra essere stato il leader del gruppo, Christian Malanga, un “congolese naturalizzato americano” secondo le autorità. Tra gli aggressori arrestati con attrezzature militari, compresi un drone d’attacco, disturbatori di segnali e fucili d’assalto, c’era anche il figlio di Malanga.

Nei video girati e trasmessi sui social network, gli aggressori posavano davanti a una bandiera dello Zaire, il nome del Congo ai tempi di Mobutu Sese Seko, il dittatore rovesciato nel 1997.

Ma dal giorno dopo, lunedì 20 maggio, si discute sulla facilità con cui uomini armati hanno potuto accedere al Palazzo della Nazione, nel cuore del potere. Allo stesso modo, restano interrogativi anche sul vero obiettivo di questo tentato golpe. Perché è stata attaccata la casa di Vital Kamerhe? E i servizi segreti, dove hanno fallito?

Vital Kamerhe, ex capo di gabinetto del presidente, è stato indicato a fine aprile dalla Sacra Unione della Nazione, il raggruppamento che costituisce la maggioranza parlamentare nella RdC, come candidato alla presidenza dell’Assemblea nazionale, la seconda carica dello Stato.

L’Unione africana ha accolto con favore il “controllo della situazione annunciato dalle forze di difesa e sicurezza del Paese”.

La Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (Sadc) “ha condannato fermamente il tentativo di colpo di stato”, congratulandosi con l’esercito della Repubblica Democratica del Congo per aver “arrestato gli autori di questo atto di violenza e “aver posto fine ad una situazione che rischiava di peggiorare in seguito a questo sfortunato incidente”.

Dalla rielezione, lo scorso gennaio, del presidente della Repubblica Félix Tshisekedi per un secondo mandato, il Paese attende la formazione del governo. Sul fronte della sicurezza, il Congo (RdC) si trova ad affrontare una grave crisi in diverse regioni, una ribellione (guidata dal gruppo armato M23) sostenuta dal Ruanda, che occupa gran parte della provincia del Nord Kivu.

Félix Tshisekedi, il presidente al potere da gennaio 2019, è stato rieletto al primo turno nelle elezioni presidenziali del 20 dicembre scorso, con oltre il 73% dei voti, e la coalizione di partiti che lo sostiene, la “Sacra Unione della Nazione”, ha ottenuto circa il 90% dei seggi alle elezioni legislative che si sono svolte nello stesso giorno delle presidenziali.

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