Se li conosci non li affondi

Accompagnare i minori stranieri non accompagnati fino alla maggiore età, un’esperienza che fa cambiare prospettiva
Un gruppo di migranti sulla rotta balcanica insieme ad un operatore di Oxfam. Foto: ANSA/UFFICIO STAMPA OXFAM/PABLO TOSCO

Sono le 6 del mattino e sto scrivendo una mail all’assistente sociale per Mahmoud. È un ragazzo egiziano di 16 anni affidatomi dal Tribunale dei minori in quanto tutrice di un MSNA, cioè un minore straniero non accompagnato.

Mahmoud viene da una famiglia molto povera e fa parte dei tanti ragazzi che entrano nel nostro Paese attraverso la rotta balcanica: fino in Turchia legalmente e dopo con mezzi di fortuna (in camion o a piedi) ha risalito i Balcani. Al momento di entrare in Italia è stato fermato a Udine e, successivamente, mandato in varie comunità fino a Genova. Quando è partito era quasi un bambino: la sua storia mi ricorda Mosè, affidato neonato al Nilo.

Frequentando la comunità si conoscono tante storie come la sua. È venuto in Italia per motivi economici, per aiutare la famiglia. Nella sua stanza c’è un’enorme bandiera dell’Egitto che occupa tutta la parete e rivela tutta la nostalgia che ha nel cuore. Frequenta il CPIA (Centro Provinciale Istruzione Adulti), dove sta imparando l’italiano con tanta fatica, non per scarsa volontà ma perché l’arabo è proprio diverso anche graficamente dalle lingue europee. Poi, un giorno, si scopre che lui è analfabeta anche in arabo (infatti non sa leggere l’arabo scritto). Adesso cominciamo a colloquiare perché lui inizia a parlare italiano.

Ha grande rispetto per me e ogni qualvolta c’è qualche problema o difficoltà (a scuola o in comunità) mi manda un messaggio usando Google Translate. Attualmente sta cercando qualche lavoretto da fare per aiutare di più la famiglia, perché in questo momento manda il Pocket money (cioè quegli spiccioli che dà la comunità) alla sua mamma in Egitto. Sono piccole quantità di denaro (per noi), ma per la sua famiglia rappresentano un’entrata finanziaria.

Frequentandoli, ti affezioni a questi ragazzi che accompagnerai fino alla maggiore età, aiutandoli nell‘integrazione e nell’ingresso al mondo del lavoro italiano. Mi ricordo del primo “incontro” con questa realtà dei migranti a Ventimiglia, nel lontano 2016, durante una vacanza. Ero stata invitata a dare una mano a preparare pasti ai migranti accampati sul Roja che provavano ad andare in Francia.

Da allora, il filo sottile con questa realtà non si è più interrotto. Conosci le loro realtà, ti affacci sul loro mondo attuale e di provenienza e sulle loro aspirazioni. Adesso quando vedo i naufragi che avvengono nel Mediterraneo non sono più indifferente, perché penso a Mahmoud e a tutti quei ragazzi come lui che, forse, erano su quel battello: hai la sensazione di costruire quella fraternità tra i popoli in modo concreto, pur non allontanandoti mai dalla tua città.

Vittoria Rossi

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